domenica 8 dicembre 2013

Notizie da Lilliput 151: Beach Blanket Big Sur

A percorrerla con attenzione, la lunga strada che da Los Angeles porta a San Francisco, regala, non di rado, sorprese inimmaginabili.

Difficilmente congestionata dal traffico locale, la striscia d’asfalto si snoda tra promontori affilati e colline dolci, tra alte maree e lagune improvvisate.

Ogni tanto una spruzzata di case coloniche a indicare un centro abitato, talvolta con una popolazione di appena diciotto abitanti, presumibilmente fratelli, cugini e cognati gli uni degli altri; i secondi diventano minuti che diventano ore.

Si avverte allora la necessità di uno stacco, per una passeggiata, per una boccata d’aria al di fuori dell’abitacolo. In queste occasioni, a cercarle con giudizio, si scoprono nicchie di natura incontaminata e bellissima.

Può capitare, per esempio, di giungere in vista della regione di Big Sur, dove, tra curve e tornanti, si confondono alcuni degli angoli più suggestivi dell’intera costa californiana.

Inutile, in zona, armarsi di cartine geografiche e guide turistiche: affidarsi al caso, o al proprio intuito, infatti, sembra essere la scelta più appagante.

E tralasciando gli immensi parchi statali, meta prediletta di viaggiatori di tutte le età, si può invece andare alla ricerca di una caletta solitaria, dedicata alla Julia Pfeiffer di cui le pietre e i ruscelli, qua, parlano.

La stradina che lì porta compare all’improvviso, facilmente mimetizzandosi con la vegetazione circostante. Che solo un occhio particolarmente attento, o una generosa dose di fortuna, riesce a individuare.

Il percorso così iniziato, su un sentiero di terra battuta capace di ospitare appena una macchina alla volta, si insinua nel fitto di un bosco sempreverde che, in prossimità della meta, si fa incanto suggestivo, foresta pietrificata: gli alberi, qua spogli e piegati dal vento costante, sembrano proiettarsi gli uni verso gli altri, alla ricerca di un abbraccio caldo che li protegga, almeno parzialmente, dal freddo autunnale.

Poco prima di raggiungere la spiaggia, un torrentello bizzoso si apre un varco fino a una pozza larga, quasi un minuscolo lago, volto felicemente all’oceano non troppo lontano.

L’immensa distesa di sabbia, cupa sotto un cielo carico di nuvole, accoglie ora una troupe cinematografica insensibile al rigore atmosferico, che procede caparbiamente nella messa in opera del proprio, misterioso, progetto.

Rocce alte e scure, corpulenti cetacei battuti dai flutti, rivelano aperture nascoste, passaggi segreti.
Che una fiaba gotica, o un film noir, saprebbero, certamente, esaltare.

E.M., Big Sur

sabato 7 dicembre 2013

Notizie da Lilliput 150: Sweet Sunday

Le domeniche pomeriggio di metà autunno possono essere particolarmente monotone, a Salinas.

Perfino l’ufficio del cacciatore di taglie, che accoglie il viaggiatore al suo ingresso in città, sembra riposare di un riposo tormentato quanto un personaggio da romanzo realista.

Le strade, vuote e desolate, risuonano esclusivamente dei passi dei pochi coraggiosi che, sfidando i primi rigori novembrini e battendo i piedi sull’asfalto per questo freddo improvviso, si affrettano verso il museo dedicato a John Steinbeck, scrittore.

I palazzi che lo circondano, esemplare unico di architettura contemporanea, conservano il sapore delle storie di un tempo, quelle in cui i piccoli proprietari terrieri, impoveritisi inaspettatamente, attraversavano gli Stati Uniti, carichi di figli e masserizie, in cerca di sole e lavoro.

Costruzioni basse, archi a volta e vetri policromi decorano orgogliosamente i larghi viali silenziosi, mentre un’antica insegna della FOX, algida e altezzosa, occhieggia nella distanza.

Quasi che un ciclone avesse spazzato via la vita, raramente si scorge la sagoma di un altro essere umano attraversare di nascosto un incrocio per poi sparire all’interno di un bar.

I locali dedicati al cittadino più illustre, carichi di aneddoti e memorie, di istantanee e fotogrammi, sembrano immensamente più grandi di quanto in realtà non siano: a parte il personale, infatti, la struttura non ospita che una coppia di turisti intirizziti.

Dalla prima infanzia all’età adulta, le pareti riportano fedelmente la parabola entusiasmante dell’uomo che, caparbiamente, ha dedicato la propria carriera ai volti umili, ai personaggi buffi e teneri, dolenti e affascinanti, incontrati giorno dopo giorno dopo giorno.

Il tempo, tra una citazione dotta e un richiamo letterario, sembra congelarsi indefinitamente.

Le sale, una dentro l’altra, una di seguito all’altra, come in un gioco di specchi moltiplicano le passioni, vibrano di indignazione e di poesia, di impegno civile e di calore umano.

Più tardi, abbandonati gli spazi espositivi, la città sembra risplendere di una luce diversa: gli occhi, abituatisi alle immagini, semplici e evocative insieme, ammirate all’interno del museo, osservano ora una nuova dimensione, fatta di racconti passati, di contadini testardi e di lotte per la sopravvivenza.

Mentre i campi tutt’intorno, coltivati a frutta e ortaggi, sussurrano anch’essi parole e segreti.


