giovedì 29 novembre 2012

Notizie da Lilliput 46: Storia di un uragano infido, di un irlandese sospetto e di una donna tenace

Questa è la storia di Sandy, una tempesta cattiva, di Paddy, un irlandese senza scrupoli, e di Michelle, una donna tenace.
Questa storia è ambientata a New York, in una mattina qualunque di un ottobre qualunque.

Stanca di nicchiare nel paese degli uragani e dei temporali in attesa della sua grande occasione, un giorno Sandy decide di procacciarsi il suo quarto d’ora di celebrità piombando all’improvviso su New York, approfittando della proverbiale distrazione di quest’ultima, quotidianamente alle prese con set cinematografici, bambini frignanti o crolli di borsa.

Al suo arrivo, centinaia, migliaia di occhi increduli si levano verso il cielo denso di nubi cupe o scrutano l’orizzonte in cerca dell’onda crudele, quella che, abbattendosi sulla costa, provocherà danni inimmaginabili.
Di lì a poco, infatti, un’acqua scura e spietata si riversa per le strade, i vicoli e i cunicoli della città, oltraggiandone il senso civico di rispetto per la natura e ammutolendola del tutto in un buio carico di tensione.

Sandy si insinua ovunque, intrufolandosi nelle case, strappando i dormienti ai propri letti e gli animali ai propri giacigli: i marciapiedi rigurgitano di tavoli, di sedie, di soprammobili, di abiti, che la pioggia si trascina appresso incurante, quasi fossero perline sul suo velo da sposa.

Come nelle fiabe tradizionali, tuttavia, anche qui il peggio passa, lasciandosi dietro cocci di vite e di palazzi, bocche spalancate per la sorpresa e cuori ribollenti di indignazione; l’elettricità viene ripristinata, la gente torna a riempire le strade, l’ordinario si sostituisce allo straordinario.

Eppure, da qualche parte, si vive ancora da naufraghi, in un isolamento freddo e umido, rischiarato solo dalle tante, tantissime candele consumate quotidianamente da Michelle e dai suoi condomini di un palazzo popolare di Rockaway, Queens. Giorno dopo giorno, Michelle e gli altri hanno visto allontanarsi la morte e la devastazione, hanno osservato le luci accendersi, una di seguito all’altra, a ogni finestra di ogni appartamento davanti, dietro e di fianco ai loro, hanno sentito le voci alla radio, hanno esultato all’arrivo dell’acqua calda con cui tutto il vicinato ha potuto finalmente lavarsi.

A niente sono valse le telefonate con cui la donna, un’afroamericana dai fianchi forti e dalla lingua schietta, ha intasato il centralino del sindaco: a casa sua le tubature sputano solo cubetti di ghiaccio; a volte si dorme perfino in garage, in cerca di un’illusione di calore e di conforto.

Intanto il proprietario dell’immobile, Paddy, continua a percepire i soldi dell’affitto settimana dopo settimana, apparendo e scomparendo, con la rapidità del lampo, dalla soglia di ogni abitazione, cieco alle labbra livide per il freddo, sordo ai colpi di tosse frequenti, insensibile alle ondate di freddo polare presenti ovunque.

Michelle e gli altri, perciò, sospettano: sospettano di lui, dell’irlandese la cui religione dovrebbe portarlo a più miti consigli, sospettano del suo amministratore condominiale, costantemente irreperibile, sospettano della municipalità, che di loro si è dimenticata, sospettano di Sandy, che verso di loro si è dimostrata classista.
E aspettano; ancora e chissà per quanto, ancora.

E.M., New York

martedì 27 novembre 2012

Notizie da Lilliput 45: City (High)lights


La guerra si è da poco conclusa: la gente ha tirato sospiri di sollievo, si è abbracciata per strada pur senza conoscersi e, con nuovi pensieri in testa e nel cuore, ha raggiunto il molo di Santa Monica per respirare aria diversa e sgranchirsi le gambe fino allo svenimento nella sua grandissima sala da ballo dalla facciata spagnoleggiante.

