Le spiagge, in California, sono lunghe e larghe, come
autostrade a più corsie. In un paese che non conosce imbarazzi o scrupoli
di fronte alle dimensioni, del resto, non poteva che essere così.
Los Angeles, città della quale solitamente si ricordano i tanti quartieri
disconnessi gli uni dagli altri, nemmeno fossero stati assemblati a caso da un
operaio distratto (o, peggio ancora, privo di gusto), ha la grande fortuna,
tuttavia, di vantare una striscia quasi sterminata di acqua e sabbia.
Per raggiungerla,
bisogna percorrere una delle tante arterie che dal cuore pulsante del centro
portano verso la periferia, verso Santa
Monica, cioè, verso Venice Beach
o verso Marina del Rey.
Soprattutto le prime
due località, note, insieme alla terza e ultima col nome di community beaches, meritano uno sguardo
più accurato: qua, infatti, indipendentemente dalla stagione dell’anno (data la
generosità indiscutibile del tempo atmosferico), si ritrovano giovani e vecchi,
solitari e compagnoni, autoctoni e stranieri, a bere un caffè, a giocare con un cane, a guardare l’oceano.
Eppure, nonostante la
vicinanza geografica (per l’esattezza, non esiste confine tangibile tra le due
spiagge che, invece, sfumano l’una nelle bellezze dell’altra), non potrebbe
esserci distanza maggiore tra i diversi tipi umani che di norma le popolano.
Venice, la fricchettona, vanta un’alta concentrazione di presenze
“alternative”: artisti di strada, musicisti ubriachi, skaters spericolati e
ogni sorta di “borderliners” sono ospiti abituali della sua passeggiata, ricca
di colori, bancarelle e localini, diventata celeberrima grazie a innumerevoli
film hollywoodiani o a serie televisive seguitissime ovunque.
Superata la linea di
demarcazione invisibile, ma evidente, tra quella lingua vitale e il lungomare di Santa Monica, invece, il panorama
cambia in modo repentino, a volte perfino brusco. Sul vialetto pedonale,
rigorosamente separato dalla pista ciclabile, si incontrano ora podisti e
salutisti vari, carrozzine colme di neonati felici al sole della California, ottantenni carichi di
bastoni o deambulatori, quindicenni alle prese con effusioni di vario genere.
Oltre un basso
muretto, sul quale siedono spesso ammiratori e emulatori di Johnny Cash o di Carole King, la distesa di sabbia dorata è occupata da surfisti o
pallavolisti, da bagnanti o da atleti intenti a esercitare la propria maestria
a due passi dalle torrette di controllo del corpo di bagnini più famoso al
mondo.
In lontananza, se si
è molto fortunati, si può scorgere un delfino destreggiarsi tra qualche
imbarcazione solitaria e qualche impavido nuotatore. Mentre gli squali, giù giù
nelle profondità marine, preferiscono non curarsi delle cose umane sul
bagnasciuga.
E.M., Santa Monica