martedì 21 maggio 2013

Notizie da Lilliput 111: Scende la pioggia


Le mattine di pioggia sottile, a New York, portano nell’aria voci e suggestioni lontane. In simili occasioni, il Meatpacking District, gravido di nostalgie toccanti e di sogni incompiuti, riluce di desiderio e di passioni, presenze discrete in quest’angolo di città.

Le gocce d’acqua impalpabile, ispirate dall’atmosfera evocativa tutt’intorno, danno forma a esseri immaginari dalle molte vite e dalle infinite possibilità, colti in gesti consueti, in attimi sospesi.

Figure di marinai in pantaloni di tela e sagome filiformi impreziosite di perle e piume vegliano pazienti nel buio dei vicoli stretti, odorosi di muffa e di terra bagnata, in attesa di raccontare la propria storia, struggente come i ricordi d’infanzia, perfetta come una foto d’altri tempi.

Costruzioni alte e basse, grandi e piccole, in mattoni e in muratura, si alternano armoniose, rivelandosi all’occhio avido del passante come quinte teatrali o set cinematografici all’aperto, in cui involontarie comparse agitano, frenetiche, brame e pulsioni da un marciapiede all’altro, da una soglia all’altra.

Le strade del quartiere, tutte ugualmente impazienti di tuffarsi nell’Hudson, tutte ugualmente guarnite di eleganti sampietrini, si aprono improvvisamente alla vista, citando maliziosamente i grandi viali parigini o le piazze italiane ricche di cultura e di segreti, luoghi speciali in cui i giorni continuano a prendersi gioco di sé e dei propri accoliti.

Poco oltre si levano ancora le nuvole di fumo scuro e spesso dalle navi e dai battelli, cetacei artificiali ingordi di merci e di turisti, che procedono ansimando su e giù e poi di nuovo su e giù, lentamente percorrendo migliaia di miglia marittime ogni mese, ogni anno.

Il profilo lungo e maestoso dell’High Line, la passeggiata ricavata da un tratto ferroviario  in disuso, ammicca da lontano, promettendo panorami commoventi e emozioni sublimi a quanti accettino di percorrerla, anche per pochi minuti, anche per un breve tratto.

Risalendone gli ampi gradini in ferro scuro, ci si ritrova allora immersi nella nebbia salita inesorabilmente dalle acque sottostanti, a nuotare tra lampi di istantanee in bianco e nero e echi letterari, in un continuo gioco di rimandi e richiami, affascinante e sottile.

Ovunque sembra di scorgere fantasmi di epoche passate sussurrare parole incomprensibili all’orecchio contemporaneo, poco avvezzo al duro lavoro dei primi immigrati europei sbarcati da queste parti, eppure incline a raccoglierne, custodendolo gelosamente, il prezioso lascito.

Le traversine, ancora perfettamente visibili, conducono a scorci metropolitani inaspettati e ipnotici: gli imponenti capannoni industriali, antica sede di macelli e di rivendite di carni, hanno ceduto i propri fascinosi trascorsi a locali alla moda, che offrono fette di torta o bicchieri di prosecco.

Nascosti nell’ombra, intanto, gli abitanti di un tempo, fantasmi di ebrei, di italiani, osservano infastiditi i nuovi coloni, rei d’aver sottratto loro la bellezza e la vita, in nome del progresso e del cambiamento.

E.M.

venerdì 17 maggio 2013

Notizie da Lilliput 110: Il meraviglioso mondo di Lower Manhattan


Le strade lunghe e diritte di Manhattan, così lunghe e diritte da rendere oggettivamente difficile ogni tentativo di perdervisi dentro, all’improvviso si fanno altro, trasformando l’ordinato panorama urbano della zona settentrionale e centrale dell’isola in una miriade caotica di vicoli e vicoletti dall’aspetto fiabesco e dai nomi bizzarri.

I freddi numeri, Settima Avenue, Terza Strada, qua diventano Duane Street e Reade Street, Charles Street e Great Jones Street. Gli spazi apparentemente sterminati di corsie e di carreggiate si rimpiccioliscono fino a diventare percorsi pedonali, mulattiere di città.