E.M., Salinas 

venerdì 6 dicembre 2013

Notizie da Lilliput 149: Chiare, fresche e dolci acque

Un tratto anonimo di strada battuta conduce il viaggiatore, curioso di Big Sur e delle sue bellezze, a una delle esperienze più emozionanti che ci si possa immaginare.

Abbandonata con circospezione la tortuosa lingua di asfalto che qui porta, ci si avventura presto nel Julia Pfeiffer Burns State Park, territorio dagli intricati sentieri, talvolta interrotti, e dai molti desideri, ogni tanto avveratisi.

Nel cielo, stranamente, non si scorgono uccelli: quelli predatori, così frequenti a ridosso della costa, sembrano non volersi addentrare nel fitto del bosco; mentre l’aria, solitamente carica di mille e mille suoni, riecheggia unicamente del proprio, solitario, respiro.

Una prima stradina, ombreggiata dalle sagome possenti di sequoie e abeti, richiama invitante il visitatore, promettendo un facile percorso e un felice accesso al tesoro meglio custodito.

Ignari dell’esito finale, e al contempo curiosi di verificarne l’effettiva malia, ci si inoltra perciò in una galleria bassa e buia, che solletica col balenio di una ricompensa adeguata, di una vista spettacolare.

Gli occhi ancora intorpiditi dall’antro buio, e la mente irretita in giochi tortuosi di nascite e morti, di passaggi e trasformazioni, ci si lascia infatti cogliere di sorpresa dall’improvviso apparire di una caletta, dai colori intensi e ipnotici, decine e decine di metri più in basso.

Il sentiero angusto, agevole per una o al massimo due persone, si assume l’incarico gravoso, d’ora in poi, di rivelarne ogni singolo dettaglio, nella maniera più suggestiva possibile.

Che alcune panche, strategicamente posizionate lungo il percorso, facilitano ulteriormente.

Le rocce a picco sull’oceano, verdi e blu e rosse e gialle, a seconda della posizione assunta dallo spettatore e, soprattutto, dagli umori del sole e dell’acqua, regalano una cascatella, stretta stretta e alta alta, quasi una parodia di se stessa, eppure capace di calamitare l’attenzione per un tempo indefinito.

Una grotta e un varco possente tra le pietre abbandonate alla furia degli elementi la custodiscono gelosamente, permettendo a nessuno, nemmeno al dio del mare, di infastidirla con la propria, vana, presenza.

Laggiù, sulla sabbia chiara, non si scorgono tracce di passaggi, umani o animali; quasi che il divieto espresso di raggiungerla, a piedi o in macchina, venga accettato come regola sacra e inviolabile perfino dai leoni e dagli elefanti marini.


Come un sogno impalpabile, come un ricordo antico, la si può solo ammirare da lontano, da un piccolo promontorio alberato e solitario.

E.M., Big Sur

domenica 1 dicembre 2013

Notizie da Lilliput 148: ... We'll All Dance The Hora...

Le cronache concordano nell’affermare che, per la prossima manciata di migliaia di anni, il Giorno del Ringraziamento non coinciderà mai più con Chanukkah. E le fate di Venice, prontamente, sono corse ai ripari.

Nel ventre caldo e accogliente delle loro case, decorate con gusto e pazienza, hanno chiamato a raccolta gli amici intimi, pittori, scrittori, sciamani come loro, invitandoli a celebrare la doppia ricorrenza, stretti intorno ai bracci sacri della Menorah.

In un caos vitale di risa e miagolii, di gambe e zampe, hanno spiegato il significato ultimo delle molte candele, offrendo generosamente a due dei convenuti l’onore della loro accensione. E recitando, di lì a poco, preghiere di amore e prosperità per tutti.

Qualche volenteroso ha intonato il canto dedicato alla festa, di quando in quando perdendosi nella complessa melodia; mentre altri, ispirati dal suo ardore, hanno cominciato a ballare l’Hora in cerchio, seguendo il ritmo cantilenante del musico improvvisato.

Esaurito il rituale, le instancabili padrone di casa hanno quindi accompagnato i propri ospiti nel giardino segreto, ogni giorno più bello e incantato del precedente, alla volta di una piccola costruzione separata dal resto dell’edificio, apparentemente scaturita da un dipinto di Hopper.

Mentre il sole rapidamente si preparava al meritato riposo, i gaudenti si sono avvicendati intorno ai tavoli colmi del cibo invitante della tradizione americana: tacchino e verdure, patate dolci e torta di zucca hanno così saturato le menti e gli stomaci, concedendo loro, tuttavia, di continuare le tante discussioni intrecciatesi chiassosamente fino a quel momento.

La benedizione, recitata dalle fate in un clima festante da gita scolastica, è calata delicatamente sulle donne e sugli uomini ormai sedutisi, mano nella mano e occhi chiusi, a gioire dell’evento tanto partecipato e atteso.

Di lì a poco il corso della serata, congelatosi nell’attimo solenne, è ripreso più vibrante che mai. Le storie personali si sono fatte aneddoti universali, i piccoli fatti della vita si sono trasformati in gesta epiche, i ricordi di un tempo sono trasfigurati in sceneggiature immortali; mentre ognuno contribuiva in base alle proprie possibilità e fortune.


La notte, frattanto, calata all’improvviso, ha continuato ancora a lungo a custodire e proteggere i convenuti e i loro pari che, nella strada solitamente silenziosa, hanno fatto sentire la propria voce allegra, mescolando realtà e finzione, sonno e veglia, in un alternarsi bizzarro e imprevedibile di suoni e rumori, di sospiri e sussurri.

E.M., Santa Monica