domenica 16 settembre 2012

Notizie da Lilliput 19: Il filo di Arianna



Abitando a Los Angeles può capitare, presto o tardi, di avvertire la necessità — o semplice curiosità — di risalire la costa fino a raggiungere San Francisco, per i più svariati motivi. Inutile dire che è capitato anche a me, invariabilmente scortata dal Virgilio, raro caso al mondo di guida del tutto incapace di senso dell’orientamento.

Resistere al fascino di suoni e immagini più e più volte sentiti o viste, Carmel, Santa Barbara, Monterey, Salinas, è oggettivamente difficile: ignorate, dunque, quanti vi suggeriscano la via meno lunga (“appena” cinque ore di Interstate5), a vantaggio di quella più tortuosa, ma incommensurabilmente più appagante, in parte ricalcata sull’antico e fascinoso Camino Real di ispanica memoria.

Incrociare la discesa a mare del Sunset Boulevard, superare o essere superati da mandrie di motociclisti quasi più finti dei loro omologhi cinematogafici, sbirciare tra i leoni marini placidamente addormentati lungo le rive del Pacifico o malignare sugli orrori estetici dell’impero immobiliare di Hearst, tuttavia, può celare uno spiacevole risvolto dalle molteplici implicazioni, geografiche in primo luogo quando non addirittura sentimental-esistenziali.

Una simile sciagura porta un nome all’apparenza innocuo, perfino buffo alle orecchie vergini di chi non abbia mai affrontato il tratto di Highway 1 che da Los Angeles si srotola verso nord: Oxnard, anodina città dai confini proteiformi e in continuo movimento, pronti a accogliervi amichevolmente per poi richiudersi d’un colpo alle vostre spalle, inghiottendovi senza pietà.

Diradatesi quelle nebbie che spesso avvolgono gli automobilisti appena sfuggiti al traffico balneare, tanto più poetiche e ipnotiche quanto più fuorvianti in un panorama di sabbia e acqua, perciò, tenetevi saldamente ancorati al vostro Io, perché di qui a poco potreste smarrirlo insieme al ben dell’intelletto o al vostro/a compagno/a, nella peggiore delle ipotesi possibili, infilandovi, e quasi matematicamente perdendovi, nei meandri infernali della località suddetta.

Come uno spettro inquietante, aleggia nelle conversazioni di conducenti terrorizzati, che a lei si riferiscono per mezzo di perifrasi e similitudini quasi temendo il suono stesso del suo nome, contribuendo in tal modo a arricchire una già nutrita mitologia di particolari sempre più oscuri e agghiaccianti.

Andateci in una mattina gialla di sole e verificate di persona: verrete tratti in inganno da un bagliore improvviso, da un canto inaspettato (il clacson di un pick-up, più che una malia di sirene), e subito vi troverete in un altrove di strade lunghe e spoglie, con il vostro autista sull’orlo di un collasso, pronto a scattare e a scaraventarvi giù dall’abitacolo al minimo cenno di insofferenza o dubbio malcelato sulle sue effettive capacità sensoriali.

Nemmeno un Virgilio, allora, vi sarà di conforto alcuno: al contrario, contribuirà a rendere sempre più insopportabile l’atmosfera surriscaldata dal motore sotto sforzo e dalla mancanza di orizzonte, producendosi in imprecazioni, a mezza voce o a voce spiegata, scaraventate con veemenza contro i sedili e i finestrini dell'auto che, chissà per quanto ancora, vi contiene e sopporta.

Prima di recuperare la giusta prospettiva e la strada maestra, girerete intorno allo stesso asse per un tempo all’apparenza infinito, tanto e tanto a lungo da sentirvi svuotati e sfiancati dal movimento stesso. Vi sembrerà quasi d’essere intrappolati all’interno di una dimensione magica dai contorni quanto mai ristretti, che solo un guizzo di immaginazione potrà frantumare, liberandovi. A quel punto, nella stessa, imperscrutabile, maniera, vi ritroverete in vista della U.S. Route 101, in direzione di Santa Barbara, pronti a allentare la tensione con una risata ripensando, con un brivido, al rischio corso avventurandovi nel territorio ignoto di quanti, smarrita la strada, faticano non poco a rientrare in carreggiata. 

E.M.