La pavimentazione, asfalto scuro sferzato dalle ruote dei taxi e delle limousine, cede ora il posto a sampietrini di accento europeo, spesso uniti gli uni agli altri da ciuffetti di erba miracolosamente verde, che rendono meno agevole la camminata, ma restituiscono all’ambiente un’inconfondibile nota calda, da villaggio bretone. O da borgata romana.

Camminarci sopra, disdegnando i pur comodi marciapiedi, è un godimento che si ammanta di gioie passate, di echi lontani: il rumore schioccante delle scarpe richiama lo scalpiccio di carrozze e di ferri di cavallo, mentre l’atmosfera tutt’intorno ricorda certi castelli o villaggi medievali, inaspettatamente pregni di melodie jazz o di canti blues.

Le folle scalpitanti di turisti qua passano di rado, preferendo alla calma certosina di questi luoghi il caos e il vociare frenetico dei quartieri più conosciuti e più commerciali.

Perfino gli animali domestici, in prevalenza cani al guinzaglio, hanno un’aria compunta, assorta: procedono per il tragitto abituale immersi in un mondo fatto di caffetterie radical chic e di ex capannoni industriali, di passeggiate lungo il fiume e di spazi immolati alla creatività, in cui attori famosi e registi indimenticati si confondono con i muri grigi e i balconcini di ferro battuto.

Gli alti grattacieli, tutti vetri e alluminio abbacinante, non riflettono più l’azzurro del cielo e l’oro del sole: le loro dimensioni vertiginose sono state rimpiazzate da eleganti case a schiera, i cui mattoni rossi si abbracciano alle volute scure dell’edera e ai profili bianchi delle finestre e dei portoni.

Elementi liberty e guizzi ottocenteschi fanno capolino agli angoli delle strade, mollemente coccolati da insegne di gallerie d’arte e di negozi biologici, da soglie di marmo immacolato e di legno antico.

Le campane della vicina chiesa anglicana battono le ore: suggeriscono, a chi le voglia ascoltare, che è giunto il tempo di fermarsi a ammirare la bellezza della metropoli dalle membra infinite, dei suoi mille occhi e delle sue tante anime. Con voce monotona e paziente, giorno dopo giorno, anno dopo anno, cantano che è giunto il tempo di respirare il suo prezioso ossigeno, di assorbire la sua sottile frivolezza, di vivere la sua irraggiungibile eternità.

E.M.

martedì 7 maggio 2013

Notizie da Lilliput 109: La vita segreta di una casa americana


A Santa Monica, lungo la 14° Strada poco prima dell’incrocio con Montana Avenue, si trova un posto incantato. Una semplice staccionata bianca lo protegge dal resto del mondo, assicurando le sue poche villette di legno chiaro a una dimensione priva di limiti spaziali e di riferimenti temporali, in cui nemmeno gli uccelli osano avventurarsi per paura di violarne l’indiscussa sacralità.

Un vialetto di nudo cemento si inoltra nel complesso, dividendo simmetricamente le costruzioni e il prato verde, che ospita fiori e piante dall’aspetto sano e rigoglioso.
Nere cassette della posta, affacciate su deliziosi ingressi dal sapore antico, attendono pazienti missive e messaggi di amanti perduti, di incontri dimenticati.

Qui nessuno esce e nessuno entra; le luci non sembrano accendersi né la radio sintonizzarsi su alcun canale. A conferma della particolarità del luogo, nessun essere vivente si vede mai oltrepassare il cancelletto d’ingresso.

Tutt’intorno, il resto degli elementi, architettonici e naturali, riconoscendone l’indiscussa e misteriosa bellezza, quasi si inchina al suo cospetto, rivelandone con timore reverenziale i tratti eleganti e l’aspetto generoso.

A pochi passi da un simile manifestarsi, un arco di foglie e rami si erge compito sul marciapiede, drappeggio ideale allo spettacolo delle case e del loro ventre nascosto, gravido di storie e di segreti.

Una nebbia sottile si leva oltre i comignoli squadrati, permeando di sé i tetti e le soglie, i davanzali e i patii: suoi lembi sfilacciati si posano leggeri sui vetri delle finestre, appannandone ulteriormente la già difficile visuale.

Passanti frettolosi consumano in poche, decise falcate la distanza che li divide dal centro dell’azione, dalla vita frenetica delle caffetterie gremite e delle boutique rinomate che ignorano la magia di quell’angolo di città a loro così vicino.

