Ci sono luoghi che, a osservarli
senza troppa attenzione, rivelano di sé solo il poco che vale alla definizione
di “incanto”.
Cittadine balneari dai
profili frastagliati, paesini di montagna traboccanti di animali scolpiti e di
legno rustico, foreste depositarie di mille voci e mille sussurri affollano
quella categoria.
Eppure, uno sguardo più attento
è capace di raccontare una diversa versione dei fatti, è capace di nascondere
una storia diversa.
E così, d’improvviso, le
stradine pittoresche, racchiuse tra due ali di casette variopinte, perdono l’aria
svagata, da pescatore stanco, per assumerne una più fosca, stranamente cattiva;
le imbarcazioni attraccate nel piccolo molo nascondono traffici illeciti e gli
abitanti, da un momento all’altro, come colpiti da un castigo divino, si
dimenticano di compiere gesti automatici benché vitali.
Altrove, invece, le torte
lasciate a raffreddare sui davanzali dipinti di scuro delle baite e degli
chalet spariscono misteriosamente; i comignoli rilasciano fumo più nero del
solito e la neve, presenza solitamente innocua, si trasforma in un nemico da
abbattere il più in fretta possibile.
Sul limitare del bosco,
infine, lungo la linea invisibile che divide il giorno dalla notte, la luce dal
buio, a volte può capitare che una ragazza e un bambino, in giro a catturare i
raggi piacevoli del sole di fine marzo, a una svolta imprevista, dietro una
curva sospetta, facciano perdere le proprie tracce, precipitando famiglie e
concittadini in un incubo nero.
I loro visi sorridenti,
sorpresi in un attimo di pausa tra un gioco e l’altro, tra un’attività e
l’altra, adesso seguono le mosse e le vite di quanti si siano lasciati,
involontariamente, alle spalle.
Dalla bacheca degli annunci
urgenti della caffetteria locale fissano il vuoto davanti a sé con espressione
fiduciosa, mentre nell’ufficio dello sceriffo, probabilmente, genitori e
fratelli, zii e cugini si affannano a cercare ragioni, a trovare indizi.
Sospetto e disperazione,
allora, si insinuano lentamente e inesorabilmente in quelle menti e in quegli
animi che, oramai, non sanno più come fidarsi gli uni degli altri, non sanno
più come reagire ai capitomboli della sorte, attenti a cogliere un minimo
accenno di colpevolezza nell’intonazione della voce di chi sta loro davanti,
attenti a rilevare un sintomo di cattiva coscienza nelle movenze dei corpi di
chi sta loro intorno.
Da qualche parte, intanto, in
uno spazio bianco privo di entrate e di uscite, di porte e di finestre, si
trovano la ragazza, la giovane baby-sitter dai capelli lunghi e dai denti
perfetti, e il bambino, un esserino biondo e diafano, poco più che duenne, in
attesa di una mano amica, di una presa salda.
E.M., Santa Monica
