mercoledì 26 marzo 2014

Notizie da Lilliput 189: Senza traccia

Ci sono luoghi che, a osservarli senza troppa attenzione, rivelano di sé solo il poco che vale alla definizione di “incanto”.

Cittadine balneari dai profili frastagliati, paesini di montagna traboccanti di animali scolpiti e di legno rustico, foreste depositarie di mille voci e mille sussurri affollano quella categoria.

Eppure, uno sguardo più attento è capace di raccontare una diversa versione dei fatti, è capace di nascondere una storia diversa.

E così, d’improvviso, le stradine pittoresche, racchiuse tra due ali di casette variopinte, perdono l’aria svagata, da pescatore stanco, per assumerne una più fosca, stranamente cattiva; le imbarcazioni attraccate nel piccolo molo nascondono traffici illeciti e gli abitanti, da un momento all’altro, come colpiti da un castigo divino, si dimenticano di compiere gesti automatici benché vitali.

Altrove, invece, le torte lasciate a raffreddare sui davanzali dipinti di scuro delle baite e degli chalet spariscono misteriosamente; i comignoli rilasciano fumo più nero del solito e la neve, presenza solitamente innocua, si trasforma in un nemico da abbattere il più in fretta possibile.
Sul limitare del bosco, infine, lungo la linea invisibile che divide il giorno dalla notte, la luce dal buio, a volte può capitare che una ragazza e un bambino, in giro a catturare i raggi piacevoli del sole di fine marzo, a una svolta imprevista, dietro una curva sospetta, facciano perdere le proprie tracce, precipitando famiglie e concittadini in un incubo nero.

I loro visi sorridenti, sorpresi in un attimo di pausa tra un gioco e l’altro, tra un’attività e l’altra, adesso seguono le mosse e le vite di quanti si siano lasciati, involontariamente, alle spalle.

Dalla bacheca degli annunci urgenti della caffetteria locale fissano il vuoto davanti a sé con espressione fiduciosa, mentre nell’ufficio dello sceriffo, probabilmente, genitori e fratelli, zii e cugini si affannano a cercare ragioni, a trovare indizi.

Sospetto e disperazione, allora, si insinuano lentamente e inesorabilmente in quelle menti e in quegli animi che, oramai, non sanno più come fidarsi gli uni degli altri, non sanno più come reagire ai capitomboli della sorte, attenti a cogliere un minimo accenno di colpevolezza nell’intonazione della voce di chi sta loro davanti, attenti a rilevare un sintomo di cattiva coscienza nelle movenze dei corpi di chi sta loro intorno.


Da qualche parte, intanto, in uno spazio bianco privo di entrate e di uscite, di porte e di finestre, si trovano la ragazza, la giovane baby-sitter dai capelli lunghi e dai denti perfetti, e il bambino, un esserino biondo e diafano, poco più che duenne, in attesa di una mano amica, di una presa salda.

E.M., Santa Monica