New York, al pari di Santa Monica, non è una città di gatti. Non se ne vedono di curiosi per
strada, non se ne vedono di spaparanzati nei giardini, non se ne vedono di
vigili sulle soglie dei portoni. A volte, ma molto raramente, se ne vede uno
grosso, simil-borghese, oltre le tende di qualche finestra incastonata tra i
mattoni rossi dei palazzi di Manhattan: è uno di quelli che, leccatisi pigramente una zampa, con
sguardo annoiato e mosse calcolate spariscono poi nello scuro della stanza al
di là del davanzale che li ha fino a quel momento confortati.
Il mistero di una città priva di gatti è un
mistero fitto, intricato. Una città senza gatti è una città un po’ zoppa, un
po’ appannata. Eppure, una città senza gatti è, in realtà, una città zeppa di
cani. I cani sono ovunque: sono sui marciapiedi, sono dentro le auto, sono tra
le aiuole dei parchi. I cani abbaiano, i cani annusano, i cani ringhiano. Più o
meno compostamente, più o meno sonoramente.
Per ogni gatto mancato, esistono almeno sette
cani disposti a non farne rimpiangere l’assenza. Avvolti in eleganti cappottini
di lana pesante, o più sportivamente ricoperti solo di pelo, i migliori amici
dell’uomo condividono la passeggiata quotidiana con i propri padroni che ne
rispecchiano, solitamente, le caratteristiche fisiche. Chi, tuttavia, non abbia la possibilità di ottemperare a simili esigenze, può decidere di affidarsi a qualcuno che, dietro
compenso, accetti di farne le veci.
Spettacolo consueto in molte parti del paese,
uomini e donne generalmente giovani, nonostante qualche interessante eccezione
in età avanzata, fregiandosi della qualifica di “dog-sitter”, rincorrono dunque
esemplari di ogni razza e dimensione, nel vano tentativo di ristabilire
un minimo d’ordine negli altrimenti aggrovigliati guinzagli che li legano a
loro.
Nella confusione generale, a volte capita che
due accompagnatori si incrocino sullo stesso marciapiede, rimescolando i
pupilli in una scomposta giga a più code, dalle infinite e spesso divertenti
variazioni. Le zampe si intersecano, le ugole si eccitano, le orecchie fremono: e ai malcapitati conduttori di tale mescolanza non resta che
dirimere l’intricata questione ricorrendo a un deciso colpo di mano.
I musi, allora, si ricompongono, i corpi si
rilassano, i tartufi titillano all’arrivo improvviso di un nuovo profumo, di un
nuovo odore: nell’aria c’è già qualcosa di più interessante dell’incontro
appena avvenuto. Con un sospiro di sollievo e un accenno, imbarazzato, di
saluto, gli umani si allontanano finalmente l’uno dall’altro,
felici d’aver evitato il peggio, una volta di più.
I gatti, intanto, soddisfatti di un simile
spettacolo osservato al sicuro delle proprie case, hanno già distolto dalla
strada il loro sguardo verde che, fissato su una mosca inopportuna, darà
inizio, a breve, a una diversa, più emozionante avventura.
E.M., New York
E.M., New York