A Ojai la gente sorride e sembra sempre contenta.
A Ojai le arterie del centro, non troppo larghe eppure spaziose,
accolgono il visitatore con tale trasporto da ingegnarsi nel tentativo, a volte
inutile, di trattenerlo.
A Ojai gli abitanti, pochi, appena qualche migliaio, popolano rumorosamente
e allegramente le strade e i tanti, pittoreschi, negozi ostili alla grande
distribuzione.
A Ojai le merci dei supermercati, esposte con consumata perizia su
scaffalature di legno lustro e quasi profumato, attentano puntualmente la vista
e gli altri quattro sensi con le loro etichette invitanti dai colori chiassosi.
A Ojai, da Los Angeles, si
arriva dopo una piacevole passeggiata in auto attraverso campi coltivati
ordinatamente a ortaggi variopinti e improvvisi cambiamenti di paesaggio e di prospettiva, guizzi di boscaglia e lampi di case, sparute, nel verde.
A Ojai si viene per respirare aria pulita, per immergersi nella calma
e nella serenità tipiche di un piccolo borgo dai sani principi
fisiologico-ambientali e per mangiare correttamente. Frutta e verdura scoppiano
di salute e significano benessere assicurato per chiunque voglia assaggiarle.
Che qui non ci si fida delle innumerevoli catene di prodotti dalla dubbia
qualità e dalla ancor più dubbia origine, così popolari, invece, nel resto del
paese.
A Ojai, in fondo, si può anche venire a caccia di personalità, più o
meno famose, più o meno riconoscibili, più o meno memorabili. Seminascosti
sotto occhiali da sole formato gigante, o seminudi in bella mostra tra le
vetrine che ospitano manufatti originali, gioielli folk o abiti vintage, se ne
vanno sotto i portici della strada principale attori e attrici, sceneggiatori e
registi, produttori e costumisti.
A Ojai, volendoli avvicinare o perlomeno studiare da meno lontano, li
si segua pure fino alla meta ultima di questo loro viaggio, fino al motivo reale
di questa loro presenza in città: l’immenso albergo alle porte del centro
abitato, ritrovo abituale di losangelini facoltosi che vogliano spezzare il
frenetico avvicendarsi di giorni e notti e mesi e anni tra i grattacieli della
metropoli.
D’un tratto ci si ritroverà a
sgusciare furtivi oltre l’immenso campo da golf, a strisciare lungo i bungalow
bianchi del bianco abbacinante che riflette i mille raggi del sole
californiano, a superare la piscina con il suo contorno di ospiti discreti e di
animali liberi e incuranti dello straniero, a giungere in vista del padiglione
dedicato alla sauna e alla cura del corpo, per poi incrociare, fortuitamente,
una vecchia gloria della televisione alle prese con una nuova piega della
propria esistenza, con un giovane accompagnatore aitante e con un asciugamano
mollemente stretto intorno alla vita: a Ojai.
E.M.



