lunedì 12 novembre 2012

Notizie da Lilliput 34: Storielle del bosco californiano



Pavoni, picchi e scoiattoli accolgono l’ospite del Big Sur Lodge da consumati padroni di casa.
Il giorno del suo arrivo, infatti, intuendone la stanchezza arretrata, accumulata sulle interminabili autostrade californiane, lo lasciano libero di riposarsi in un bungalow arioso, immerso tra sequoie secolari e cime di rarefatta bellezza, fino al mattino successivo quando, stanchi dell’eccessiva quiete del luogo, decidono di presentarsi educatamente al nuovo venuto.

Tutt’intorno, la maestosità del Julia Pfeiffer State Park incastona decine di baite accoglienti e profumate di legno e di camino, per raggiungere le quali ci si deve avventurare nel fitto della boscaglia, superare un incantevole corso d’acqua completo di mulino in miniatura e inerpicare lungo un sentiero che, se percorso nel silenzio profondo della notte, richiama più facilmente atmosfere del terrore che placide fiabe di fate e gnomi.

Il turista, frattanto, riavutosi dalle fatiche del viaggio, ha trascorso una piacevole serata davanti al fuoco scoppiettante della propria camera da letto che, con il patio proteso sul verde circostante e le ampie vetrate, si fa continuazione ideale dello spazio esterno, luogo d’incontro privilegiato e pacifico tra la specie umana e quelle animali che popolano i dintorni.

Un tacchino particolarmente cordiale si presenta sulla soglia, augurando il suo stridulo buongiorno all’uomo appena chiusosi la porta del mini-appartamento alle spalle: un rapido scambio di saluti, velato di mammifera diffidenza, stabilisce inequivocabilmente i rapporti di forza locali a vantaggio del grinzoso pennuto e concede al soccombente un’opportuna ritirata, alla scoperta delle meraviglie paesaggistiche a lui prossime.

Sentieri in terra battuta, inaspettati per quanti li incrocino provenendo dall’albergo, si snodano tortuosi tra alberi bassi e cespugli scarmigliati, alloggi prediletti da topi di campagna e bisce d’acqua, rinfrescati qua e là da torrentelli impertinenti, sormontati da ponti pittoreschi.
Corvi e cornacchie accompagnano il gitante nel suo percorso esplorativo, attirandone spesso l’attenzione con il richiamo insistente o lo zampettare curioso tra rovi e arbusti fino a condurlo a uno scenario completamente diverso e, di nuovo, del tutto imprevisto: una caletta sabbiosa, affacciata sull’oceano in tempesta.

Big Sur, infatti, strizzato a metà tra il promontorio e la costa, regala marine possenti, sublimi, di volta in volta furiose o serene.
Del resto non è un caso che qui, sollevando lo sguardo dalla spiaggia alle rocce sovrastanti, prepotentemente a picco sull’acqua spumosa, ogni tanto si scorga un viandante, ritto sulla punta più alta e esterna, la gamba sinistra in avanti, la mano destra stretta a pugno sul fianco.

Un relitto di barca, mollemente adagiato su un lato, si lascia bagnare dalla risacca, offrendosi timidamente agli scatti di quanti siano pronti a coglierne la triste bellezza. Poco oltre un uccello nero, accomodatosi silenziosamente su un tronco giunto da chissà dove, scandisce il tempo della visita, col suo canto severo e cadenzato. 

E.M.