Il caffè alla Casa del Mar, a Santa Monica, ha il
gusto delle cose antiche: dei pavimenti di marmo a riquadri bianchi e neri,
delle lunghe file di perle iridescenti intorno ai colli aristocratici di donne
eleganti, di melodie blues accennate da morbide voci malinconiche.
Le grandi finestre bianche,
incastonate nella struttura di mattoni rossicci e di muri immacolati, incorniciano un
ampio scorcio di spiaggia e di oceano, confondendo la vista tra le montagnole
di sabbia e i pratici camminamenti su cui pedoni, animali e biciclette si
alternano in ordine sparso.
Un varco profondo, simile
all’apertura biblica del Mar Rosso,
solca longitudinalmente l’arenile, terminando in una sorta di pozza d’acqua
scura, ricovero di gabbiani ciarlieri e di altri uccelli marini.
Sdraiati lascivamente sulle
confortevoli sedie da piscina in legno chiaro, si è tentati dall’atmosfera di
sfidare la sorte giocando a sciarada, coccolati da camerieri gentili fino al
parossismo, allenati a confrontarsi con umori e richieste di qualsiasi ordine e
grado.
Quando la noia salottiera
generata dal passatempo dovesse raggiungere il culmine insopportabile, tuttavia,
si potrebbe scivolare giù dal comodo giaciglio e decidere per una tranquilla
passeggiata sul bagnasciuga, in direzione della piccola scacchiera a grandezza
umana stretta, poco più in là, tra panchine scarsamente frequentate e palestre
all’aria aperta. In assenza di pedine con cui esercitarsi, ci si potrebbe
sgranchire gli arti e la fantasia inscenando un dramma a tinte fosche sulle sue
case, accaparrandosi velocemente i ruoli più ambiti: re e regine, cavalli e
alfieri.
E quando anche questo divertimento
dovesse rivelarsi stucchevole, ci si potrebbe spingere ancora più in là,
accennando qualche passo di charleston e di fox-trot, all’indirizzo della grande
ruota panoramica a picco sul mare, sul molo oscurato dal gigantesco Hippodrome.
Qua sopra, un venditore
ambulante di hot dog perde soldi e salute interrogando una cartomante
dall’espressione furba e dall’occhio veloce, mentre un gruppetto di ragazzini,
pantaloncini corti e berretto di traverso sulla testa, gli alleggerisce il
banchetto del profumato ripieno.
L’improvviso avvistamento di una pinna
sospetta, che si muove con circospezione all’orizzonte, ristabilisce in poco tempo
il consueto ordine delle cose.
Due ragazze vestite alla moda
si sporgono dal parapetto, indicando un punto impreciso sulla spiaggia
sottostante: tra lacrime e finti svenimenti, giurano d’aver visto saettare tra
le dune Douglas Fairbanks, solo e
apparentemente abbattuto, che adesso farebbero di tutto per consolare. Dopo un
generoso bicchiere di bourbon, s’intende.
Ma l’eccitazione si spegne
presto, appannata dal pianto disperato di un bambino che pretende un ultimo
giro sull’antica giostra a cavalli. Alcuni passanti, intanto, gli si sono fatti
curiosamente intorno: sono uomini e donne dall’aspetto rilassato e sicuro di sé
che, prima della cena formale alla quale prenderanno parte più tardi, hanno
pensato di brindare alla generosità del proprio ospite con una bottiglia di gin
dal sapore europeo nell’attesa che, tenera, scenda la notte.
E.M.