sabato 29 settembre 2012

Notizie da Lilliput 23: Le mille e una città



Il fascino di Toronto è simile a quello di un oggetto caro che, a seguito di un incidente, si sia cercato di risistemare nel miglior modo possibile, supplendo alle eventuali mancanze (una scheggia perduta, un braccino inutilizzabile) con un poco di inventiva.

Ricorda anche la bellezza delle rovine su cui muschi, edera e licheni siano tornati a riappropriarsi di quanto loro sottratto in precedenza dalla mano dell’uomo. Benché, nel suo caso, le abitazioni ricoperte di fitta vegetazione, e all’apparenza abbandonate, rivelino, a uno sguardo più attento, l’incontrovertibile traccia di vita ancora vissuta al proprio interno (una tendina inamidata, delle scatole ordinatamente impilate a ridosso di una finestrella triste).

Quest’aria rabberciata, da benevolo Frankenstein, è diventata col tempo uno dei tratti più facilmente riconoscibili della città che, appunto perciò, eppure paradossalmente, subisce la sorte riservata alla persona dai tratti comuni, unica e insieme plurima: camminando per le sue strade, infatti, la sensazione prima e più forte è quella di attraversare quartieri già visti tante e tante volte in decine, centinaia e migliaia di posti diversi.

Non si creda, tuttavia, che la città sia dimentica del proprio aspetto: al contrario, lo cura con pazienza e attenzione, operando ristrutturazioni radicali solo se strettamente necessarie e prediligendo loro, invece, una puntuale affermazione delle rughe, delle crepe, dei segni della Storia.

Un po’ Europa, un po’ America, lo shtetl si trasforma in ammasso di casette da prateria, in file e file di dignitose costruzioni a schiera dalla fisionomia operaia, in palazzi parigini della prima metà del XIX secolo, in chiese fortificate alla moda dei castelli medievali e, più raramente, in grattacieli piuttosto bassi, al limite del nanismo.

Toronto, tuttavia, non ha solo fascino e bellezza: ha anche carattere; un carattere forte e a tratti mutevole come l’architettura che la contraddistingue.

Non ha la solarità degli abitanti della California, né l’affabilità di quelli di New York o di Chicago. Meglio, è capace di tutto ciò, ma preferisce esprimerlo a momenti, a seconda delle circostanze nelle quali si viene a trovare.

Accoglie il visitatore in modo composto e spiccio, senza troppe moine, e tuttavia impeccabilmente, lasciandogli da subito la piacevole sensazione d’essere trattato da pari a pari.

Non ostenta opulenza come spesso capita oltre confine. Sfoggia abiti, i più diversi e bizzarri si possa immaginare, che abbina secondo estro e disposizione d’animo; ai gioielli e agli orologi costosi oppone buffi occhiali da sole e magliettine quasi stazzonate, recuperate dal fondo del cassetto.

Se non avesse un’economia solida, si potrebbe quasi rispolverare l’antica espressione “povertà dignitosa”, applicabile, va da sé,  solo in maniera superficiale. Perché infatti, sotto questa apparente noncuranza e indifferenza, il dollaro canadese regna sovrano (e più forte ancora di quello statunitense).

E forse è appunto questa la grande lezione che si cela dietro ogni balconcino sbilenco e dietro ogni faccia orgogliosamente stravagante: la sicurezza delle proprie radici e delle proprie competenze, capaci di informare di sé, senza troppo scalpore, qualsiasi tratto di vivere quotidiano.  

E.M., Toronto

giovedì 27 settembre 2012

Notizie da Lilliput 22: Una, nessuna e centomila



Toronto è una bella città perché sorprende e stordisce.
Toronto è una bella città che sorprende e stordisce perché quando uno pensa d’averla capita, eccola lì, a dare nuovi segnali e a suggerire cambiamenti di rotta.

Se si è così fortunati da viverla con qualche nuvola bassa, grigia e poco raccomandabile, poi, si è a pochi passi dall’esperienza perfetta. Ovunque ci si giri, infatti, soprattutto lungo l’interminabile Queen Street West, accanto a costruzioni basse e dall’aspetto spesso fatiscente (nelle quali il turista-spettatore preferisce non metter piede, per paura di spezzare l’incantesimo che sente attorno a sé), fanno capolino aperture più o meno larghe, simili a spazi lasciati in bocca da denti mancanti, che le nuvole spesse e cupe riempiono come di ovatta, neanche fossero tamponi cilindrici di cotone filamentoso.