Gli occhi grifagni, attratti dal cellulare vivo nelle mani, o dai semafori generosi nei loro confronti, passano indifferenti sui profili delle costruzioni, liquidandone i graziosi tratti con aria di sufficiente meschinità.

Le villette, tuttavia, sopportano e tacciono, certe della propria raffinatezza e della propria meraviglia.
Sanno fin troppo bene della trascuratezza di chi cammina loro accanto, delle distrazioni e delle piccinerie quotidiane di chi le snobba con fare saccente.


Mentre loro, le case imperscrutabili, le case fatate, ridono segretamente di tanta boria e di tanta superficialità, capaci solo di solleticare una vena gioiosa di sotterranea malizia. 

E.M.

Chi era Giulio Andreotti: libri ed eBook per saperne di più

Giulio Andreotti è stato uno dei più importanti politici italiani del dopoguerra. Per sette volte presidente del Consiglio, ha attraversato come nessun altro settantanni della storia d’Italia, sempre ai posti di comando, con arguta e graffiante intelligenza. 

Fu un uomo ironico e dalla battuta pronta; un politico abile e influente, più volte e da più parti accusato di essere in odore di mafia. Diamo uno sguardo ai libri che ci possono aiutare a conoscerlo meglio.

Il potere logora ma è meglio non perderlo
Per chi vuole conoscere il lato ironico e divertente di Giulio Andreotti può leggere Il potere logora: ma è meglio non perderlo. Si tratta di ironica autobiografia in pillole, che raccoglie (stando alle sue parole) "le osservazioni, i rilievi, e gli indirizzi che hanno via via costituito la mia risposta o la mia reazione dinanzi a fatti, indirizzi, persone con cui mi trovavo a confrontarmi". Aforismi, giudizi e battute che ci raccontano in maniera unica l'uomo che per quasi un secolo ha incarnato, nel bene e nel male, lo spirito italiano.



L'innocenza di Giulio: Andreotti e la mafia
Un taglio più serio ha invece il saggio di Giulio Cavalli intitolato L'innocenza di Giulio: Andreotti e la mafia. Il libro ripercorre la vicenda Andreotti, indicata come il simbolo di "una storia che parte da lontano, sale su fino agli albori della Repubblica e scivola fino a oggi, alle leggi fatte apposta per fermare i processi e alla prescrizione dei reati". Questo perché in Italia il "prescritto è diventato sinonimo di innocente", come sostenuto nella prefazione Gian Carlo Caselli.

La stragrande maggioranza dei cittadini italiani è convinta che Andreotti sia vittima di una persecuzione che lo ha costretto a un doloroso calvario per l'accanimento giustizialista di un manipolo di manigoldi. Ma la realtà è ben diversa. Giulio Cavalli se ne assume il carico tirando le fila del processo Andreotti con questo libro che mette la verità davanti alla giustizia, perché la verità non va mai in prescrizione.



Andreotti. La vita di un uomo politico, la storia di un'epoca
Per chi è interessato ad una biografia più esaustiva, magari in grado di farci comprendere quanto sia stato importante Giulio Andreotti per l'Italia, in un momento storico alquanto cruciale nel panorama politico del periodo, allora può optare per Andreotti. La vita di un uomo politico, la storia di un'epoca scritto da Massimo Franco.

Si tratta della storia di un personaggio assai speciale, che è stato testimone di due guerre mondiali e di sette papi, ha conosciuta la monarchia, il fascismo, nonché la prima e la seconda Repubblica, ed è stato imputato in sei processi per mafia. Una biografia che ripercorre le due vite: una precedente e una successiva ai clamorosi processi che lo hanno visto imputato per un decennio. 

La storia di "un ex potente, che solo a fatica può definirsi ex, dato che ancora oggi continua a far sentire la propria influenza in Italia; la storia di un pezzo del nostro Novecento, visto attraverso le miserie e la nobiltà della classe dirigente cattolica: nel passaggio traumatico dalle cronache politiche a quelle giudiziarie, si coglie la perdita d'identità non solo di una nomenklatura, ma di un pezzo dell'Italia moderata".


Per saperne di più e conoscere altri libri su Andreotti:
Andreotti il papa nero. Antibiografia del divo Giulio
Ruggero Orfei - Andreotti