In settembre,
percorrendola senza fretta, le si può avvistare facilmente, mollemente stese al
sole della California, femmine con
femmine, maschi con maschi.
Alcune spiagge,
solitamente calette riparate di non immediato accesso al piede umano, sono come
lastricate dei loro corpi lunghi e ingombranti, capaci di nascondere, talvolta
completamente, il terreno sul quale sono riversi.
Viste da lontano hanno
l’aspetto di giganteschi tronchi inermi, immobili, chi sul dorso, chi sulla
pancia. Indifferenti alla folla che si accalca loro intorno al di là dei
robusti parapetti, con un boato improvviso si trascinano pigramente verso
l’oceano, in cerca di cibo.
Una volta in acqua,
tuttavia, dimentiche del progetto iniziale, possono concedersi una pausa
romantica con una compagnia occasionale, corteggiandola furiosamente tra i
flutti biancastri.
Gabbiani irrispettosi zampettano sul bagnasciuga, a pochi metri da quegli amanti perduti: con
occhio vorace scannerizzando il circondario, a caccia di resti eventualmente
trascurati dai possenti mammiferi. Incuranti degli spruzzi, delle risa e dei
movimenti pesantemente sensuali loro di fianco, gettano invece sguardi fulminei
alle coppie impegnate nei lieti conversari, forse gelosi, quasi a augurarsene
un immediato allontanamento.
Nikon, Canon e Fuji provenienti da tutto il mondo lavorano a pieno ritmo, imprimendosi nella memoria decine e decine di immagini, di azioni, di dettagli.
I loro obiettivi
avidi si spostano impazziti ovunque, nella speranza di immortalare l’impensabile,
di cristallizzare l’evanescente. Fanno presa sui corrimano legnosi per
sporgersi quanto più possibile verso il basso, verso la vita.
Negli attimi di pausa
tra uno scatto e l’altro si strizzano le meningi, all’inseguimento di una scusa
che permetta un avvicinamento, anche se minimo, all’oggetto del loro interesse. Schivano passeggini, dribblano
infanti, superano vigliaccamente vecchietti saldamente ancorati ai
deambulatori: hanno il fuoco negli occhi e il fulmine nelle mani.
Sulla spiaggia,
intanto, lo scacchiere ha assunto un assetto differente: qualche esemplare,
stanco della propria posizione, ha deciso di procedere a una sabbiatura
ruspante, rotolandosi più volte su un fianco fino a ricoprirsi completamente
di sabbia terrosa.
Mentre i suoi vicini,
investiti dall’onda granulosa, prendono atto placidamente della propria,
imprevista, impanatura giallastra senza scrollarsela di dosso, senza
allontanarsi dall’amico molesto.
In alto, invece,
sulle rocce a picco sul mare, l’operazione è stata avvertita con un sussulto, con un agitarsi di mani, con un mormorare di bocche: il corpo pesante, infatti,
ricadendo su se stesso, ha provocato un rumore sordo simile a quello di un
piccolo terremoto.
Ma ormai è fatta, lo
spettacolo si è concluso: con un sospiro soddisfatto, macchine fotografiche, uomini, donne e
bambini possono ritirarsi verso le proprie auto, verso la prossima spiaggia e i
suoi abitanti.
E.M.
E.M.