A un occhio più attento, tuttavia, o forse diversamente allenato, quegli stessi spazi richiamano alla mente passaggi stretti in cui infilarsi in cerca di protezione dal malintenzionato di turno: i muri di mattoni rossi ricoperti di edera verde che avvolgono, quasi richiudendoglisi sopra, il fuggiasco, sono da tempo immemore quieti testimoni di loschi traffici e di appuntamenti al buio, mentre le recinzioni sbilenche, che talvolta si alternano alle pareti scrostate, rivelano giardini abbandonati e cancelli di reti metalliche malfermi sui propri cardini.

Proseguendo verso ovest, lungo Bathurst Street, si rafforza la sensazione che, oltre le facciate dei molti palazzi a uno, o al più due piani, si nascondano i componenti della famiglia Addams bizzarramente abbigliati secondo la moda tipica della nuova frontiera americana: gli ambienti che in realtà celano caffetterie minimal-chic o negozietti d’alta moda, infatti, all’esterno richiamano saloon o abitazioni tipiche da Far West. Qualche metro oltre, invece, ci si può credere catapultati tra immigrati polacchi e russi in abiti ottocenteschi raccolti intorno ai diversi centri di culto, rispettivamente cattolico e ortodosso, ma paradossalmente indulgenti verso qualche svago o attività ai limiti del legale.

È incrociando College Street, uno dei cardini della Little Italy locale, tuttavia, che si ha un’altra, inaspettata esperienza: le costruzioni che hanno accompagnato il passante fin qua, e che non a caso sono spesso servite da sfondo per produzioni televisive o cinematografiche ambientate a Brooklyn, nel Bronx o a Philadelphia nelle più diverse epoche storiche, cedono il passo, quasi reverenzialmente, a strade e viali ordinati e lussureggianti, intorno ai quali si stiracchiano eleganti villette (talvolta ville) di legno e muratura, complete di steccati (bianchi) e porticati in tinta con gli infissi alle pareti.

È a questo punto che, per la sorpresa, si strabuzzano gli occhi e ci si massaggia con vigore le palpebre: lo scenario cui si era abituati, fatto di avventori vocianti, studenti universitari alle prese con i bicchieroni di caffè alla vaniglia e maniaci dello shopping, si è infallibilmente trasformato in un panorama di prati tosati il sabato pomeriggio, macchine lustrate la domenica mattina e, nella migliore delle ipotesi, torte lasciate a raffreddare sul davanzale della finestra di cucina, nell’assoluta certezza che il vicino per bene non affonderà le proprie dita nella preziosa, e costosa, farcitura.

E.M., Toronto

martedì 25 settembre 2012

Notizie da Lilliput 21: Stardust Memories



Alla lunga, a guidare sulle interminabili autostrade americane, può capitare anche al conducente più distratto di scovare piccoli miracoli architettonici, inaspettatamente risparmiati dalla polvere del tempo grazie alla sapiente mano di quanti, non potendo vantare un passato più illustre, si ingegnano per conservare al meglio ciò che una manciata di secoli ha ceduto loro in eredità.

A voler giocare il ruolo del solito turista europeo sbruffone, tuttavia, un’eccessiva solerzia rischia, di quando in quando, di deturpare l’innegabile fascino dell’antico, trasformando case, piazze, viottoli e fienili in stravaganti doppioni di set cinematografici.

La tentazione, in questi casi, è di correre a muovere un’imposta, sollevare un mattone, infilare il dito in uno specchio d’acqua, alla frenetica ricerca di una smentita ai propri sospetti, parzialmente confermati, invece, da una rapida occhiata al di là delle pareti di legno blu oltremare o rosso ciliegia, erette a protezione di stanze effettivamente arredate con gusto ottocentesco, ma zeppe di articoli di poco conto in vendita a prezzi esorbitanti.

Il sollievo provato per un istante nel verificare la consistenza reale degli ambienti fino a un momento prima ritenuti scenografie hollywoodiane, perciò, cede ora il posto all’amara constatazione di come, in un certo qual modo, quella scomoda ipotesi non fosse troppo distante dalla sconsolante verità.

A voler essere impietosi, si potrebbe credere che il sistema più conosciuto negli Stati Uniti di strenua difesa delle proprie radici sia una loro veloce riconversione in attrazione commerciale, anziché culturale.

