venerdì 29 novembre 2013

Notizie da Lilliput 147: Il Natale non si addice a Los Angeles

Il Natale, si sa, non si addice a Los Angeles.
Tra tutte le feste, è quella più difficilmente percepibile, quella meno facilmente comprensibile, in città.

A fine Novembre, tanto per cominciare, dopo una manciata di giorni di maltempo è tornato a splendere il sole, nella California del sud, ancora più caldo e ancora più piacevole di prima.

Dopo qualche attimo di smarrimento, le magliette corte si sono perciò ripresentate all’appello, così come i pantaloncini al ginocchio e le infradito sbarazzine, a discapito delle luminarie e delle corone dell’avvento che, abbattute, faticano a imporsi in questo panorama inverosimile di sabbia calda e di oceano azzurro.

Da un momento all’altro le vetrine si sono popolate di renne e di Babbi Natale, di richiami sulfurei e di occasioni imperdibili; mentre gli stessi negozi, che impunemente propongono stivali foderati di pelliccia e cappotti all’ultima moda, sono gestiti da commessi in canotta e da commesse in minigonna.

Le musiche tintinnanti hanno cominciato, faticosamente, a farsi strada, nelle caffetterie tracimanti turisti affascinati dal violento contrasto e nella mente dei passanti che, giorno dopo giorno, si sono ritrovati a rielaborare, inconsapevolmente, le celebri melodie secondo l’estro del momento.

Davanti a profumerie e a gioiellerie nuove fiammanti, ragazze in soffici completi bianchi e rossi hanno già provveduto a dispensare caramelle e leccornie tipiche del periodo; mentre abeti grandi e piccoli sostano pazientemente all’esterno dei supermercati, in attesa d’essere adottati e addobbati onorevolmente.

Eppure, nonostante gli sforzi, nonostante le ambizioni, si ha la costante impressione di vivere qualcosa di sbagliato, di essere alla presenza di un dettaglio fuori posto. Che la temperatura atmosferica, prepotentemente avvinghiata ai 20° costanti, può, da sola, facilmente spiegare.

E così, la spiaggia di Santa Monica, efficiente termometro comunitario, è, di questi tempi, più vitale che mai, con il consueto strascico di bagnanti e di costumi, di asciugamani e di impronte sulla battigia.

Qua l’estate pare non aver ceduto alla lusinga del riposo e del passaggio di consegne: complici i raggi inebrianti e il rumore della risacca, ci si pasce tuttora nella convinzione d’essere in vacanza in qualche esclusiva località balneare.

Ma forse, quando avrà finalmente inizio la stagione degli acquisti più consumistica dell’anno, il Venerdì Nero immediatamente successivo al Giorno del Ringraziamento, qualche cambiamento si percepirà e l’aria, anche all’ombra delle palme, si tingerà di neve.

E.M., Santa Monica










mercoledì 27 novembre 2013

Notizie da Lilliput 146: La ballata del granchio

A mezzanotte e un minuto di venerdì 15 Novembre 2013 è ricominciata, a San Francisco, la stagione dei granchi. E gli amici che in città si ritrovano a farne la festa, come di consueto, non si sono lasciati sfuggire una simile occasione.

Alle prime luci dell’alba alcuni di loro, i Prescelti, hanno perciò raggiunto le minuscole barche che, sfidando la potenza e la strafottenza dei colossi del pesce, si erano calate nottetempo nell’acqua scura, alla volta dei luoghi misteriosi in cui il gradito crostaceo vive e muore.

Buste e buste di carapace goloso sono passate di mano in mano, di strada in strada, di casa in casa, fino a raggiungere l’accogliente residenza vittoriana di Noe Valley che, già in precedenza, aveva ospitato ardori e risate dell’allegra brigata.

Le sue porte eleganti, i suoi raffinati pavimenti, i suoi divani di design, una volta ancora, hanno custodito i visi e i corpi, le parole e i pensieri che, inafferrabili, hanno iniziato a vagare per l’aria, presto riempiendola di esclamazioni e motteggi, di ricordi e allusioni.

Liberi improvvisamente dalle incombenze quotidiane, lontani da famiglie e legami, gli spiriti si sono subito avvicinati, ricreando la magia di relazioni e affetti che, da anni ormai, puntella di sé ogni loro ritrovo.

Perfino i nuovi arrivati si sono presto abituati alla preziosa levità dell’atmosfera, stringendo amicizie e saldando alleanze con quanti richiamassero la loro attenzione, in un modo o nell’altro.

Nelle stanze calde di sentimenti più o meno espressi, di pulsioni più o meno velate, non si sono contati attimi di silenzio, non si sono registrati momenti di imbarazzo.

Nemmeno gli accenni malinconici, che la vita dispensa di quando in quando, hanno avuto la forza di incrinare la sensazione inebriante di benessere e armonia.

Nemmeno il cibo, tracimante dai piatti e dai vassoi perché segretamente convenuto a festeggiare le nozze di due partecipanti, è riuscito nell’opera abituale di livellatore di emozioni, di pacificatore di animi: gli invitati, semplicemente, hanno continuato a parlare, a scherzare, a celebrare.

E così, come solo nelle favole a lieto fine e negli stati di grazia succede, il tempo è volato, trascinandosi appresso i discorsi e le promesse, le provocazioni e le baruffe, diventando d’improvviso ora tarda.


Mentre nel buio sereno della notte californiana, qualche segreto si è rivelato, qualche confessione si è avanzata, contribuendo, una volta di più, una volta per sempre, a appianare le differenze e a saldare le unioni.

