giovedì 14 marzo 2013

Notizie da Lilliput 92: Mulholland Driving



Il lungo nastro d’asfalto conosciuto col nome di Beverly Glen Boulevard, dopo aver placidamente coperto una discreta distanza, si perde all’improvviso nel celeberrimo Mulholland Drive, lasciando il viaggiatore sbalordito della fulmineità del cambiamento e confuso dall’ammasso di immagini che lo sommergono senza preavviso.

Un piede inevitabilmente sul freno, l’esplorazione prosegue cauta, quasi si diffidasse della geografica indifferenza del luogo; quasi si temesse, da un momento all’altro, l’assalto da parte di una qualche memoria cinematografica ribelle; quasi si fosse certi del rinvenimento di qualche cadavere dalla consistenza di celluloide.

Tutto ciò che si individua, invece, è il corpo secco di un abete natalizio, bizzarramente riverso a metà corsia, gli aghi ancora tutti orgogliosamente attaccati ai rami ormai senza vita. L’atmosfera densa e al contempo rarefatta, simile a quella di tanti noir d’epoca, spinge a interrogarsi sulle modalità del singolare misfatto.

In giro, tuttavia, non si scorge nessuno cui porre il pressante interrogativo. Non un mezzo, non un passante, non un animale: nonostante l’indiscussa fama di questa area losangelina, la strada pare non riscuotere più interesse.

Ma poi, in prossimità del dirupo, si supera un’automobile parcheggiata con cura, forse appartenente a qualcuno fermatosi a scattare foto al panorama sottostante: la possibile presenza di altri esemplari della comune razza umana, tuttavia, lungi dal rassicurare e rallegrare, in questo vuoto sociale preoccupa e angoscia.

Meglio, dunque, procedere lungo il tragitto a tornanti sinuosi, piuttosto che fermare la macchina e accostarla di fianco all’altra per un surplus di curiosità: voltandosi indietro a osservarne la natura morta, liberando, al contempo, un sospiro di sollievo, si avverte una sensazione simile a quella che accompagna lo spettatore di un horror d’annata davanti alla scena del mostro apparentemente abbattuto e invece prossimo a rialzarsi e a uccidere, una volta di più.

È arrivato il momento di guardare al paesaggio con occhi nuovi: abbandonato velocemente il regno delle fantasie macabre, ci si può, ci si deve, lasciar coinvolgere dall’innegabile bellezza delle colline, degli ulivi, degli strapiombi a picco sulla città, nascoste tra i quali si possono intuire abitazioni da sogno, ville da favola.

È arrivato il momento di respirare a pieni polmoni, di sgranchirsi le gambe sul ghiaino californiano: in alto, alle spalle del visitatore occasionale, la vita, i motori, non hanno mai smesso di correre, di fluire. È tempo che anche quaggiù, tra un’immagine in bianco e nero e un fotogramma antico, si possa fare altrettanto.

E.M., Santa Monica