Casinò e alberghi, a Atlantic City, sembrano tutti uguali.
Tutti luccicanti, invitanti, promettenti; di fuori e di dentro.
Allineati lungo (o a
ridosso) del Boardwalk, insinuano i
loro tentacoli in ogni direzione, a caccia di clienti, ospiti o semplici
visitatori incuriositi dalle tante storie che si raccontano sulle vincite
straordinarie o sulle straordinarie capitolazioni di fronte alle loro slot
machine, ai loro tavoli verdi perfettamente spolverati.
Alti e imponenti,
all’interno propongono una selezionata scelta di articoli in vendita,
generalmente in boutique di lusso, le cui commesse, pronte a catturare con voci
suadenti e maniere cerimoniose chiunque faccia capolino sulla soglia, vestono
sobriamente di scuro, limitando allo stretto necessario l’ostentazione di
gioielli e accessori.
Nei labirintici
corridoi, percorsi quotidianamente da truppe di cameriere agguerrite e
sbrigative, occhieggiano porte intonate ai colori delle pareti, che si aprono
su camere spaziose, zeppe di letti matrimoniali confortevoli e comode poltrone
sulle quali sedersi a ripassare le diverse strategie di gioco da proporre, dopo
cena, al croupier di turno, il prossimo “migliore amico” da ingraziarsi per una
sera, un giorno, una settimana.
Nelle cucine, squadriglie
di cuochi, aiuti e sguatteri si producono in intingoli e manicaretti capaci di
sciogliere anche gli stomaci più duri, affettando, spadellando, decorando,
sbollentando fino al momento di presentare le proprie, invitanti, creazioni a
file pazienti e interminabili di fedeli avventori, in pausa forzata tra una
partita e l’altra.
Oltre il tintinnio di
stoviglie e il cicaleccio di voci concitate nell’ampia sala da pranzo, si stende,
uniforme, il suono delle tante sorti riunite intorno ai dadi, alle carte, alle
leve cui affidare di volta in volta nevrosi, risparmi, speranze. Poche parole,
qualche rito scaramantico e molte imprecazioni, di solito biascicate, fanno da
colonna sonora all’azzardo, al tentativo di inscatolare il fato.
Di quando in quando, da
gole e pance di giocatori appena sfiorati dalla fortuna, si levano gridolini timidi
o ululati compiaciuti, mentre occhi e orecchie invidiosi seguono da lontano,
con finto distacco.
Uomini e donne con le
fiches nel cuore si muovono, quasi in
trance, di postazione in postazione, chi accelerando il passo verso il
supplizio successivo, chi rallentandolo al massimo nel tentativo di assaporare
ogni singolo secondo di questa piacevole agonia.
Fuori, intanto, le
luci della città che sa vivere anche senza i suoi ritrovi di biscazzieri
incalliti, si accendono, si spengono e si accendono di nuovo sui tanti
quartieri sordi alle aspettative di certi turisti interessati solo al denaro e
sulla lunghissima passeggiata di assi di legno che forse, talvolta, ospita i
fantasmi dei gangster di tanto tempo fa, curiosi del destino toccato a queste
case, questa gente, questi luoghi.
E.M.
E.M.