domenica 14 ottobre 2012

Notizie da Lilliput 28: (Winter) Wonderland



A dispetto del nome c’è qualcosa di fiammingo, nel Wisconsin. Soprattutto in autunno, soprattutto quando le foglie sugli alberi iniziano a cambiare colore e la luce le anima di tonalità corpose alla maniera di una pennellata a olio. I boschi e le foreste diventano così quinte teatrali, i cui pesanti tendaggi, betulle grigie e spoglie, proteggono abeti e querce secolari che macchiettano il paesaggio delle loro allegre sfumature.

Basta sedersi sulla riva di un lago, preferibilmente vasto, e osservarne la sponda opposta. Fin dove arriva lo sguardo è un susseguirsi ininterrotto di rami, di fronde e di cime apparentemente compatte e impenetrabili, quasi fossero state dipinte singolarmente e poi unite le une alle altre da un tratto scuro e inaccessibile.

A guardar meglio, tuttavia, si scorgono i segni inconfondibili di un’attività febbrile fatta di alci, di picchi e di scoiattoli, che contendono il territorio agli sparuti rappresentanti del genere umano. Questi ultimi, solitamente individuabili a dorso di voluminosi furgoncini o nel ventre caldo e panciuto di case di legno, mal tollerando l’evidente inferiorità numerica, paiono disposti a tutto, caccia compresa, pur di primeggiare.

Volendosi addentrare nel fitto della boscaglia, poi, ci si immerge in un’atmosfera düreriana: a ogni minimo scricchiolio sul terreno si trattiene il fiato, nel timore d’aver disturbato qualche lepre fulva dalle lunghe orecchie pettinate all’indietro con studiata noncuranza, mentre cerbiatti curiosi si spostano agili verso il fitto muro di tronchi, non senza prima aver agitato la delicata coda-piumino e scoccato un’occhiata curiosa all’indirizzo dell’esploratore distratto.

Di quando in quando, lo scuro tutt’intorno è interrotto dalla presenza di una costruzione non troppo grande né eccessivamente indiscreta, a ridosso della quale è fiorito un contorno di vasi di legno larghi come mastelli a contenere piante ornamentali e giocattoli dimenticati da bambini ormai cresciuti, vialetti perfettamente spazzolati e barche ridipinte a mano in quieta attesa del proprio destino.

È d’inverno, tuttavia, che la natura rivela il suo aspetto più segreto e fiabesco: non appena neve e ghiaccio nascondono arbusti, acque e tetti, e le pale iniziano a lavorare freneticamente alla ricerca di un qualche accesso per l’uomo altrimenti rintanato davanti alla stufa, al pari di qualsiasi altro animale ormai in letargo, il candore abbacinante della terra si fonde col bianco riposante del cielo, livellando ogni differenza, annullando ogni imperfezione.

La sensazione, piacevole e spaesante insieme, è quella d’essere confinati in una palla di vetro dalle pareti sfuggenti e scivolose, nella quale rotolare senza sosta verso il basso e di nuovo verso l’alto, in un continuo rovesciamento di prospettive fino alla primavera successiva, fino al prossimo risveglio.

E.M., Long Lake