domenica 9 dicembre 2012

Notizie da Lilliput 50: Of Cats, Dogs and Men

New York, al pari di Santa Monica, non è una città di gatti. Non se ne vedono di curiosi per strada, non se ne vedono di spaparanzati nei giardini, non se ne vedono di vigili sulle soglie dei portoni. A volte, ma molto raramente, se ne vede uno grosso, simil-borghese, oltre le tende di qualche finestra incastonata tra i mattoni rossi dei palazzi di Manhattan: è uno di quelli che, leccatisi pigramente una zampa, con sguardo annoiato e mosse calcolate spariscono poi nello scuro della stanza al di là del davanzale che li ha fino a quel momento confortati.

Il mistero di una città priva di gatti è un mistero fitto, intricato. Una città senza gatti è una città un po’ zoppa, un po’ appannata. Eppure, una città senza gatti è, in realtà, una città zeppa di cani. I cani sono ovunque: sono sui marciapiedi, sono dentro le auto, sono tra le aiuole dei parchi. I cani abbaiano, i cani annusano, i cani ringhiano. Più o meno compostamente, più o meno sonoramente.

Per ogni gatto mancato, esistono almeno sette cani disposti a non farne rimpiangere l’assenza. Avvolti in eleganti cappottini di lana pesante, o più sportivamente ricoperti solo di pelo, i migliori amici dell’uomo condividono la passeggiata quotidiana con i propri padroni che ne rispecchiano, solitamente, le caratteristiche fisiche. Chi, tuttavia, non abbia la possibilità di ottemperare a simili esigenze, può decidere di affidarsi a qualcuno che, dietro compenso, accetti di farne le veci.

Spettacolo consueto in molte parti del paese, uomini e donne generalmente giovani, nonostante qualche interessante eccezione in età avanzata, fregiandosi della qualifica di “dog-sitter”, rincorrono dunque esemplari di ogni razza e dimensione, nel vano tentativo di ristabilire un minimo d’ordine negli altrimenti aggrovigliati guinzagli che li legano a loro.

Nella confusione generale, a volte capita che due accompagnatori si incrocino sullo stesso marciapiede, rimescolando i pupilli in una scomposta giga a più code, dalle infinite e spesso divertenti variazioni. Le zampe si intersecano, le ugole si eccitano, le orecchie fremono: e ai malcapitati conduttori di tale mescolanza non resta che dirimere l’intricata questione ricorrendo a un deciso colpo di mano.

I musi, allora, si ricompongono, i corpi si rilassano, i tartufi titillano all’arrivo improvviso di un nuovo profumo, di un nuovo odore: nell’aria c’è già qualcosa di più interessante dell’incontro appena avvenuto. Con un sospiro di sollievo e un accenno, imbarazzato, di saluto, gli umani si allontanano finalmente l’uno dall’altro, felici d’aver evitato il peggio, una volta di più.

I gatti, intanto, soddisfatti di un simile spettacolo osservato al sicuro delle proprie case, hanno già distolto dalla strada il loro sguardo verde che, fissato su una mosca inopportuna, darà inizio, a breve, a una diversa, più emozionante avventura.

E.M., New York