Tra palazzi
contemporanei e edifici storici, nel cuore di Los Angeles si erge un castello
particolare, con torri particolari e pinnacoli particolari, con merli
particolari e ponti levatoi particolari, in cui folle devote si riuniscono,
giorno dopo giorno, anno dopo anno, a seguire col fiato sospeso le gesta dei
propri paladini, puntualmente impegnati in faticosi duelli.
I corpi protetti da
armature luccicanti di sudore sotto torce dalla fiamma immortale, questi
cavalieri, coraggiosi e magnanimi come solo gli eletti sanno essere, sfidano i
propri avversari in estenuanti tornei, in cui il fascino spesso si combina alla
magia, alla conquista del trofeo ambito da sempre, il Graal.
I più vecchi e saggi tra
loro rivestono il compito ingrato di arginare l’entusiasmo, a volte eccessivo, degli
inesperti, troppo inclini a dimenticare, o peggio ancora, a trascurare, le regole
fondamentali del combattimento, a vantaggio di una competizione sleale, volta
alla puntuale affermazione del più forte, non del più meritevole.
Maghi e stregoni si
affollano a ridosso della corte, con i pentoloni traboccanti di pozioni
incantate, capaci di restituire vigore e lucidità a menti e corpi altrimenti
debilitati, quando non compromessi, dallo sforzo eccessivo finora compiuto.
Ingerito con
attenzione il fluido rivitalizzante, i contendenti guadagnano nuovamente il
campo, determinati a concludere quanto cominciato. Gli schieramenti iniziali,
tuttavia, possono essersi modificati nel corso del tempo, nell’intento di
permettere a tutti i convenuti, di numero variabile tra i dodici e quindici per
parte, di contribuire alla vittoria finale.
Paggi e scudieri,
infatti, sono talvolta chiamati a sostituire un partecipante caduto durante uno
scontro particolarmente cruento: fieri del ruolo fortuito, questi giovani e
giovanissimi raggiungono dunque i compagni di lotta con lo spirito alto di chi
senta d’essere nel giusto e, impavidi, si perdono nella competizione.
Nobildonne e
damigelle, frattanto, hanno seguito le gesta pugnaci con angoscia e trasporto, con
trepidazione e sentimento, gemendo di fronte a ogni caduta o esultando davanti
a ogni conquista.
Una simile
partecipazione, di quando in quando, le ha addirittura spinte a abbandonare la
calma serafica loro propria e a manifestare, al pari di qualsiasi altra
creatura del popolo, la gioia e l’esultanza per i traguardi raggiunti dai loro
eroi. Qualcuna, probabilmente, ha osato perfino sospirare e lanciare un bacio
all’indirizzo del volto segretamente amato.
I minuti, succedendosi
gli uni agli altri in rapida e sofferta sequenza, hanno ormai raggiunto il
limite massimo consentito: solo una delle due fazioni, a breve, si aggiudicherà
il premio, gettando l’altra nello sconforto e nel disappunto.
I cavalieri, ansimanti,
acciaccati, esausti, abbandonano infine le posizioni originarie per confluire
al centro del campo dove, sorridendosi, si stringono la mano o rinnovano il
voto di reciproca amicizia: la partita è finita, il pallone è conservato. Tra
pochi giorni saranno tutti pronti per un nuovo incontro, sotto la rete del canestro.
E.M., Santa Monica