
Guidando lungo il
Sunset Boulevard si attraversano quartieri incantati. Quartieri ricchi,
quartieri eleganti. Quartieri in cui le ville sembrano palazzi e i palazzi
sembrano regge. Quartieri in cui le vetture somigliano a carrozze e i giardini
ricordano campi da golf.
Qua, a volte,
fissando una costruzione posata con noncuranza sul ciglio della strada, si ha
l’impressione d’essere in vista di una cattedrale gotica, o di un castello
medievale, torri, merli e fossato. E l’occhio umano, che spesso fatica a
comprendere tutto in un unico sguardo, di quando in quando avverte la
necessità di chiudersi, per riposare e riprendersi da tanta opulenza.
In soccorso, in
situazioni simili, arriva il Beverly Glen Boulevard, accogliente e rinfrescante
come una pioggia estiva, necessario a lavare la mente dai sogni e dagli
spropositi di grandezza sordamente accumulati finora.
Non che in zona il
panorama viri in direzione di un qualche declino urbano e sociale, al
contrario, lo stile di vita che si indovina oltre le finestre e oltre le porte
discrete di questo angolo di città ha ben poco da invidiare a quello
precedente; piuttosto, anziché esibirsi, pavoneggiandosi dei propri lussi e
delle proprie bellezze, tende a nascondersi, a ritrarsi.
La striscia
d’asfalto, relativamente stretta e apparentemente interminabile, che ne costituisce
l’ossatura, si snoda paziente tra lavori stradali e curve leggere, in uno
scorrere infinito di colline e di verde di piacevole effetto.
Le abitazioni,
generalmente ville e villette monofamiliari e pochi condomini di dimensioni
modeste, spuntano all’improvviso dietro una piega della strada o sotto un
gruppetto di alberi, cogliendo il viaggiatore di sorpresa per poi lasciarlo
senza fiato, stordito e ebbro.
Arbusti e rampicanti
velano gli ingressi e celano le aperture, conferendo al luogo l’aspetto di un
paese fatato, abitato da elfi e da altre creature del bosco.
Perfino i centri
commerciali, onnipresenti nel paesaggio e nell’immaginario collettivo locale, forse
vergognandosi di sé, assumono sembianze diverse, vestendosi sobriamente e
con decoro.
Abbandonati i panni
chiassosi indossati altrove, qua si presentano senza grossi annunci, né musica
assordante. Un piazzale discreto riceve i visitatori, permettendo loro di
parcheggiare la propria vettura per un massimo di due ore.
Minimalista è anche
l’offerta commerciale: un supermercato dalla figura ricercata, pochi negozi
(abbigliamento, accessori e giocattoli per bambini) e tre caffetterie (una sola
delle quali rappresentante di una nota catena del settore), si dividono
equamente lo spazio al riparo di un portico in legno di sapore rétro.
A passeggiare sotto
il quale, o a occuparne le sedie in ferro, sono di regola clienti educati e
composti, avversi ai toni di voce gridati o all’utilizzo maniacale del
cellulare. Quasi a voler rimarcare, una volta di più, la propria distanza da
certi stili e da certa vita.
E.M., Santa Monica