giovedì 8 novembre 2012

Notizie da Lilliput 33: Chi va là?


Ellis Island è uno scrigno inesauribile di fantasmi e di storie. Anche solo sfiorarla col battello diretto verso la sorella più spensierata e chiacchierata, Liberty Island, infatti, può scatenare ricordi di vite mai vissute e di sogni mai sognati. Questa poeticità, espressione del distacco emotivo e temporale maturato dal momento della sua chiusura in poi, tuttavia, difficilmente sarà stata percepita da quanti, a caccia di quattro soldi di speranza, si siano imbattuti in lei in un passato non troppo remoto. Le file interminabili per i controlli medici, la paura di non essere accettati, la necessità di garantire una autosufficienza economica iniziale avranno certo rappresentato una soglia difficile da oltrepassarsi.

Allo stesso modo, ipotizzando un futuro senza più 11 di settembre e ricco invece di pace e prosperità per tutti, forse tra qualche centinaio d’anni si guarderà alla dogana odierna e al suo imperscrutabile protocollo con affetto, quando non con partecipata commiserazione. E sorseggiando chissà quale bevanda alla moda, seduti davanti a chissà quale cosmo mozzafiato, se ne studieranno le antiquate usanze, magari visionando qualche bizzarro filmato d’epoca. Dal quale emergerà con evidenza come, in fondo, le severe precauzioni imposte agli aspiranti statunitensi a metà tra il XIX e il XX secolo non fossero poi tanto distanti dalle procedure in vigore oggi, sul finire del dodicesimo anno del terzo millennio, nonostante le loro infinite declinazioni.

Atterrare in uno qualsiasi degli sterminati aeroporti a stelle e strisce, procedere pecorescamente spediti verso i gabbiotti appaiati, straripanti di sentimenti mutevoli nei confronti dello Straniero e di innumerevoli marchingegni e stratagemmi per monitorarne le attività passate, presenti e future, infatti, può diventare un’esperienza estremamente diversa di stagione in stagione, di città in città, di agente in agente.

New York, per esempio, non avrà tempo da perdere in oziose domande e ricerche minute: con uno sbadiglio e un gesto eloquente della mano concederà l’ingresso a quanti lo chiederanno per un giorno, una settimana, un mese. Stanca del proprio ritmo frenetico, non si lascerà intimidire dall’inflessibile etichetta, evitando perfino di ricorrere al controllo della cornea e delle impronte digitali. If I can make it there, I’ll make it anywhere, canticchierà tra sé e sé soddisfatto il viaggiatore, individuando ben presto la propria valigia sul nastro trasportatore e pregustando l’idea di un prossimo volo, magari verso il Midwest dove, tuttavia, non gli verrà necessariamente riservato un uguale trattamento.

Perché Chicago, appunto, fedele alla propria immagine di città perennemente divisa tra giustizia e crimine, le cui specifiche morali e comportamentali troppo spesso si confondono, probabilmente lo accoglierà con espressione accigliata e sospettosa, sulle tracce di un’eventuale falla, di una possibile pecca. Sotto la cruda luce di una lampada immaginaria ma efficace, lo sottoporrà a un durissimo terzo grado, sfiancandolo fino alla nausea con poche domande ripetute all’infinito, accelerando in tal modo il processo di rimozione degli antichi fasti newyorchesi.

Solo una nuova tratta, una nuova avventura saprà riportare il sorriso sul volto provato del malcapitato turista che, a tal fine, si sarà coraggiosamente deciso per un prosieguo verso ovest, alla volta della California. Qua, complici il clima piacevole e la simpatica rilassatezza degli abitanti, avrà modo di riconciliarsi con le autorità doganali che, chiacchierando spensieratamente con lui, sbirceranno rapidamente sul suo passaporto, prima di augurargli un indimenticabile soggiorno tra agrumi, sole e mare.

E.M.