La prima è la nebbia che sale
dall’oceano e nasconde l’acqua, la sabbia e le montagne tutt’intorno. È la
nebbia che copre l’orizzonte fino a trasformarlo in suggestione dagli accenti
sfumati, in ipotesi narrativa dai contorni sfuggenti.
È la nebbia romantica, è la
nebbia dei sognatori. È la nebbia che aleggia sulle onde, sulla loro schiuma,
quella che le accarezza dolcemente, avvolgendole d’ovatta.
È la nebbia più comune, che
spesso si dirada talmente da trasformarsi in velo sottile, in garza
trasparente.
È la nebbia che fatica a
farsi prendere sul serio, è la nebbia leggera, impalpabile, amichevole. È la
nebbia che non tradisce, non spaventa, non modifica. È la nebbia dalla quale si
vorrebbe ricevere un abbraccio, un buffetto, una pacca sulle spalle.
Altre volte, invece, capita
che la città intera venga inghiottita da un manto fitto, formatosi
inspiegabilmente e altrettanto inspiegabilmente insinuatosi per le vie, per i
vicoli e per le piazze senza preavviso e senza clamore. Da un minuto all’altro,
da un secondo all’altro, la vista si offusca, i sensi si acuiscono e il mondo
come lo si conosceva fino a un attimo prima sparisce per sempre.
E così, in questa atmosfera straniante,
le immagini e i suoni negli occhi e nelle orecchie dei passanti e dei
viaggiatori diventano altri, trasformandosi in altre immagini e in altri suoni
dalla provenienza incerta, dalla natura enigmatica.
Camminare in un simile paesaggio
urbano assume perciò i tratti, inconfondibili, dell’avventura, della scoperta,
dell’indagine relativa a misteri di cui poco si conosce e di cui molto più si
vorrebbe sapere.
Sull’asfalto, allora, i passi
si attutiscono mentre il cuore inizia a battere più veloce, rispolverando
antiche paure e vecchie fobie nel tentativo, ambivalente, di esplorare i propri
limiti infondendosi, al tempo stesso, un po’ di coraggio.
Tutt’intorno, intanto, la
nebbia ha continuato a salire, inesorabile. Le case e gli alberi, prima perfettamente
visibili nella distanza, hanno ora i contorni indefiniti dei sogni dimenticati,
delle storie lasciate a metà.
Oltre il bianco sporco che
ricopre ogni cosa, arrivano, smorzate, le grida dei corvi e degli altri uccelli
dalle molte voci che cercano di orientarsi nella lanugine circostante: il loro
canto stridulo, ossessivo quanto una richiesta di aiuto, rimanda indietro nel
tempo e nello spazio, suggerendo panorami ancestrali di uomini e di animali dai
movimenti esitanti a caccia di luce e di quiete.
Dall’interno delle case e dai
fanali delle macchine arrivano bagliori sinistri, lampi sospetti.
La nebbia, infida, è riuscita
nel proprio intento, alterando i lineamenti noti, i dettagli familiari in elementi
sconosciuti, in figure allarmanti.
La nebbia, sola, potrà
ristabilire le giuste dimensioni, potrà rendere giustizia agli offesi
disperdendosi segretamente, sfilacciandosi inspiegabilmente.
E.M., Santa Monica
