giovedì 27 febbraio 2014

Notizie da Lilliput 175: Il mondo secondo Idaho Avenue

Idaho Avenue, a Santa Monica, è una strada tranquilla, fatta di piccoli condomini dalle facciate serene e di villette monofamiliari dai tratti lindi e rassicuranti.

I rari mezzi che la percorrono — qualche veicolo della polizia, un furgoncino postale, una manciata di SUV e di berline — sembrano scivolare sull’asfalto delicatamente, in punta di ruote, per non turbare l’atmosfera quieta che la circonfonde tutta.

Di quando in quando una mamma col passeggino, un anziano col cane o dei giovani in bicicletta scuotono la sua aria, altrimenti immobile.

Perché perfino i corvi, che, qui come ovunque, solcano il cielo, appollaiandosi sui fili della corrente o sui rami più alti degli alberi, riservano al quartiere un trattamento particolare, limitando il proprio gracchiare a pochi, acuti strilli, per poi ripiombare in un silenzio carico di mistero.

Né gli scoiattoli, del resto, sono da meno. Seguendo imperscrutabili regole di galateo, diverse e talvolta opposte a quelle vigenti in altre zone della città, preferiscono non mischiarsi al passante, svicolando tra le aiuole, guadagnando i cornicioni, volando da un traliccio all’altro.

Il prezioso equilibrio di uomo e natura, di cielo e terra, si rinnova così giorno dopo giorno, celebrando la vita e le sue infinite sfumature.

Un elemento, in particolare, pare nascondere il segreto di quel delicato bilanciamento di pieni e di vuoti, di soli e di lune, di presenze e di assenze.

È il marciapiede antistante un gruppo di abitazioni basse, dalle quali è possibile scorgere o percepire, a qualsiasi ora, un inesauribile flusso di vitalità e di coscienza, caratterizzato da voci infantili e puntellato di suoni melodiosi.

La mattina soprattutto, mani non ancora abituate a reggere troppo a lungo una penna, o una matita, tracciano sul grigio omogeneo del cemento segni gioiosi, lodi istantanee alla bellezza e alla varietà dell’universo: cuori sbilenchi, stelle zoppe, firme incerte istoriano il percorso obbligato del pedone occasionale che, sorridendo, ammira la semplicità e l’audacia insite in quei disegni primitivi.

Nel pomeriggio, invece, la scena è dominata da un menestrello non più giovanissimo, alle prese con virtuosismi musicali e complesse partiture per chitarra.

Una vecchia panca da giardino, legno scuro e ferro battuto dagli eleganti disegni, sorregge i suoi sforzi, mentre una palma e un paio di cespugli in fiore si fanno nicchia improvvisata in cui creare.


Le note leggere, intanto, si disperdono in un soffio invisibile sopra la sua testa, diventando nuvole e pioggia, fumo e essenza, e ridiscendendo, ormai trasfigurate, sui tetti e sui comignoli, sulle terrazze e sui giardini.

E.M., Santa Monica

martedì 25 febbraio 2014

Notizie da Lilliput 174: Your Perfumes Fill My Head

I profumi di SantaMonica si spandono nell’aria in maniera inaspettata e con un guizzo furbesco, che, anziché irritare, è guardato con indulgenza dal pedone, è accettato con simpatia dal passante.

Capita, infatti, quando meno ce lo si aspetta, che i nasi vengano solleticati da una fragranza primaverile sotto i tiepidi raggi del sole invernale; che i nasi vengano colpiti da un aroma inusuale, dichiaratamente fuori stagione.

Arrivata chissà da dove, questa diversa composizione di particelle, questa imprevista ondata di vitalità e buon umore, pervade menti e corpi, spiriti e arti, suggerendo immagini sepolte nella memoria, ricordando frammenti di vite passate.

La testa gira e i pensieri turbinano, alla ricerca di un ritmo comune, di un respiro unico da concordare con le narici, ormai tutte un fremito, tutte un mormorio, tutte uno squittio di felicità.

In un attimo, le case scompaiono all’orizzonte, il marciapiede si fa palcoscenico del mondo e immediatamente ci si ritrova catapultati in centinaia, in migliaia di posti lontani nel medesimo istante.

Posti non necessariamente già esplorati, strade non necessariamente già battute.

A sinistra ci si sporge sulle rive della Senna, a sbirciare nelle sue acque scure; a destra si cincischia tra le bancarelle di un mercatino tedesco, a curiosare tra la sua frutta e la sua verdura di stagione, tra le sue note di volta in volta aspre o dolci, delicate o persistenti.

Davanti a sé si ha la visione dei banchi di scuola in un pigro pomeriggio di fine aprile, quando il tepore si insinua tra l’intonaco scrostato dei muri o viaggia mischiandosi agli spifferi nei corridori.

Alle proprie spalle, invece, sembra di sentire le voci dei compagni di giochi di tanti anni prima. Voci riposte nei cassetti con le maglie troppo corte, voci appese ordinatamente negli armadi con gli abiti troppo stretti, che adesso, richiamate in vita dalle erbe aromatiche e dalle piante lussureggianti, sperano in orecchie desiderose di riascoltarle, in cuori disposti a capirle.

Al pari di un segugio, ci si arrende placidamente agli stimoli provenienti da più parti: dalle finestre aperte delle case e dei palazzi, dai giardini perennemente in fiore, dai parchi pubblici, dalle cucine dei ristoranti e dei caffè.


