Le gocce d’acqua impalpabile, ispirate dall’atmosfera evocativa
tutt’intorno, danno forma a esseri immaginari dalle molte vite e dalle infinite
possibilità, colti in gesti consueti, in attimi sospesi.
Figure di marinai in pantaloni di tela e sagome filiformi
impreziosite di perle e piume vegliano pazienti nel buio dei vicoli
stretti, odorosi di muffa e di terra bagnata, in attesa di raccontare la
propria storia, struggente come i ricordi d’infanzia, perfetta come una foto d’altri
tempi.
Costruzioni alte e basse, grandi e piccole, in mattoni e in muratura,
si alternano armoniose, rivelandosi all’occhio avido del passante come quinte
teatrali o set cinematografici all’aperto, in cui involontarie comparse agitano,
frenetiche, brame e pulsioni da un marciapiede all’altro, da una soglia
all’altra.
Le strade del quartiere, tutte ugualmente impazienti di tuffarsi
nell’Hudson, tutte ugualmente
guarnite di eleganti sampietrini, si aprono improvvisamente alla vista, citando
maliziosamente i grandi viali parigini o le piazze italiane ricche di cultura e
di segreti, luoghi speciali in cui i giorni continuano a prendersi gioco di sé
e dei propri accoliti.
Poco oltre si levano ancora le nuvole di fumo scuro e spesso
dalle navi e dai battelli, cetacei artificiali ingordi di merci e di turisti,
che procedono ansimando su e giù e poi di nuovo su e giù, lentamente
percorrendo migliaia di miglia marittime ogni mese, ogni anno.
Il profilo lungo e maestoso dell’High Line, la passeggiata ricavata da un tratto ferroviario in disuso, ammicca da lontano, promettendo panorami commoventi e emozioni
sublimi a quanti accettino di percorrerla, anche per pochi minuti, anche per un
breve tratto.
Risalendone gli ampi gradini in ferro scuro, ci si ritrova allora
immersi nella nebbia salita inesorabilmente dalle acque sottostanti, a nuotare
tra lampi di istantanee in bianco e nero e echi letterari, in un continuo gioco
di rimandi e richiami, affascinante e sottile.
Ovunque sembra di scorgere fantasmi di epoche passate sussurrare
parole incomprensibili all’orecchio contemporaneo, poco avvezzo al duro lavoro
dei primi immigrati europei sbarcati da queste parti, eppure incline a
raccoglierne, custodendolo gelosamente, il prezioso lascito.
Le traversine, ancora perfettamente visibili, conducono a scorci
metropolitani inaspettati e ipnotici: gli imponenti capannoni industriali,
antica sede di macelli e di rivendite di carni, hanno ceduto i propri fascinosi
trascorsi a locali alla moda, che offrono fette di torta o bicchieri di
prosecco.
Nascosti nell’ombra, intanto, gli abitanti di un tempo, fantasmi
di ebrei, di italiani, osservano infastiditi i nuovi coloni, rei d’aver sottratto
loro la bellezza e la vita, in nome del progresso e del cambiamento.
E.M.