E.M., San Francisco

domenica 24 novembre 2013

Notizie da Lilliput 145: ... Land of Sunshine, Half Your Beauties Are Untold...

Quasi rispondessero a un richiamo irresistibile, o seguissero una legge di natura immutabile, le coste della California, dolci e piane nei dintorni di Los Angeles, crescono in altezza e ripidezza quanto più ci si spinge a nord, in direzione di San Francisco.

È sufficiente distrarsi per qualche miglio, magari incuriositi dalla presenza di dune misteriose che spuntano all’improvviso sul dorso delle alture di fianco, per notare inaspettatamente crinali scoscesi e spiagge di difficile accesso.

Dall’oceano spumoso affiorano scogli mastodontici, capaci, alla lunga, di ingannare l’occhio stupito del viaggiatore, assumendo forme vaghe di balene immobili contro il fragore e la violenza dei flutti biancastri.

La linea dell’orizzonte, fino a qualche attimo prima nitida e tagliente come una lama, sembra ora un ammasso incerto di nebbia filamentosa, un’imitazione angosciante dell’andatura impazzita di cavalli al galoppo.

Il cielo, agli inizi del tragitto terso e cristallino, si è andato picchiettando di nuvole in ordine sparso e composizione fantasiosa che adesso riempiono di sé ogni angolo di azzurro disponibile, richiamando in tal modo la massa d’acqua sottostante.

Raggi improvvisi di sole si aprono a fatica un varco nell’aria spessa, striando il panorama di citazioni bibliche, imprimendoglisi a forza come messaggi salvifici o immagini chiliastiche.

Ai bordi dell’autostrada si fanno sempre più frequenti fienili dalle linee essenziali riconvertiti in chiese: evangeliche, battiste, episcopali. Le loro insegne discrete, una croce e poche parole, contribuiscono all’impressione di irrealtà che si respira tutt’intorno.

Eppure basta proseguire di poco, e raggiungere la striscia sinuosa di Big Sur, perché nuove costruzioni e diverse atmosfere si presentino discretamente sulla scena.

È ora il turno di decine e decine di cassette postali disseminate lungo le carreggiate; di case eleganti al di là di cancelli nemici di sguardi indiscreti e intenzioni sospette; di minuscole gallerie d’arte caparbiamente saldate ai piedi di montagne ingentilite da sequoie rossicce.

Qualche ristorante a cinque stelle domina sfrontatamente il promontorio, affacciandoglisi sopra con studiata noncuranza; mentre localini dalle sembianze zen rivelano interni fatti di assi di bambù e musica anni ‘20.


Ma intanto, fra una curva e l’altra, è calata la notte, più veloce qui che da qualsiasi altra parte della terra, e perciò è bene fermarsi e riposare, in attesa del nuovo giorno e delle sue promesse.

E.M., Big Sur

sabato 23 novembre 2013

Notizie da Lilliput 144: Viandanti non più in un mare di nebbia

Raramente, molto raramente, la nebbia che accompagna il lungo tratto di autostrada tra San Simeon e Big Sur non si presenta all’occhio avvertito del viaggiatore, svelando, in tal modo, tesori altrimenti nascosti.

In un paesaggio surreale di colori insolitamente tersi e di contorni stranamente nitidi, la vista vaga, rapita dalle forme mai notate prima, e che, d’un tratto, sembrano altre, sembrano altro.

La luce, abbacinante e piacevole insieme, gioca scherzi bizzarri, perfino sinistri: oltre uno steccato ecco apparire una mandria di bovini dall’aspetto sconosciuto, dalle sembianze indefinite.

Un po’ mucche, un po’ capre, la loro comparsa getta un’ombra di sottile inquietudine, solleva un velo di leggero malessere sugli occupanti della macchina in corsa, accelerando d’un soffio le pulsazioni del loro cuore e dilatando impercettibilmente le loro pupille curiosamente ipersensibili.

Le curve poco distanti, tuttavia, con il loro andamento ritmico, con il loro movimento sinuoso, distraggono momentaneamente dalla sensazione appiccicosa di disagio, trasformando l’atmosfera grazie a una diversa mistura di generi, letterari e cinematografici, grazie a una differente disposizione degli elementi scenografici.

Gli alberi, palme longilinee e eleganti, si sono da qualche tempo trasformate in pini e arbusti dagli intrecci complicati e dalle trame incomprensibili che, lontani dall’abbraccio tonificante dell’oceano, si sono contorti e rattrappiti, dando vita a composizioni prive di colore e come pietrificate.

Inoltrarvisi per una passeggiata rilassante appare chiaramente un controsenso: “creature misteriose” e “presenze inquietanti” sono infatti le prime espressioni che la mente elabora, non importa quanto debitrici di Alice e del suo mondo incantato.

Eppure, un nuovo cambiamento di scenario sottolinea la prossima svolta narrativa: perfettamente visibile nella distanza si staglia un promontorio minaccioso come un incubo e conturbante come un canto di sirena.

Efficacemente protetto da nubi scure e gelosamente custodito da uccelli rapaci silenziosi e torvi, cela al proprio interno una base navale quotidianamente occupata in indecifrabili esercitazioni, dagli effetti di quando in quando avvertibili a molti chilometri di distanza.

Mentre la spiaggia sottostante, una lunga lingua di sabbia scura lambita da un’acqua sempre furiosa, non invita alla calma né alla rilassatezza.


Il viandante, fatalmente colpito da simili suggestioni, dovrà quindi proseguire il tragitto, prima di raggiungere,  finalmente, una località accogliente e una popolazione ospitale.

E.M., Big Sur