venerdì 1 marzo 2013

Notizie da Lilliput 82: The Sir is a Tramp


C’è stato un periodo, molti e molti anni fa, in cui i senzatetto francesi cercavano di porre fine a una vita di miserie e privazioni lanciandosi nella scura e fredda Senna.

Miracolosamente salvati, ricambiavano i propri benefattori scombussolandone la vita privata, circuendone le donne di casa e alterando irrimediabilmente tutti gli equilibri faticosamente conquistati.

Dall’altra parte del mondo, nel Nuovo Mondo, c’era invece chi decideva di smettere gli abiti borghesi faticosamente raggiunti per vestire quelli, più comodi ma più laceri, di un tenero vagabondo puntualmente coinvolto in avventure senza tempo e senza luogo, riconoscibili in ogni tempo e in ogni luogo.

Eppure i due, Boudu e Charlot, personaggi grandi, forse perfino grandissimi, sono solo, purtroppo, personaggi cinematografici. Mentre le figure reali, tragiche, cui si ispirano, condividono ben poco della loro stilizzazione e della loro poeticità.

Riconoscibili agli angoli di molte strade, a Santa Monica come nel resto del paese, infatti, i senzatetto americani vivono la sorte comune ai senzatetto di qualsiasi nazione, divisa tra mense per poveri e magra beneficienza, abiti consunti e scarpe sfondate, carrelli carichi di miseri averi e coperte lacere nelle quali avvolgersi in cerca di un po’ di calore.

Le panchine dei parchi e dei prati urbani, così come i camminamenti pedonali a ridosso della spiaggia, rivelano talvolta la presenza discreta di un qualche loro rappresentante, generalmente innocuo e disinteressato agli accadimenti del mondo circostante. Che, di conseguenza, lo ripaga grato, senza scandali né recriminazioni, senza turbamenti né invettive, preoccupato, forse, di un eventuale gesto impulsivo.

Bianchi e neri, uomini e donne, giovani e vecchi, di quando in quando tentano la sorte, accasciandosi contro il muro di un negozio e allungando una mano malandata verso i passanti frettolosi che, qui come altrove, qui come ovunque, scelgono invece di guardare dritto, di non vedere, le dita rigorosamente strette intorno al portafogli o alla borsetta.

Capaci di un’insospettabile dignità, tuttavia, questi senzatetto preferiscono indulgere altrimenti, camminando lungo strade trafficate verso il loro abituale ricovero, non troppo distante dal centro cittadino.

Qua, tra capannoni industriali e depositi di automezzi a pochi passi dai negozi di grido e dalle zone residenziali di pregio, si riuniscono in capannelli, a raccontarsi storie, piccole o grandi, a ricordare sogni, piccoli o grandi, a confrontare disperazioni, piccole o grandi, felicemente ignari della forza evocativa e del potenziale narrativo delle loro parole, delle loro frasi.

E.M., Santa Monica