giovedì 27 settembre 2012

Notizie da Lilliput 22: Una, nessuna e centomila



Toronto è una bella città perché sorprende e stordisce.
Toronto è una bella città che sorprende e stordisce perché quando uno pensa d’averla capita, eccola lì, a dare nuovi segnali e a suggerire cambiamenti di rotta.

Se si è così fortunati da viverla con qualche nuvola bassa, grigia e poco raccomandabile, poi, si è a pochi passi dall’esperienza perfetta. Ovunque ci si giri, infatti, soprattutto lungo l’interminabile Queen Street West, accanto a costruzioni basse e dall’aspetto spesso fatiscente (nelle quali il turista-spettatore preferisce non metter piede, per paura di spezzare l’incantesimo che sente attorno a sé), fanno capolino aperture più o meno larghe, simili a spazi lasciati in bocca da denti mancanti, che le nuvole spesse e cupe riempiono come di ovatta, neanche fossero tamponi cilindrici di cotone filamentoso.

A un occhio più attento, tuttavia, o forse diversamente allenato, quegli stessi spazi richiamano alla mente passaggi stretti in cui infilarsi in cerca di protezione dal malintenzionato di turno: i muri di mattoni rossi ricoperti di edera verde che avvolgono, quasi richiudendoglisi sopra, il fuggiasco, sono da tempo immemore quieti testimoni di loschi traffici e di appuntamenti al buio, mentre le recinzioni sbilenche, che talvolta si alternano alle pareti scrostate, rivelano giardini abbandonati e cancelli di reti metalliche malfermi sui propri cardini.

Proseguendo verso ovest, lungo Bathurst Street, si rafforza la sensazione che, oltre le facciate dei molti palazzi a uno, o al più due piani, si nascondano i componenti della famiglia Addams bizzarramente abbigliati secondo la moda tipica della nuova frontiera americana: gli ambienti che in realtà celano caffetterie minimal-chic o negozietti d’alta moda, infatti, all’esterno richiamano saloon o abitazioni tipiche da Far West. Qualche metro oltre, invece, ci si può credere catapultati tra immigrati polacchi e russi in abiti ottocenteschi raccolti intorno ai diversi centri di culto, rispettivamente cattolico e ortodosso, ma paradossalmente indulgenti verso qualche svago o attività ai limiti del legale.

È incrociando College Street, uno dei cardini della Little Italy locale, tuttavia, che si ha un’altra, inaspettata esperienza: le costruzioni che hanno accompagnato il passante fin qua, e che non a caso sono spesso servite da sfondo per produzioni televisive o cinematografiche ambientate a Brooklyn, nel Bronx o a Philadelphia nelle più diverse epoche storiche, cedono il passo, quasi reverenzialmente, a strade e viali ordinati e lussureggianti, intorno ai quali si stiracchiano eleganti villette (talvolta ville) di legno e muratura, complete di steccati (bianchi) e porticati in tinta con gli infissi alle pareti.

È a questo punto che, per la sorpresa, si strabuzzano gli occhi e ci si massaggia con vigore le palpebre: lo scenario cui si era abituati, fatto di avventori vocianti, studenti universitari alle prese con i bicchieroni di caffè alla vaniglia e maniaci dello shopping, si è infallibilmente trasformato in un panorama di prati tosati il sabato pomeriggio, macchine lustrate la domenica mattina e, nella migliore delle ipotesi, torte lasciate a raffreddare sul davanzale della finestra di cucina, nell’assoluta certezza che il vicino per bene non affonderà le proprie dita nella preziosa, e costosa, farcitura.

E.M., Toronto