Ci sono storie che meritano
di essere raccontate. Una, due, cento volte. E sono le più belle. Sono quelle
che accadono, semplicemente, e che, buone buone, si mettono da parte, in attesa
di essere scoperte, riscoperte e divulgate.
Una di queste è la storia
degli amanti dei granchi che, fedeli alla rigida tradizione, si sono ritrovati
anche quest’anno, il 3 febbraio, a San
Francisco. E siccome capita che anche la fortuna, ogni tanto, bussi alla
porta, la data concordata con mesi di anticipo è coincisa con un altro
appuntamento fondamentale, il Super Bowl,
la finale del campionato di football americano, giocata dalla squadra locale, i
49ers, contro i Ravens di Baltimora.
Che la serata non avrebbe
seguito l’andamento consolidato è stato chiaro fin dall’inizio, fin da quando i
partecipanti sono arrivati, alla spicciolata, carichi di cibo, di bevande, di
buoni propositi e di fiducia nei propri beniamini giallorossi.
Le stanze dell’accogliente
casa vittoriana di Noe Valley,
teatro dell’atteso incontro, si sono presto riempite di profumi e di colori, di
risate di bambini e di pianti di neonati, di miagolii discreti e di incitazioni
possenti all’indirizzo del televisore, immancabilmente sintonizzato sul canale ospite
dell’evento sportivo.
La cucina spaziosa,
traboccante di stuzzichini e di bottiglie di birra e di vino, si è arricchita
della vista, inebriante, di teglie e teglie rigurgitanti carapaci dall’aspetto
robusto e appetitoso, del gusto inconfondibile del guacamole nel quale, di lì a
poco, sarebbero affondate patatine e mani, delle parole e delle voci degli
amici, vecchi e nuovi, dei visi, giovani e meno giovani, dell’eccitazione,
uguale per tutti e diversa per ognuno.
Il giardino, collegato al
resto dell’abitazione da una scaletta a chioccola — ricovero segreto di fate e
gnomi — culminante in un delizioso balconcino, osserva e protegge, con la
presenza rassicurante degli alberi, alti e dritti, e con la presenza
accogliente dei cespugli bassi e rigogliosi; mentre gli uomini e gli animali,
oltre le vetrate, si agitano e si confidano, senza sospettare di nulla.
Le diverse età della vita,
rappresentate dai convenuti, circa una quindicina, affrontano le domande e le
risposte fluttuanti nell’aria con piglio diverso, a tratti mutevole; e compostezza,
brio, curiosità e insoddisfazione ne sono le chiavi di lettura principali. Ognuno
si interroga e interroga, si chiede e chiede, si critica e critica, senza
interruzioni, senza rilassamenti.
Sullo schermo, intanto, a
intervalli trascurato a vantaggio dell’abbondante libagione, si susseguono
altre domande e altre risposte, ma mai, purtroppo, quelle ricercate
prepotentemente dagli spettatori.
E così, nel lungo pomeriggio
diventato improvvisamente notte, gli animi si sono riscaldati, le bocche si sono
spalancate, le ugole hanno gridato mentre le speranze, a un certo punto, hanno
dovuto cedere all’amarezza e all’incredulità.
E.M., Santa Monica