giovedì 3 gennaio 2013

Notizie da Lilliput 57: Uno sguardo sul ponte


Il Golden Gate Bridge, a San Francisco, accoglie e promette. Accoglie il pendolare, il turista, il giovane, il vecchio. Accoglie le famiglie, le persone sole, gli ex secondini e gli ex carcerati.
Accoglie l’estate e l’inverno, il giorno feriale e quello festivo.
Promette stupori, sogni, incanti e incubi.
Promette salite, discese, novità e tradizione.
Promette cultura, divertimenti, acqua e terra.

Il suo attraversamento, con la faccia rivolta all’insù in direzione della possente struttura rossa e i piedi saldamente ancorati al tappetino dell’auto nella quale ci si trova in quel momento, trasfigura immediatamente in un rito di passaggio, in un cerimoniale dagli accenti mitologici e letterari.

Lo sguardo sbanda da sinistra a destra, e di nuovo da destra a sinistra, precipitando in un vortice di richiami, di suggestioni, di citazioni e di accenni che accompagnano il traffico incessantemente, da San Francisco a Marin County e viceversa.

A volte si ha perfino la curiosa sensazione, guidando in vista del casello di pedaggio, di guadagnare, metro dopo metro, l’ingresso a un qualche girone dantesco, fumi spessi e tonalità grigiastre, da assaporarsi lentamente ma con la mente già proiettata all’eccitante guado di un nuovo fiume Stige, le cui acque scalpitano in basso, oltre il parapetto.

Accettare di procedere in simili circostanze porta una consapevolezza di sapore diverso e particolare, nel palato e nel cuore di chi sia tanto avventuroso da provare quell’eccitazione insolita e conturbante.

Ci si gira ovunque, allungando il collo, aguzzando le orecchie, allargando le narici, strizzando gli occhi, in cerca di Caronte e della sua barca, desiderosi quanto mai di superare il primo quarto e poi la prima metà e poi il terzo quarto e poi la seconda metà del ponte, poco importa verso quale direzione.

I sensi si eccitano e si confondono, in un putiferio di immagini e di proiezioni, personali e collettive, rosse di fiamme e gialle di zolfo, scalpitanti di zoccoli caprini e riecheggianti di mille urla e di mille voci in un infinito rincorrersi di volti e di arti.

Moltitudini di piccioni e di gabbiani, solleticati dal vento generoso della baia, volteggiano tutt’intorno, incuranti dell’eccitazione che scuote molti degli abitacoli pazientemente schierati sulla strada, ma animati, piuttosto, dall’incessante ricerca di avanzi di cibo dimenticato ovunque da turisti distratti, chi dall’evocativo isolotto di Alcatraz, chi dal profilo prepotentemente europeo di San Francisco.

Mentre la città, ansiosa di mantenere le promesse fatte in ogni tempo e in ogni luogo, lustra le proprie bellezze, in attesa di restituirle a chiunque sappia apprezzarle.

E.M.