martedì 20 novembre 2012

Notizie da Lilliput 42: Sinfonia di una grande città


New York ha mille suoni. Il suono delle sirene, prima di tutto, che rende spesso difficile il sonno, per esempio a Manhattan. Dove le strade sono percorse, a qualsiasi ora del giorno e della notte, dalle autobotti dei pompieri, dalle vetture della polizia, dalle ambulanze dei diversi ospedali che distolgono da sogni o da incubi, confinando il malcapitato in un limbo di palpebre pesanti e di riflessi rallentati fino al prossimo, sofferto, risveglio.

Macchine e taxi, dal canto loro, arricchiscono quella partitura di frenate improvvise e di improvvise accelerazioni che non mancano di sorprendere perfino il melomane più raffinato, a pochi passi dal Met.

Sgattaiolare sotto terra alla ricerca di un po’ di pace, del resto, non si rivelerà necessariamente un successo: decine e decine di metropolitane interminabili si rincorrono, infatti, nella griglia caotica di stazioni generalmente affollate, tra bambini urlanti e tate isteriche che fanno presto rimpiangere il mondo di sopra.

Si potrebbe forse sperare nell’effetto solitamente calmante dell’acqua: i due fiumi che bagnano la città, invece, l’Hudson e l’East River, contrappuntano le tonalità provenienti dalla terraferma con lo sciabordio delle onde, con i motori dei tanti traghetti che quotidianamente trasportano centinaia di passeggeri da una riva all’altra dei vari distretti, con i garriti dei gabbiani che volteggiano sopra le acque scure.

Non si sottraggono a questa vivacità vibrante nemmeno le chiese, luoghi teoricamente votati al bisbiglio quando non al silenzio meditativo che, al contrario, echeggiano di scatti fotografici e di sollecitazioni sonore dagli idiomi spesso irripetibili.

Le voci sui marciapiedi, nelle piazze, per le vie e tra gli alberi dei parchi compongono melodie polifoniche dai molti accenti, dalle tante sfumature: americani, europei, asiatici, africani si mescolano e rimescolano in un gorgoglio infinito, fatto di esclamazioni, di esitazioni, di certezze e di dubbi sempre nuovi e stimolanti.

Abitanti e turisti, giovani e vecchi sembrano adeguare il proprio ritmo a quello dell’ambiente circostante, trasformandosi in professionisti rampanti a Tribeca, in artisti a caccia di fama nel Village, in spietati uomini d’affari a Wall Street, in sofisticati gaudenti a Midtown, in scrittori raffinati nell’Upper West Side.

Perfino i muri dei palazzi, le scale antincendio e i balconcini di ferro, a volte, suggeriscono parole e note a chi sia in grado di sentirle: Tony e Maria si sono amati proprio qui, separati da parapetti, gradini e bande rivali, mentre più a sud, verso Times Square, Jimmy e Francine, prendendosi e lasciandosi, hanno composto, cantato e reso immortale l’ode alla grande città, quella che, per inciso, non dorme mai.

E.M.