Non è sempre agevole, la vita
di chi narra storie.
Poco importa che il materiale
da raccontarsi sia destinato alla carta o al grande e al piccolo schermo.
A volte, più spesso di quanto
si desidererebbe, a sentire i diretti interessati, il tema sfugge o è del tutto
assente.
O non è di facile
lavorazione: troppo complesso, troppo scabroso, troppo vago.
Altre volte, invece, si
incappa in una sovrabbondanza di possibilità e, letteralmente paralizzati, non
si sa come procedere, non si sa cosa scegliere, non si sa a quale soggetto
accordare la propria attenzione.
Capita, per esempio, che un affabulatore
di Toronto, in difficoltà a causa dell’argomento del suo riferire, si ritrovi
all’improvviso a dover cambiare prospettiva, abbandonando il progetto
originario a vantaggio di un’idea diversa, di un’idea folle, di un’idea che,
infine, lo porterà molto lontano.
Il regista in questione,
tuttavia, deve essere disposto a tradire e a tradirsi, dimenticando il percorso
personale, fatto di ricordi e di domande, che fino a qui l’ha portato, per
imbarcarsi, guidato dal buon senso e da un eccelso consulente, in un viaggio
dalla destinazione ignota.
Rinunciando, momentaneamente,
a indagare la sorte e le ragioni del suo antico assalitore, dell’uomo che, per
motivi razziali, l’ha inseguito e quasi ucciso cinquant’anni prima, il cineasta
accetta di ritornare in Mississippi, a seguire i protagonisti di una vicenda
del tutto eccezionale.
Durante le ricerche per la produzione
del documentario che ha in mente, infatti, l’autore si è imbattuto in una
scoperta sconcertante: in una cittadina del profondo sud degli Stati Uniti, i
liceali coinvolti nel celebre ballo dell’ultimo anno, il prom, sono spietatamente divisi, oggi come ieri, tra bianchi e
neri, incuranti i primi di quanto accade ai secondi.
L’evento, nel loro caso, è
doppio: esiste una serata indiscutibilmente caucasica e ne esiste una
indelebilmente afroamericana. Espressamente richiesta da entrambi i gruppi, perché
così è sempre stato e così, credono, sempre sarà.
La situazione, al contrario,
è destinata a cambiare: per volere della sorte, che ha fatto incontrare l’Uomo
del Nord e questa realtà bizzarra, e per cocciutaggine di un illustre
rappresentante della comunità, che da tempo immemore preme per una rivoluzione
sociale.
I ragazzi, allora, vengono
seguiti, intervistati, bonariamente “spiati” nelle proprie convinzioni, spesso
ingenue come ingenui si è a quell’età, che, lentamente eppure inesorabilmente, subiscono
una trasformazione insperata.
Tentennanti, sospettosi, gli uni e gli altri senza differenza di colore, accettano tuttavia di sottoporsi all’esperimento, acconsentendo a provare, in prima persona, il significato della parola “integrazione”.
Che, lungi dall’essere la
conclusione del film, è, all’opposto, e per tutti, un nuovo, eccitante,
inizio.
E.M., Santa Monica