Fra qualche mese, in quegli stessi luoghi, su quelle stesse assi, centinaia e centinaia di giovani e di meno giovani si riuniranno per festeggiare il primo Capodanno sereno dopo anni di preoccupazioni e angosce, in attesa che la musica country di Spade Cooley si insinui tra le mura, i soffitti, le porte e le finestre della pista più grande della costa ovest.

Alcuni bambini, particolarmente eccitati all’idea di uscire con i propri genitori, si fermano nelle vicinanze dell’elegante insegna azzurra e bianca che accoglie il passante all’entrata del molo a osservare due ragazzi baciarsi con trasporto. C’è interesse malcelato, nei loro sguardi curiosi, e i fischi che lanciano all’indirizzo della coppia ne sono il segno più immediato e naturale.

Poco distante, all’interno del Palisades Park, la statua lineare di santa Monica vigila con discrezione sulla ritrovata effervescenza dei suoi devoti (e meno devoti) concittadini, sulle loro chiacchiere animate e le risate sentite sotto le palme e affianco alle agavi dell’incantevole passeggiata affacciata sull’oceano.

A guardarla bene, a guardarla a lungo, la pietra chiara scolpita con mano severa, le vesti appena accennate e le mani incrociate sul petto, sembra quasi costringere a un improvviso rigurgito devozionale, a una tardiva presa di coscienza che, tuttavia, non riesce a guastare il clima di generale festosità.

Dall’altra parte della strada, una fila quasi interminabile di luccicanti limousine sosta pazientemente di fronte all’ingresso inconfondibile del Georgian Hotel, la cui facciata turchese protegge le notti da sogno di attrici e di attori dai nomi leggendari.

Oltre la soglia, le sale e le camere arredate secondo i dettami dell’art déco raccontano di mondi altri, sussurrano promesse di vite nuove e di baci sensuali, cantano canzoni fatte di coppe di champagne e di eventi scintillanti, regalando la luna più bella e romantica dell’universo creato.

Stole e piume di struzzo, perle e pellicce, tacchi alti e scarpe di vernice, intanto, ingannano l’attesa del tempo che verrà volteggiando al ritmo forsennato dell’orchestra jazz che si esibisce ogni sera, sul palco avvolto del fumo e dei profumi dell’albergo.

Dalle ampie vetrate, incorniciate di bianco e di nero, entrano i rumori attutiti della sera, troppo presto notte, californiana: le onde lontane sul bagnasciuga, i motori di qualche auto impertinente e le tante, tantissime voci cariche di aspettative e di fiducia per il futuro ormai prossimo.

E.M.

sabato 24 novembre 2012

Notizie da Lilliput 44: Una mela al giorno...


Come molte città americane, anche Santa Monica vanta la sua Main Street. Contrariamente a quanto si potrebbe credere, però, non ha l’aspetto tipico della grande arteria urbana. Sembra invece più la strada principale di un piccolo centro, fatta di due sole corsie sulle quali si affacciano caffetterie radical-chic e bar “bio”, negozietti vintage e palestre alla moda, piccoli musei e biblioteche tascabili.

Percorrendola tutta, a un certo punto ci si imbatte in una striscia di terra coloratissima, recintata lungo i quattro lati: è uno dei giardini comunitari, il primo, il più conosciuto, il più grande.

Frutta e verdura, gerbere e girasoli vengono coltivati pazientemente da volontari col pollice verde che, pur se non sempre accompagnati da garbato gusto estetico, non rinuncerebbero mai all’appuntamento con il “proprio” pezzetto d’orto, utile a scacciare delusioni e pensieri cupi se lavorato con tenacia e dedizione.

E forse è appunto questo l’ingrediente segreto, il misterioso filtro magico che permette al risultato ultimo, nonostante le evidenti pecche di superficie — il caos, l’affastellamento e l’approssimazione — di comunicare allegria e serenità perfino al pedone più distratto, perfino all’automobilista più frettoloso.