Al pari di un segugio, ci si lascia inebriare, muovendo distrattamente i piedi, procedendo tentoni: perché il luogo segreto dell’io si è ormai crepato, perché è giunto il momento di farlo arieggiare, tra i sacchetti di lavanda e le tende fresche di bucato.

E.M., Santa Monica

domenica 23 febbraio 2014

Notizie da Lilliput 173: Vista mare

Le città balneari della California meridionale, nella Contea di Orange, si susseguono una appresso all’altra, come perline di una graziosa e variopinta collana.

Attraversate con calma in una mattina di sole, richiamano scenari diversi e suggestioni apparentemente inconciliabili tra di loro, quasi che in ogni angolo, in ogni vicolo, in ogni strada ci sia un mondo a se stante, inafferrabile e irraggiungibile.

Complice il traffico urbano, di quando in quando perfino petulante durante il fine settimana, dall’abitacolo piacevolmente fresco della macchina le si può osservare con attenzione, nel tentativo di registrarne tutti i particolari, nella speranza di coglierne l’essenza più vera e nascosta.

Spesso distese per miglia e miglia lungo la costa, attirano a volte con quell’aria un po’ annoiata, un po’ blasé, nemmeno fossero afflitte da un incomprensibile mal di vivere.

Sono questi i momenti in cui ci si sente fuori posto, intrusi, di minuto in minuto sempre più desiderosi di oltrepassare i confini vaghi del centro abitato, in cerca di un momento di pausa, di un attimo di respiro.

Altre volte, invece, da quegli stessi luoghi ci si sente coccolati, protetti, addirittura viziati.

Le case, i negozi, gli incroci, emanano una luce particolare, trasudano calore umano e ricordi legati a tempi lontani, all’adolescenza, all’infanzia, e anche oltre.

Allora non ci si vorrebbe più staccare dal finestrino, perché si è appena incrociato un intero quartiere che pare provenire da un villaggio inglese del XIX secolo o perché si sta superando un passaggio a mare stretto e scosceso, incorniciato di rampicanti e di immagini cinematografiche.

Poco oltre, una fila ordinata di pedoni attende il proprio turno al semaforo, nella mente e nel cuore solo lo sciabordio dell’oceano dall’altra parte dell’isolato e la frenesia di affondare i piedi già scalzi nella sabbia tiepida.

Mentre al riparo di pergolati dagli accenti francesi si riposano i clienti delle caffetterie ricercate e dei ristoranti costosi.

Lentamente, al suono di toponimi esotici, sfilano marine incantevoli e yacht di lusso, campi da golf impeccabili e condomini da Mille e una notte.


Di epoca in epoca, di set in set, si attraversano così non solo la Contea di San Diego e quella diLos Angeles, ma anche umori e passioni, sogni e finzioni, in un turbinio accelerato fino allo spasimo.

E.M., Carlsbad

venerdì 21 febbraio 2014

Notizie da Lilliput 172: Carlsbad, Esterno Giorno

La piscina si va lentamente riempiendo dei primi intrepidi che, nonostante la temperatura ancora frizzante, smaniano per un tuffo nell’azzurro invitante e nel giallo del sole.

Le finestre dell’albergo, uno dei tanti, a Carlsbad, Contea di San Diego, California, guardano speranzose verso l’oceano, particolarmente calmo in questa mattina di metà febbraio.

La nebbia ha imperversato nella zona, coprendo l’orizzonte del suo manto soffice e impenetrabile, e ora gli occhi faticano a riabituarsi alla visuale nitida e al bagliore abbacinante tutt’intorno.

Poco distante, tuttavia, si può finalmente distinguere una sottile striscia d’asfalto a separare la costruzione dalla spiaggia che corre, da nord a sud, intrecciando le città costiere del suo indiscutibile fascino.

Sulla distesa di sabbia chiara, torrette di controllo si affollano le une intorno alle altre, quasi che a stare così vicine, sebbene apparentemente prive di bagnini a occuparle, sia loro più facile intervenire in caso di necessità — per l’avvistamento di uno squalo, per lo svenimento di un villeggiante.

Oltre le automobili, numerose sul ciglio della strada, le ruote piacevolmente affondate nel terreno morbido, si stende un territorio a metà tra la brughiera e il Far West.

Chiazze d’acqua scura, simili a gigantesche pozzanghere, circondate da ciuffi d’erba salmastra immobili nell’aria immobile, occupano ora il panorama della loro inquietante presenza, suggerendo una riflessione imperiosa sulla caducità della vita e sulla fugacità della bellezza.

Di quando in quando, un ponticello di legno si erge incerto su dei pali malaticci, troppo insicuro di sé e della propria funzione per sviare lo sguardo dal clima sofferente che infesta questi luoghi.

Eppure, uomini e donne, anziani e bambini, non sembrano risentire particolarmente del sortilegio indistinto che grava sulle rocce, nelle case, sotto le coperte: imperterriti, sciamano ovunque ci sia un richiamo forte abbastanza da strapparli alla distrazione precedente, all’incanto appena passato.

Addossati alle vetrine di un negozio di antiquariato o placidamente appollaiati su sedie e poltroncine all’esterno di un ristorante o di una caffetteria; in fila davanti all’ingresso di un cinema dai nobili trascorsi o in attesa ai semafori, vestiti di abiti leggeri, turisti e autoctoni camminano fianco a fianco, sorridendosi e accennando un reciproco saluto.


Mentre il giorno, frattanto, si è fatto radioso e caldo come il tempo d’estate.

E.M., Carlsbad