venerdì 6 dicembre 2013

Notizie da Lilliput 149: Chiare, fresche e dolci acque

Un tratto anonimo di strada battuta conduce il viaggiatore, curioso di Big Sur e delle sue bellezze, a una delle esperienze più emozionanti che ci si possa immaginare.

Abbandonata con circospezione la tortuosa lingua di asfalto che qui porta, ci si avventura presto nel Julia Pfeiffer Burns State Park, territorio dagli intricati sentieri, talvolta interrotti, e dai molti desideri, ogni tanto avveratisi.

Nel cielo, stranamente, non si scorgono uccelli: quelli predatori, così frequenti a ridosso della costa, sembrano non volersi addentrare nel fitto del bosco; mentre l’aria, solitamente carica di mille e mille suoni, riecheggia unicamente del proprio, solitario, respiro.

Una prima stradina, ombreggiata dalle sagome possenti di sequoie e abeti, richiama invitante il visitatore, promettendo un facile percorso e un felice accesso al tesoro meglio custodito.

Ignari dell’esito finale, e al contempo curiosi di verificarne l’effettiva malia, ci si inoltra perciò in una galleria bassa e buia, che solletica col balenio di una ricompensa adeguata, di una vista spettacolare.

Gli occhi ancora intorpiditi dall’antro buio, e la mente irretita in giochi tortuosi di nascite e morti, di passaggi e trasformazioni, ci si lascia infatti cogliere di sorpresa dall’improvviso apparire di una caletta, dai colori intensi e ipnotici, decine e decine di metri più in basso.

Il sentiero angusto, agevole per una o al massimo due persone, si assume l’incarico gravoso, d’ora in poi, di rivelarne ogni singolo dettaglio, nella maniera più suggestiva possibile.

Che alcune panche, strategicamente posizionate lungo il percorso, facilitano ulteriormente.

Le rocce a picco sull’oceano, verdi e blu e rosse e gialle, a seconda della posizione assunta dallo spettatore e, soprattutto, dagli umori del sole e dell’acqua, regalano una cascatella, stretta stretta e alta alta, quasi una parodia di se stessa, eppure capace di calamitare l’attenzione per un tempo indefinito.

Una grotta e un varco possente tra le pietre abbandonate alla furia degli elementi la custodiscono gelosamente, permettendo a nessuno, nemmeno al dio del mare, di infastidirla con la propria, vana, presenza.

Laggiù, sulla sabbia chiara, non si scorgono tracce di passaggi, umani o animali; quasi che il divieto espresso di raggiungerla, a piedi o in macchina, venga accettato come regola sacra e inviolabile perfino dai leoni e dagli elefanti marini.


Come un sogno impalpabile, come un ricordo antico, la si può solo ammirare da lontano, da un piccolo promontorio alberato e solitario.

E.M., Big Sur