Di questi tempi,
passeggiando per Manhattan, ci si può
ritrovare all’improvviso in qualche angolo di Germania. Le insegne e le luminarie natalizie, infatti, spesso conducono
a inaspettati mercatini densi di profumi, di colori, di voci, talvolta rischiarati
dai bagliori azzurrognoli di una pista di pattinaggio sul ghiaccio spaziosa e
invitante.
Sia che si proceda
dall’estrema punta meridionale dell’isola verso Midtown sia che, al contrario, si decida per il percorso inverso, dall’Upper West Side all’ingiù, si rimarrà
inevitabilmente attratti dalle strisce bianche e rosse delle tende che ospitano
mercanti e clienti, stranieri e autoctoni, giovani e vecchi.
Ghiottonerie locali a
base di hot dog e cupcake cercano di incantare il passante a danno del
banchetto di würstel e lebkuchen loro concorrente, mentre l’italoamericano di fianco ha già conquistato, sornione, il cuore e lo stomaco di
tutti con una fetta di tiramisù e un goccio di vero caffè espresso, denso e saporito.
Bambini e balie,
uomini d’affari e donne in carriera, famiglie intere o irriducibili scapoloni
girano, entusiasti di questo scorcio di Europa
sotto casa, tra le diverse bancarelle additando stranezze, soppesando offerte, spazzolando
delicatezze.
I rivenditori, nel
frattempo, si sforzano di ideare strategie sempre nuove per ammaliare il
possibile acquirente, anche, o forse soprattutto quello che, ingenuo, si trova
a passare davanti a loro per caso, in cerca di un’evasione dal traffico
costante della città o a caccia di un po’ d’erba sulla quale ripulirsi dalla
fanghiglia accumulata nel corso del cammino.
Copricapi e muffole
di lana, portafogli e portamonete di pelle,
tazze e tazzine di ceramica variopinta, palle di vetro e decorazioni per
l’albero, oggetti uguali a quelli di un qualsiasi altro mercatino, eppure al tempo stesso diversi e unici, smaniano e occhieggiano furiosamente dalle scaffalature temporanee,
mentre volute di vapore bollente esalano dai calderoni nei quali tè dai gusti
esotici e cioccolate dagli aromi accattivanti avanzano pretese nei confronti dei
pedoni più o meno distratti, più o meno influenzabili.
Sullo sfondo,
incuranti di tutto il resto, schiere di atleti o di semplici appassionati
disegnano traiettorie affilate come diamanti sulla superficie, liscia e
luccicante al sole decembrino, della pista di pattinaggio loro dedicata,
generosa imitazione di quella, celeberrima e insuperabile, protetta dall’angelo
dorato del Rockefeller Center.
Pellicce e cappotti,
manopole e berretti, veloci e agili nel tracciare quegli arabeschi gelati sotto
le lame taglienti delle proprie calzature, suggeriscono inevitabilmente un
incanto passato, fatto di berline scure e di boa di piume, di frac severi e di cene
danzanti, di spettacoli musicali e di balli in bianco e nero.
Mentre scoiattoli e
merli, pesci e piccioni stanno, quieti, a guardare.
E.M.