Questa è la storia di Sandy, una tempesta cattiva, di Paddy, un irlandese senza scrupoli, e di Michelle, una donna tenace.
Questa storia è ambientata a New York, in una mattina qualunque di un ottobre
qualunque.
Stanca di nicchiare nel paese degli uragani e
dei temporali in attesa della sua grande occasione, un giorno Sandy decide di procacciarsi il suo quarto d’ora
di celebrità piombando all’improvviso su New York, approfittando della proverbiale distrazione
di quest’ultima, quotidianamente alle prese con set cinematografici, bambini
frignanti o crolli di borsa.
Al suo arrivo, centinaia, migliaia di occhi
increduli si levano verso il cielo denso di nubi cupe o scrutano l’orizzonte in
cerca dell’onda crudele, quella che, abbattendosi sulla costa, provocherà danni
inimmaginabili.
Di lì a poco, infatti, un’acqua scura e
spietata si riversa per le strade, i vicoli e i cunicoli della città,
oltraggiandone il senso civico di rispetto per la natura e ammutolendola del
tutto in un buio carico di tensione.
Sandy si insinua ovunque, intrufolandosi nelle case, strappando i
dormienti ai propri letti e gli animali ai propri giacigli: i marciapiedi
rigurgitano di tavoli, di sedie, di soprammobili, di abiti, che la pioggia si trascina
appresso incurante, quasi fossero perline sul suo velo da sposa.
Come nelle fiabe tradizionali, tuttavia,
anche qui il peggio passa, lasciandosi dietro cocci di vite e di palazzi,
bocche spalancate per la sorpresa e cuori ribollenti di indignazione;
l’elettricità viene ripristinata, la gente torna a riempire le strade,
l’ordinario si sostituisce allo straordinario.
Eppure, da qualche parte, si vive ancora da
naufraghi, in un isolamento freddo e umido, rischiarato solo dalle tante,
tantissime candele consumate quotidianamente da Michelle e dai suoi condomini di un palazzo
popolare di Rockaway, Queens. Giorno dopo giorno, Michelle e gli altri hanno visto allontanarsi la morte
e la devastazione, hanno osservato le luci accendersi, una di seguito
all’altra, a ogni finestra di ogni appartamento davanti, dietro e di fianco ai
loro, hanno sentito le voci alla radio, hanno esultato all’arrivo dell’acqua
calda con cui tutto il vicinato ha potuto finalmente lavarsi.
A niente sono valse le telefonate con cui la
donna, un’afroamericana dai fianchi forti e dalla lingua schietta, ha intasato
il centralino del sindaco: a casa sua le tubature sputano solo cubetti di
ghiaccio; a volte si dorme perfino in garage, in cerca di un’illusione di
calore e di conforto.
Intanto il proprietario dell’immobile, Paddy, continua a percepire i soldi dell’affitto
settimana dopo settimana, apparendo e scomparendo, con la rapidità del lampo,
dalla soglia di ogni abitazione, cieco alle labbra livide per il freddo, sordo
ai colpi di tosse frequenti, insensibile alle ondate di freddo polare presenti
ovunque.
Michelle e gli altri, perciò, sospettano: sospettano di lui,
dell’irlandese la cui religione dovrebbe portarlo a più miti consigli,
sospettano del suo amministratore condominiale, costantemente irreperibile,
sospettano della municipalità, che di loro si è dimenticata, sospettano di Sandy, che verso di loro si è dimostrata
classista.
E aspettano; ancora e chissà per quanto, ancora.
E.M., New York