Poco più in là, lo spettacolo della natura che si insinua tra il vetro e il cemento prosegue la domenica mattina col Farmers' Market, uno dei tre mercati biologici della città.
Qui, uomini e donne, giovani e vecchi, che durante la settimana hanno riversato preoccupazioni e affanni sulle zolle brune, hanno finalmente la possibilità di incontrare altri uomini e altre donne, altri giovani e altri vecchi interessati, come loro, ai prodotti genuini del sole californiano. 

Dalle 9.30 alle 13, la piazza che ospita l’evento brulica di vita e di salute: neonati in passeggino, coppie di mezz’età in cerca di un pretesto per far pace, nonni ciabattanti a caccia di un momento di pausa dal proprio nipote pestifero si muovono e parlano, gridano e mangiano sotto l’egida, rassicurante, dell’ortaggio sano, del frutto garantito.

A ben guardare, tuttavia, tra i chioschetti chiassosi e affollati di persone e di sapori, vigilano nell’oscurità anche gli occhi attenti del fanatico salutista, del padre di famiglia che, in seguito a un crollo psicofisico, ha deciso di intraprendere una crociata contro il lardo fuso e il burro in padella, trascinando l’intera famiglia con sé.

Moglie e figli, fratelli e nipoti sono stati catapultati, da un momento all’altro, in una spirale fatta di alimenti acquistati esclusivamente al supermercato biologico, di saponi privi di profumazione, di detersivi incolori e tristi che nemmeno in un convento di clausura sarebbero ben accetti.

Fortunatamente, però, domenica è sempre domenica e quindi, tra musicisti di strada e palloncini colorati, ci si può svagare un po’ e sospendere il giudizio sui propri malanni.

E.M.

giovedì 22 novembre 2012

Notizie da Lilliput 43: La grande abbuffata


Il Giorno del Ringraziamento è una questione seria, negli Stati Uniti. È un impegno grande, gravoso, per la vita.
Ne sanno qualcosa Tobey e Daisy, due giovani molto legati all’ambiente gastronomico, che si preparano all’evento con puntualità e precisione.

Di gusto piuttosto classico (peraltro non da tutti condiviso), non gradiscono bizzarre divagazioni ai fornelli: guardano con sospetto i programmi televisivi in cui cuochi di chiara fama propongono ricette innovative da servire a tavola; disprezzano i sapori esotici e lontani. 
Tengono anche all'etichetta, mal sopportando defezioni o cambiamenti dell’ultimo minuto. Il quarto giovedì di novembre, come di consueto, li vedrà riuniti, insieme agli altri commensali, davanti ai piatti colorati e profumati della tradizione.  

Quest’anno toccherà a loro e ai loro coinquilini ospitare la ricorrenza: a nessuno dei due sorride particolarmente l’idea, ma si sa, oggi a me, domani a te. Tanto più che avranno modo di trascorrere qualche ora in piacevole compagnia.

A ben pensarci, infatti, al pari di altre feste importanti come Natale e Capodanno, pure il Giorno del Ringraziamento rischia di far emergere il peggio dalle persone: rivalità, rancori, bugie e inimicizie si sprigionano ovunque, non appena si sia affettata la carne o tagliato il pane. Almeno questo, riflettono Tobey e Daisy, ci verrà risparmiato.

Felici soprattutto di non doversi mettere per strada, nuovo tasto dolente per l’elevato numero di auto presenti sulle grandi e piccole arterie americane, osservano con distacco il fermento e i preparativi tutt’intorno: il lavaggio e la stiratura delle grandi tovaglie di lino, la lucidatura del servizio d’argento, la pulizia approfondita di camere e servizi alla faccia delle lingue invidiose, la scelta certosina degli antipasti e dei contorni da presentare.

Il loro, fondamentale, contributo si limiterà alla cucina, nella quale già da tempo si sono rispolverati i grandi manuali e i ricettari con le copertine cartonate e accattivanti, ricchi di promesse di delizie e di leccornie da intenditori.

