La mattina, i corvi
di Santa Monica si radunano nei
giardini e sull'asfalto tra Idaho Avenue e Montana Avenue. In coppia, svolazzano da un ramo all’altro, affrettandosi a occupare i posti
ancora liberi, in attesa di iniziare la riunione quotidiana.
Se ci si alza intorno
alle sette, tuttavia, quando l’aria è ancora silenziosa, dalle finestre si può osservare unicamente il
sonno levarsi dalle case degli altri e disperdersi leggero tra le nuvole basse
e grigie, che il mese di luglio ancora regala a chi abita in città.
Gli uccelli, infatti,
arrivano all’improvviso, un’ora più tardi, a distrarre da qualsiasi attività si
stia compiendo, a pretendere attenzione, a sconvolgere l’incedere fino a quel
momento ordinato e monotono del tempo.
Il loro richiamo,
petulante e stridente insieme, si intrufola in ogni fessura, si infila in ogni
anfratto, a riempire gli spazi, a rimbalzare sulle pareti, in cerca di orecchie
capaci di coglierne la nota dolente, in cerca di cuori capaci di guarirla il
prima possibile.
Seri e precisi,
disegnano linee pulite nel cielo plumbeo, di quando in quando indirizzando il
proprio sguardo sufficiente all’umanità che vive loro di sotto, senza
occuparsene troppo attentamente.
Certi giorni, però,
sembrano dotati di una vivacità eccessiva, proveniente da chissà dove, che li
anima e li agita ferocemente, spingendoli a volute sempre più ricercate, costringendoli
a giri sempre più arditi, che segnano intimamente il fondale su cui sono
tracciati.
È allora che,
sconvolti da pulsioni segrete, si lanciano in picchiata contro i vetri delle
case, passando loro rasenti e annunciando la propria venuta con un frullare di
ali e con un vociare convulso, che sembra cercare solamente comprensione e
conforto.
Fortunatamente, questi lampi
passeggeri, questi bisogni momentanei di comunione spirituale con altri esseri
viventi, puntualmente ignorati dal resto del mondo — come celebri film farebbero pensare — passano in fretta, senza lasciare traccia nella mente e nel
corpo dei corvi che, pochi istanti più tardi, hanno già ripreso il proprio
posto su qualche albero intorno.
Cullati dal vento e
dalle sue mille note, riallacciano così i molti fili interrotti, ritornano così
sui tanti discorsi lasciati in sospeso, discutendo e accalorandosi, distendendosi
e ridendo, delle proprie ristrettezze e delle altrui incomprensioni, zampettando
infine solidali, ora a destra, ora a sinistra.
Trascorse in tal modo
le prime ore di luce, verso le dieci gli uccelli riprendono solitamente il
proprio viaggiare, dileguandosi in un soffio, nello stesso modo in cui sono
arrivati, in attesa di un nuovo giorno di cui godere e di una nuova canzone di
cui gioire.
E.M., Santa Monica