mercoledì 8 agosto 2012

Notizie da Lilliput 9: Docce e scivoloni culturali

Ogni tanto mi scopro a osservare e ascoltare con meraviglia il Virgilio scivolare comodamente verso logiche nazionalistiche, alle quali è di regola estraneo. 

Uno tenderebbe a pensare all'Americano come al propugnatore indefesso di una serie di valori (tipici della sua nazione) non sempre ben accetti agli occhi altrui. 

Le contraddizioni degli Stati Uniti sono cosa ben nota per le quali non è il caso di spendersi qua e ora, ma che all'interno di una relazione transoceanica si possa discutere animatamente di docce, macchine per il caffè e prese di corrente quali veri e propri simboli di differenze culturali (quasi) incolmabili, mi auguro sembri strano anche a voi. 

Il tutto ha inizio all'incirca due anni fa quando, in cerca dell’adattatore per il cellulare, mi sento rivolgere la seguente domanda: “Non mi starai mica dicendo che anche in Italia avete quelle prese assurde [quelle che ci sono praticamente ovunque tranne che in America? Ebbene sì!], vero?” 

Glisso elegantemente sull'incongruenza di un simile approccio (meglio, mi mordo la lingua per non rispondere che forse, in quanto a stranezze, le loro battono decisamente le nostre, a partire dall'assurdo sistema NTSC), convinta che avrò modo di rifarmi, prima o poi. 

Il secondo round, invece, è di nuovo suo: a Monaco di Baviera, tempo dopo, con espressione ieratica sentenzia che mai, in Europa, gli è capitato di trovare una doccia funzionante a dovere. Al contrario che a casa sua, ovviamente. 

Dovrei probabilmente ricordargli quella dell’appartamento nel quale abbiamo soggiornato a più riprese a Santa Monica che, bizzosa quanto la proprietaria, rigurgita addosso al malcapitato acqua troppo fredda o troppo calda, salvo, peraltro, rifiutarsi del tutto di lavorare. 

Soprassiedo una volta di più, certa di potermi prendere la rivincita in futuro. Il primo giorno di vacanza a New York, però, riporta a galla il tema: il miscelatore della doccia, in base alle indicazioni freddo-caldo, dovrebbe potersi spostare a destra (freddo) e a sinistra (caldo). Ci provo: riesco a ottenere una temperatura tiepidina muovendolo solo verso destra. 

Il giorno dopo, battendo i denti per il gelo piovutomi addosso, mi decido a inghiottire l’orgoglio e a chiedere numi al Virgilio che, divertito, risponde: “Devi spostare tutto il miscelatore verso destra, naturalmente!” 

“Naturalmente”? Ma perché, è naturale passare dal fresco, al freddo, al tiepido e al bollente con un unico giro? 

Mi piacerebbe fosse finita qui, ma purtroppo la storia ha un ulteriore strascico, il cui teatro d’azione è l’albergo nel quale ci troviamo adesso. Diverso bagno, stesso problema. 

A questo punto, la mia guida ride palesemente della mia difficoltà a capire il funzionamento delle docce americane, svelandomi l’arcano di questa: “È semplice: devi tirare in avanti ‘il coso tondo’ [sic], girarlo da destra verso sinistra (di nuovo freddo-caldo) fino al raggiungimento della temperatura ideale e poi sollevare il ‘pirolino’ a seconda che decida per il getto dal basso o dall’alto”. 

Così dicendo mi sorride sornione e stampella lontano, soddisfatto d’aver dimostrato, ancora una volta, la supremazia americana al resto del mondo… 

Mi pare dunque superfluo aggiungere come, entrambi i giorni in cui mi sono cimentata nell'utilizzo della macchinetta per il caffè, sia dovuta ricorrere al pronto intervento dello zio Sam… 

Ed ecco perché, alla luce di tutto ciò, mi chiedo se a livello inconscio questo genere di dinamiche non stia proprio a sottolineare il senso di frustrazione europeo nei confronti del Grande Fratello che tutto sa, o pensa di sapere, e verso cui, pur disprezzandolo, ci sentiamo in varia misura attratti (e derisi). Pensieri, in fondo, che una doccia salutare e una buona tazza di liquido scuro dovrebbero essere in grado di portarsi via…