Accanto a istituzioni certamente presenti, come fondazioni e musei, infatti, spuntano e prosperano, soprattutto nei piccoli centri, negozi di caramelle o di antiquariato che, ospitati in antiche dimore bisognose talvolta di una severa ristrutturazione, ne offuscano la bellezza, giustapponendo oggetti spesso di dubbio gusto a dettagli senz’altro più meritevoli d’essere osservati. 

Un acquaio con pompa smaltata della metà del XIX secolo, per esempio, oscurato da una manciata di ceramiche male assortite e peggio impilate o una ripida scala di accesso a un primo piano, possibile scrigno di storie passate, impietosamente occupata da vasi dozzinali e dunque inagibile, non mancheranno di attirare l’attenzione del curioso avvertito. L’incantesimo al quale ci si è tenuti caparbiamente ancorati, nella speranza di scovare qualche autentica traccia di vita da pionieri, a questo punto, si spezza.

A nulla vale, ormai, seguire la pavimentazione accidentata delle stradine di Long Grove (Lake County, Illinois) e contemporaneamente immaginarsi sul sentiero di mattoni gialli che conduce alla Città di Smeraldo (e che quelle pietre ricordano così da vicino), o andare a caccia di insegne di legno cigolanti al vento settembrino: per quanto il centro storico, infatti, si affastelli in maniera quasi medievalmente disordinata intorno a una deliziosa piazzetta completa di ponticello e corso d’acqua, tutto ciò che ci si troverà davanti saranno “autentici pub irlandesi” (in una zona a forte caratterizzazione tedesca) e rivendite di mobili o di paccottiglia per turisti, in grado di restituire solo la sgradevole sensazione di un mondo finto, dal quale cercare una via d’uscita il più rapidamente possibile. 

E.M., Chicago

giovedì 20 settembre 2012

Notizie da Lilliput 20: Quai des brumes




Vivere a Santa Monica dà spesso l’impressione, piacevole e ambigua insieme, d’essere sospesi nel tempo, in cerca di un varco multidimensionale attraverso cui spostarsi dai colori vividi del sole e del mare al bianco e nero più contrastato, e viceversa.

Complici la nebbia che sale d’improvviso, immergendo l’ignaro passante in un’atmosfera stregata dall’aria rarefatta nella quale tutto sembra poter accadere, e alcuni dettagli architettonici innegabilmente legati a un passato di celluloide, ci si ritrova a indossare abiti da cocktail e sbornie da primati, caracollando per la distesa di sabbia che dall’area losangelina accompagna il viaggiatore per un lunghissimo tratto di strada.

Girandosi a scrutare frettolosamente lo spazio dietro di sé, si avrebbe ora la certezza pressoché assoluta di poter individuare occhi nell’ombra, impegnati a registrare fedelmente mosse da riportarsi poi su un taccuino indirizzato a mandanti misteriosi. L’insegna indiscutibilmente rétro del molo e la presenza, talvolta inquietante, dello Hippodrome, il parco di divertimenti a picco sull’oceano, farebbero il resto.

Sarebbe sufficiente curiosare tra le lunghe passerelle di legno a sostegno delle diverse giostre in una mattina di (relativa) calma, lontano da podisti ipercinetici e da bagnanti chiassosi, infatti, per cogliere fino in fondo le brume della Bay City descritta da Chandler: un soffio, forse uno spiffero odoroso di muffa, e ci si ritroverebbe sul dorso di un cavallo di legno, a galoppare su e giù e su e giù in mezzo a mostri e fenomeni da baraccone come solo le leggende ispirate a luoghi simili possono raccontare.

Tutto sarebbe di colpo bianco e nero accecante e sgranato, mentre un tentativo di fuga verso climi meno grevi, sempre che di climi grevi qui si tratti, tuttavia, potrebbe non avere l’esito sperato.

Se ci si fermasse, per esempio, a cercare rifugio in una delle camere vuote del Cabrillo Inn a Santa Barbara, ci si ritroverebbe facilmente intrappolati in un’atmosfera simile, forse appena più moderna, fatta di ballatoi, tetti spioventi, ombrelloni, lettini e terrazze a mare catapultati sul bordo della 101 da un misterioso set cinematografico degli anni ’50, ambientato in una qualche sinistra località di villeggiatura.

L’istinto del viandante suggerirebbe a questo punto un brusco cambiamento di piani, una veloce dipartita alla volta di un’aria più leggera e vivificante, ma l’innegabile fascino esercitato dalle assi su cui La Storia e tante storie si sono avvicendate, costringerebbe piuttosto il turista inebriato e confuso a poggiare il proprio bagaglio nei pressi del tipico letto dalle grandezze stravaganti e a armeggiare intorno all’intramontabile macchinetta da caffè, sistemata con apparente incuria su una scrivania di fortuna a ridosso della carta da parati sbiadita e scollata.

