La presenza di edifici
moderni, di epoca certo più recente rispetto a quella delle pagine scritte da Raymond Chandler sulla città, accentua,
anziché diminuire, la sensazione, spaesante e piacevole insieme, di vivere
contemporaneamente il presente e il passato, la metropoli e il villaggio,
l’eleganza e lo squallore.
Le palme, alte e incerte ai
lati della strada, basse e equilibrate nelle strette aiuole spartitraffico,
solleticano la memoria, richiamando luoghi e tempi lontani, fatti di berline
scure e di abiti da sera, di mani infilate in tasca e di sigarette penzolanti
agli angoli delle bocche.
Corvi e scoiattoli,
solitamente così frequenti da poter diventare il simbolo della California, preferiscono muoversi
altrove; perfino i piccioni, probabilmente gli animali più urbani al mondo,
volano lontano dal cielo sopra il Wilshire,
quasi non ne volessero turbare nemmeno loro l’incontrastata malia.
Pasticcerie e banche, lavanderie
e piccoli uffici postali, quasi sempre deserti, si alternano civilmente ai
bordi della carreggiata, a volte sospirando in cerca di luce, altre starnutendo
per gli spifferi di aria impertinente intrufolatasi senza permesso dentro i
locali semibui.
All’esterno, invece,
l’insegna del NuWilshire Theatre,
sacrario della cinematografia indipendente fino alla sua triste chiusura,
attira occhiate curiose e riverenti: le semplici lettere nere su sfondo bianco,
vecchi annunci di film in programmazione, non sono più visibili, al pari delle
lucine gialle tutt’intorno, la cui assenza ha ora il sapore amaro delle cose
perdute.
Contenitori variopinti,
prudentemente assicurati all’asfalto dei marciapiedi, custodiscono copie dei
diversi quotidiani locali, ancora stampati con caratteri d’altri tempi e perciò
stesso diventati avidi scrigni di vecchi segreti.
A intervalli regolari il
flusso del traffico umano, (automobilistico e pedonale), è interrotto da strade
laterali spaziose e pulite, che tagliano perpendicolarmente l’arteria centrale,
permettendo allo sguardo di spaziare su ville e villette annunciate ora da una
bassa palizzata di legno bianco, ora da un giardino di dimensioni variabili, ma
estremamente curato, ora da un vialetto d’ingresso spesso accompagnato da una
cassetta delle lettere di foggia bizzarra.
Mentre alle loro spalle, intanto, incastonate
da un tramonto rosso fuoco, si muovono veloci le nuvole, come titoli di coda su
uno schermo hollywoodiano.
E.M., Santa Monica
E.M., Santa Monica