Nauseati
dall’opulenza eccessiva registrata con gli occhi, con la mente, con il conto in
banca, su e giù per le ridenti colline di Bel Air, si può decidere per una cura
disintossicante e proseguire sul Sunset Boulevard verso il quartiere di Beverly Glen.
Nonostante i suoi
svariati codici postali includano il celeberrimo 90210, attraversandone l'asse principale, il Beverly Glen Boulevard, in direzione degli altrettanto
celeberrimi tornanti di Mulholland Drive, si potrà notare un piacevole
cambiamento, nell’aria esterna e in quella interna all’abitacolo della
macchina.
Le costruzioni
elefantiache da poco abbandonate, infatti, qua hanno lasciato il posto a
edifici di sapore contemporaneo — puntualmente rappresentati da vetro, acciaio e
proporzioni elegantemente a misura d’uomo — alternati a graziosi villini
monofamiliari.
Tutt’intorno colline,
rocce, colori terragni misti al verde nerastro degli alberi regalano la curiosa
sensazione di viaggiare catapultati in una zona di confine, a metà tra il nulla
e il Far West: e le case, sistemate con cura l’una a una vivibile distanza
dall’altra, non fanno che accentuare questa piacevole bizzarria.
La vista inaspettata
di macchie di ulivi richiama altre atmosfere, diverse suggestioni: come a Bel
Air, anche qui, dunque, ci si ritrova a muovere costantemente legati a immagini
mediterranee.
Ogni nuovo miglio di
strada percorsa ha il sapore di un sentiero campestre, nascosto alla vista da
muretti a secco e da greggi di placide pecore; di qua un ginepro, di là del
cisto, si aspetta di minuto in minuto l’ora del fauno, quella in cui la terra
si spaccherà liberando i propri spiriti, rilasciando i propri demoni.
E l’insolita quiete
che avvolge questa, altrimenti trafficata e chiassosa, arteria cittadina,
contribuisce non poco a alimentare la fantasia meridiana, a rintuzzarne la
fiamma vitale.
A tratti, poi, si è
perfino certi d’essere già stati in zona, d’averne già ammirato l’architettura,
che è quella, infatti, di tanti film, di tante serie televisive. Di più, a
volte si ha la netta impressione d’aver già visitato questi luoghi grazie a un
cinema particolare, grazie a una storia particolare, grazie a Michelangelo Antonioni, cioè, e ai colori di Zabriskie Point.
Ma basta proseguire
ancora, per cambiare parere, per modificare punto di vista: quando
all’orizzonte compaiono piccole costruzioni in legno, simili a baite di
montagna, è naturale pensare a paesaggi alpestri, a stazzi e mucche, a gerani e
a mastelli.
Perché a Los Angeles,
nella patria dell’artefatto e dell’effimero, è possibile esperire mille vite
diverse nello stesso posto, nello stesso istante.
E.M., Santa Monica