Verdure e tuberi fanno bella mostra di sé sul lungo bancone dal ripiano di granito, in attesa d’essere tagliuzzati, bolliti, rosolati; mentre uova, zucche e farina fremono di gioia, al pensiero dei dolci che mani sapienti potranno creare col loro aiuto essenziale.

Nonostante l’eccitazione palpabile, la mattina del gran giorno Tobey e Daisy hanno l’espressione piuttosto abbattuta: hanno appena scoperto d’essere ingrassati oltre misura e temono le chiacchiere cattive degli altri, di quelli che, contrariamente a loro, potranno gustarsi appieno ogni singola pietanza.
Il malumore, fortunatamente, dura poco, dura niente: al momento prestabilito, Tobey e Daisy, tacchini, saranno portati in tavola tra sguardi ammirati, trepidazione malcelata e sospiri di desiderio. 

E.M.

martedì 20 novembre 2012

Notizie da Lilliput 42: Sinfonia di una grande città


New York ha mille suoni. Il suono delle sirene, prima di tutto, che rende spesso difficile il sonno, per esempio a Manhattan. Dove le strade sono percorse, a qualsiasi ora del giorno e della notte, dalle autobotti dei pompieri, dalle vetture della polizia, dalle ambulanze dei diversi ospedali che distolgono da sogni o da incubi, confinando il malcapitato in un limbo di palpebre pesanti e di riflessi rallentati fino al prossimo, sofferto, risveglio.

Macchine e taxi, dal canto loro, arricchiscono quella partitura di frenate improvvise e di improvvise accelerazioni che non mancano di sorprendere perfino il melomane più raffinato, a pochi passi dal Met.

Sgattaiolare sotto terra alla ricerca di un po’ di pace, del resto, non si rivelerà necessariamente un successo: decine e decine di metropolitane interminabili si rincorrono, infatti, nella griglia caotica di stazioni generalmente affollate, tra bambini urlanti e tate isteriche che fanno presto rimpiangere il mondo di sopra.

Si potrebbe forse sperare nell’effetto solitamente calmante dell’acqua: i due fiumi che bagnano la città, invece, l’Hudson e l’East River, contrappuntano le tonalità provenienti dalla terraferma con lo sciabordio delle onde, con i motori dei tanti traghetti che quotidianamente trasportano centinaia di passeggeri da una riva all’altra dei vari distretti, con i garriti dei gabbiani che volteggiano sopra le acque scure.

Non si sottraggono a questa vivacità vibrante nemmeno le chiese, luoghi teoricamente votati al bisbiglio quando non al silenzio meditativo che, al contrario, echeggiano di scatti fotografici e di sollecitazioni sonore dagli idiomi spesso irripetibili.

Le voci sui marciapiedi, nelle piazze, per le vie e tra gli alberi dei parchi compongono melodie polifoniche dai molti accenti, dalle tante sfumature: americani, europei, asiatici, africani si mescolano e rimescolano in un gorgoglio infinito, fatto di esclamazioni, di esitazioni, di certezze e di dubbi sempre nuovi e stimolanti.

Abitanti e turisti, giovani e vecchi sembrano adeguare il proprio ritmo a quello dell’ambiente circostante, trasformandosi in professionisti rampanti a Tribeca, in artisti a caccia di fama nel Village, in spietati uomini d’affari a Wall Street, in sofisticati gaudenti a Midtown, in scrittori raffinati nell’Upper West Side.

Perfino i muri dei palazzi, le scale antincendio e i balconcini di ferro, a volte, suggeriscono parole e note a chi sia in grado di sentirle: Tony e Maria si sono amati proprio qui, separati da parapetti, gradini e bande rivali, mentre più a sud, verso Times Square, Jimmy e Francine, prendendosi e lasciandosi, hanno composto, cantato e reso immortale l’ode alla grande città, quella che, per inciso, non dorme mai.

E.M.