martedì 6 novembre 2012

Notizie da Lilliput 32: Detour


Le autostrade americane riservano (quasi) sempre delle sorprese. Ma bisogna saper osservare attentamente per cogliere l’attimo e sterzare, fosse anche all’ultimo istante, verso l’uscita giusta, quella che fino al chilometro precedente non sembrava in grado di soddisfare alcuna curiosità. In questo modo, perfino ricorrendo, talvolta a sproposito, al navigatore satellitare, ci si può lasciare incantare da un paesaggio inaspettato, da una meraviglia imprevista.

Ci vogliono abilità e fortuna. Viaggiare a lungo su un rettilineo privo di buche e di intoppi, infatti, rischia di diventare ben presto monotono. Poche le auto da contare, rari gli ingorghi (peraltro disciplinatissimi), scarse le occasioni di sussultare, galvanizzati da un conducente indomito; nemmeno la radio o il lettore MP3 sanno alleviare il senso di piattezza e di uniformità che all’improvviso pervade l’abitacolo ormai troppo stretto per contenere arti rattrappiti e desideri inconfessabili. Una tazza di caffè o una modica quantità di cioccolato, a questo punto, potrebbero rappresentare un piacevole, benché temporaneo, diversivo.

Tutt’intorno, sterminati campi di grano, zucche o carciofi si alternano a sporadici (e incombenti) centri commerciali nei quali perdersi facilmente, attratti dalle offerte sempre uguali delle stesse catene di negozi presenti ovunque in identiche cittadelle dell’acquisto smodato.
Di quando in quando, una casa colonica isolata irrompe nello scenario suggerendo, con i suoi tetti rossi e le sue pareti di legno immacolato, storie raccapriccianti da raccontarsi solo al sicuro del proprio veicolo, con le cinture saldamente allacciate e le portiere ermeticamente chiuse.
Alberghi, motel e anonime cittadine completano il panorama abituale, spingendo il conducente alla ricerca spasmodica di una svolta inattesa, di uno scampolo di novità.

A essere molto fortunati, in casi come questi si sbaglia strada, dopo aver inserito un indirizzo ingannevole sul localizzatore di posizione e aver seguito pedissequamente le istruzioni, erronee, per il suo raggiungimento.

Il procedimento è quanto mai elementare: si abbandona l’arteria di traffico principale, quella, cioè, che si è faticato non poco per imboccare, disperdendo in un attimo ore e ore di giudiziosa guida e di accurata disamina dei cartelli stradali, a vantaggio di una bretella dall’aspetto promiscuo, che subito inebria il viaggiatore con un ammaliante cambiamento di fondale. È ora che gli alberi si fanno più fitti e la vegetazione più lussureggiante, l’asfalto si trasforma in ghiaino o in manto stradale in divenire e i pochi, sparuti elementi di civiltà scompaiono del tutto.

Aguzzando la vista sembra quasi di scorgere animali selvatici abbandonare i soliti nascondigli per dare un’annusata al visitatore insperato, incuriositi dall’aspetto polveroso del suo mezzo di trasporto e probabilmente attratti dalle sue imprecazioni a mezza voce. Eppure è sufficiente voltare la testa di pochi gradi per ricacciare il resto della propria amarezza in fondo alla gola e respirare a pieni polmoni, finalmente ricompensati dell’interminabile tragitto: un lago dalle acque calme e scure, in mezzo al quale sorge un isolotto dall’aspetto intatto e puro, infatti, aspetta solo d’essere riconosciuto e apprezzato per ciò che rappresenta, un’esplosione di libertà, un anelito eterno.

E.M.