giovedì 13 marzo 2014

Notizie da Lilliput 182: Totem senza tabù

Il tendone a strisce gialle e azzurre ricorda, per forma e dimensioni, quelli di tanto tempo fa, quando nani e giganti, gemelle siamesi e barbuti mangiatori di fuoco rappresentavano ancora una novità eccitante, un incanto bizzarro da temersi e da ammirarsi.

Il molo tutt’intorno, solitamente vivace durante il fine settimana, in questo sabato di inizio marzo sembra addirittura sul punto di sprofondare, sotto il carico di corpi e di visi, di aspettative e di emozioni che precede, come sempre capita in simili occasioni, lo spettacolo circense.

A spiegare perfettamente le orecchie, nel lento processo di avvicinamento alla struttura, si possono quasi sentire le note, di volta in volta incuriosite o sospettose, frementi o pacate, di quanti siano già comodamente seduti in attesa che le luci si affievoliscano e la coreografia abbia inizio.

Sul palco gigantesco, come è bene che sia, se a piroettarvi sopra sono gli acrobati del Cirque du Soleil, la scenografia invita alla calma e alla meditazione.

Alti ciuffi d’erbe palustri, lambiti dalla risacca pigra di una pozza d’acqua (di lago, di mare, di fiume, a seconda delle storie raccontate), si presentano immediatamente alla vista, rinfrescando e disperdendo l’insolita calura estiva percepita fino a un momento prima.

Un pagliaccio zelante, intanto, ha iniziato a intrattenere il pubblico, riassegnando sedili, confiscando pop corn; accelerando, cioè, il necessario processo di immedesimazione che tuttavia, a giudicare dalle tante parole sospese nell’aria, ha raggiunto, di minuto in minuto, quasi il culmine.

All’improvviso, sull’allegria serpeggiante tra le composte gradinate, si fa buio e un unico, enorme, riflettore punta il proprio occhio, giallo e pastoso, su una figura dall’aspetto anacronistico, antica quanto l’arte che incarna.

Il presentatore, vestito di un’elegante uniforme rossa e dorata, alla maniera di un cavallerizzo del passato, con gesti sobri e risoluti induce a un rigoroso silenzio, mentre dall’alto, dal cielo lontano, una luna argentea cala, con movimenti sinuosi e ipnotizzanti, su uno stagno di rane e d’altri anfibi, a illuminarne le vicende, a risolverne i conflitti.


D’ora in poi, di quadro in quadro, di stanza in stanza, di sequenza in sequenza (ché in casi come questi, come in Totem, non è consigliabile ridurre la meraviglia a un “mero” susseguirsi di azioni sceniche), si viaggerà nei secoli e nella storia del mondo e dell’universo, all’inseguimento dell’evoluzione della specie e delle specie, in un girotondo fatto di equilibristi e di pattinatori, di comici e di musicisti, di trapezisti e di cantanti capace di cancellare la quotidianità dalle menti annoiate e la stanchezza dai fisici spossati.

E.M., Santa Monica