Il tratto di Santa Monica che si estende a nord di Montana Avenue rivela un respiro ancora
più ampio di quello nascosto tra i vialetti e le persiane dei quartieri più meridionali
della città.
Questo respiro ha il
sapore della migliore tradizione hollywoodiana, fatta di giardini impeccabili e
di marmi lustri, di magioni dai colori sudisti e di vite dai profumi fruttati.
Questo respiro si
nutre di gelsomini notturni mollemente adagiati su palizzate bianche; cresce
con ampie vetrate incorniciate di azzurro intenso o di rosa antico; si
fortifica con alberi secolari; domina, infine, incontrastato, con l’erba tenera
dei prati e lo sguardo cupo dell’oceano in lontananza.
I nomi dei viali
perdono la connotazione geografica che li ha contraddistinti fino a pochi metri
prima (California, Idaho), trasformandosi in scampoli
poetici dai richiami più vari: Marguerita
e Georgina, Carlysle e Alta.
Simili direttrici,
ombreggiate da palme longilinee e abbellite dal canto di uccelli invisibili, muovono
dalla costa in direzione orientale, verso Los
Angeles, estendendosi tra la 7° e la 26° Strada, in un reticolo ordinato e
lindo come tanti altri panorami americani.
Qua e là, varianti
locali della Casa Bianca, di aspetto
altrettanto maestoso, ma di dimensioni modeste, accolgono fieramente il (rarissimo)
passante, esibendo con orgoglio il proprio cancello arzigogolato e puntuto,
abituale soglia di passaggio dalla dimensione nota a quella sconosciuta e
misteriosa; mentre abitazioni di spirito più prosaico, tutte linee diritte e
vetro, osservano da lontano, provando un misto di indignazione e di pena.
Difficilmente si
notano elementi di disturbo o dettagli stonati: ovunque sembra regnare,
infatti, una naturale inclinazione all’armonioso e al bello, in cui perfino le
foglie cadute, solitamente pensate ribelli, si reinventano pezzi d’insieme, decorazioni
sui generis.
In qualsiasi momento
della giornata, come si confà ai paesaggi di fiaba, sembra non esserci mai
nessuno: nessun autista alle prese con un parcheggio azzardato, nessun postino
a consegnare giornali e lettere, nessun anziano a passeggio col proprio cane,
nessun gruppetto di adolescenti intente a chiacchierare di chissà che.
Quasi che gli uomini,
al pari delle case, con i loro umori e i loro interni ricchi di storia e di
storie, degli animali e delle piante, da queste parti, rivelassero la tendenza a
preferire una posizione defilata alla chiassosa vitalità caratteristica di
altre aree urbane.
Ecco perché, a volte, ci
si vorrebbe spingere un po’ più addentro, per i patii soleggiati, per i sentieri
protetti da cannicciate e pergole, tra pietre silenziose e piscine olimpioniche, a
toccare, annusare, assaggiare, alla ricerca di una conferma, a caccia di una
rassicurazione: che oltre la mano, il naso, la bocca, esista davvero quello che
ci circonda.