New York ha mille suoni. Il suono delle sirene, prima di tutto, che
rende spesso difficile il sonno, per esempio a Manhattan. Dove le strade sono percorse, a qualsiasi ora del giorno
e della notte, dalle autobotti dei pompieri, dalle vetture della polizia, dalle
ambulanze dei diversi ospedali che distolgono da sogni o da incubi, confinando
il malcapitato in un limbo di palpebre pesanti e di riflessi rallentati fino al prossimo,
sofferto, risveglio.
Macchine e taxi, dal
canto loro, arricchiscono quella partitura di frenate improvvise e di improvvise
accelerazioni che non mancano di sorprendere perfino il melomane più raffinato,
a pochi passi dal Met.
Sgattaiolare sotto
terra alla ricerca di un po’ di pace, del resto, non si rivelerà
necessariamente un successo: decine e decine di metropolitane interminabili si
rincorrono, infatti, nella griglia caotica di stazioni generalmente affollate,
tra bambini urlanti e tate isteriche che fanno presto rimpiangere il mondo di
sopra.
Si potrebbe forse
sperare nell’effetto solitamente calmante dell’acqua: i due fiumi che bagnano
la città, invece, l’Hudson e l’East River, contrappuntano le tonalità
provenienti dalla terraferma con lo sciabordio delle onde, con i motori dei
tanti traghetti che quotidianamente trasportano centinaia di passeggeri da una riva
all’altra dei vari distretti, con i garriti dei gabbiani che volteggiano sopra
le acque scure.
Non si sottraggono a
questa vivacità vibrante nemmeno le chiese, luoghi teoricamente votati al
bisbiglio quando non al silenzio meditativo che, al contrario, echeggiano di
scatti fotografici e di sollecitazioni sonore dagli idiomi spesso irripetibili.
Le voci sui
marciapiedi, nelle piazze, per le vie e tra gli alberi dei parchi compongono
melodie polifoniche dai molti accenti, dalle tante sfumature: americani,
europei, asiatici, africani si mescolano e rimescolano in un gorgoglio
infinito, fatto di esclamazioni, di esitazioni, di certezze e di dubbi sempre nuovi e
stimolanti.
Abitanti e turisti,
giovani e vecchi sembrano adeguare il proprio ritmo a quello dell’ambiente
circostante, trasformandosi in professionisti rampanti a Tribeca, in artisti a caccia di fama nel Village, in spietati uomini d’affari a Wall Street, in sofisticati gaudenti a Midtown, in scrittori raffinati nell’Upper West Side.
Perfino i muri dei
palazzi, le scale antincendio e i balconcini di ferro, a volte, suggeriscono
parole e note a chi sia in grado di sentirle: Tony e Maria si sono
amati proprio qui, separati da parapetti, gradini e bande rivali, mentre più a
sud, verso Times Square, Jimmy e Francine, prendendosi e lasciandosi, hanno composto, cantato e reso
immortale l’ode alla grande città, quella che, per inciso, non dorme mai.
E.M.