A lungo ho fantasticato, nonostante frequenti incursioni in altri universi culturali, di uccidere la letteratura di ogni dove a vantaggio esclusivo della sola nordamericana, il cui merito principale era quello di restituirmi visioni e assonanze tipiche di una Sehnsucht rivissuta e (s)corretta.
Suppongo che buona parte di ciò dipendesse dalla cifra caratteristica delle sue storie, (quasi) immancabilmente racconti di formazione, che fossero al chiuso di ambienti soffocanti o all'aperto di autostrade interminabili, affascinanti e istruttivi per chi, come me, tenda a idolatrare l’eterno fanciullo, a scapito di una sana (?) evoluzione.
Del resto, l’indipendenza così marcata di molti, forse troppi personaggi rispecchiava in parte la mia, la stessa che, unita a una certa testardaggine e probabilmente a una punta di altezzosità, mi portava a operare delle scelte letterarie piuttosto irrituali, dati i tempi e i luoghi del mio agire.
Ogni giorno rivelava un pretesto sufficiente alla scoperta di un nuovo, formidabile genio statunitense a scapito di qualche gloria europea, indicandomi la via di tanti autori, emergenti o meno, sconosciuti o meno, che mi precipitavo a leggere, in un faticoso tentativo di costante aggiornamento.
Che la maggior parte delle mie frequentazioni, poi, non avesse la benché minima idea di chi fossero Ferris o Franzen (o, per lo meno, vivesse più a lungo di me in quell'ignoranza), era un segno tangibile, a mio avviso, della giustezza e della sagacia degli sforzi fino a quel momento compiuti.
Grazie a quei libri ho percorso gli Stati Uniti a fondo e a lungo, prima ancora d’averci messo realmente piede, annusando cucine sporche o pulite, sbirciando attraverso finestre più o meno signorili, martirizzando granchi giganti o assistendo impotente alla mortificazione di personaggi e ideali.
Negli anni, fanciullo permettendo, questa posizione radicale si è parzialmente modificata, indicandomi dell’altro ancora. Naturalmente, non vivendosi di solo Midwest o Montagne Rocciose, ho esplorato realtà diverse e tuttavia ugualmente accattivanti e formative, concedendo a altri tempi e altri luoghi di emergere e pavoneggiarsi a ragione come, e forse più, della loro controparte d’oltreoceano.
A ben vedere, infatti, la riscoperta di letterature differenti è probabilmente uno dei principali meriti degli scrittori contemporanei americani che più da vicino e più a lungo ho seguito. Sono convinta di aver rispolverato con loro una lezione fondamentale, quella del passato: scoprire o riscoprire autori come Dickens (per quanto l’orizzonte culturale non sia poi troppo dissimile), ma insieme a lui tanti altri non anglofoni, da quel momento in poi imprescindibili punti di riferimento delle mie peregrinazioni letterarie, è stato ancora più illuminante che leggerne i diretti discendenti. Che, lo ammetto, sono pian piano diventati voci meno interessanti di quelle dei loro predecessori.
Ultimamente, perciò, non concedo granché a testi nuovi, delusa dalle tante “scoperte” di personalità forti pubblicizzate da mezzi di comunicazione e case editrici, che di “forte” e di “personale” mi paiono troppo spesso avere poco o niente. Parola dopo parola, libro dopo libro, trovo sempre più convincente l’assunto in base al quale tutto sia già stato detto e solo i modi possano ora fare la differenza. Peccato che questi modi siano appannaggio di una limitatissima (se paragonata all'offerta) cerchia di illuminati, le cui narrazioni sono considerate, a buon titolo, classiche e per ciò stesso eterne.
Mi piace pensare che questa mia ovvia posizione non sia poi così ovvia: la recente decisione della casa editrice Penguin Books di annoverare Febbre a 90° di Nick Hornby — autore che pure stimo — tra i classici contemporanei ha suscitato, infatti, una viva querelle in Gran Bretagna, contrapponendo chiunque dubitasse della reale tenuta del libro a chiunque, al contrario, la ritenesse cosa certa e intrinseca. Qualcuno (del quale modestamente condivido la prospettiva), infine, si è limitato a indicare nel tempo e nei lettori i soli strumenti validi per la risoluzione di un simile, perdonatemi il gioco di parole, classico rompicapo, alla maniera di Boileau e Perrault che, senza dubbio, si riproporrà ancora e ancora e ancora sempre identico eppure sempre diverso.
E.M.
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