Col calare della notte, che qui scende quasi imprevista mangiandosi i gabbiani, la strada, la spiaggia e l’orizzonte intero, tuttavia, il pensionante, ancora sbalordito della propria decisione di restare, si barricherebbe cautamente in camera, irrequieto al solo ricordo delle attenzioni sospette riservategli dal portiere dalla faccia poco raccomandabile.

Ogni rumore, perfino il vagito di un neonato qualche metro più in là, sarebbe ora motivo di angoscia e ansia, che solo la stanchezza per le troppe emozioni e per il lungo peregrinare saprebbe cancellare o, forse, semplicemente rimandare all’indomani, al cospetto, cioè, di un nuovo giorno colorato di chiaro, pronto a domandare ragione davanti alla porta d’ingresso chiusa ermeticamente, anzi sprangata.

E.M.

martedì 18 settembre 2012

Glo, Mini e Touch: ecco il tris di eReader Kobo


Che la rivoluzione digitale dell'eReading si stia diffondendo anche in Italia è ormai cosa certa. Da quando Amazon è entrata nel mercato italiano, lo scenario editoriale sta notevolmente cambiando, carico come non mai di interessanti novità. A cominciare dalla diffusione degli eReader, i dispositivi di lettura digitale per eBook.


Abbiamo già parlato del nuovo Kindle Classic, e della famiglia di Tablet Kindle Fire, presentati da Amazon la prima settimana di settembre 2012, e già disponibili per il pubblico italiano. E abbiamo anche fatto il punto della situazione sul matrimonio tra Mondadori e Kobo, la "fantastica coppia" che cercherà di farsi valere sul pigro mercato italiano relativo ai libri e all'editoria.

Come già detto, Mondadori ha lanciato il nuovo store online inMondadori (che al momento è ancora in fase beta), mentre Kobo ha presentato al pubblico due nuovi eReader e un Tablet che dovrebbero arrivare a breve anche in Italia.

Kobo family - www.kobo.com


Gli eReader presentati da Kobo (tra l'altro la presentazione è avvenuta lo stesso giorno ma qualche ora prima rispetto a quella di Amazon) sono due: Kobo Glo e Kobo Mini. Che vanno ad aggiungersi al Kobo Touch. Mentre il Tablet targato Kobo si chiama Kobo Arc. Questa, in sintesi, la "famiglia Kobo" che dovrà vedersela con la "Kindle family".


Kobo Mini - design slim - www.kobo.com
Kobo Mini

Battezzato come "il più piccolo eReader sul mercato", il Kobo Mini ha uno schermo Touch da 5'' che funziona con tecnologia e-ink. A differenza di altre case, Kobo sembra puntara molto sulla facilità di trasporto e sulla comodità, in modo da poter offrire al pubblico, anche a quello più giovane, un oggetto funzionale e pratico, ma anche accattivante e di tendenza.

Non a caso "Small is a big deal" è il claim scelto per accompagnare il suo lancio qualche settimana fa. Infatti, le dimensioni sono di 101,6 per 133,1 per 10,3 millimetri; il peso è di 134 grammi. Un device pratico e facile da portare dietro. Ma il Kobo Mini è anche molto di più.

Basta dare uno sguardo al Kobo Mini per accorgersi che la casa nippo-canadese punta molto anche sul design e sulla valenza estetica e fashion del nuovo eReader. Funzionale, quindi. Ma anche seducente e gioioso. Sarà infatti possibile personalizzare il proprio Kobo Mini con degli SnapBack di vario colore (nero, grigio, azzurro, viola e rosa/fucsia) da scegliere a seconda del look o dell'umore.

Kobo Mini - www.kobo.com
Anche il Kobo Mini, come gli altri eReader, offre una serie di strumenti di lettura personalizzabili, come, per esempio, la possibilità di cambiare la tonalità del colore del carattere, grazie a ben sedici livelli di grigio. Lo spazio dedicato all'archiviazione è di 2 GB e si connette alla Rete Wi-Fi per scaricare eBook dal catalogo Kobobooks (ebook in formato ePub) ma anche per utilizzare tutte le opzioni di lettura e condivisone social. Negli Stati Uniti d'America il prezzo di lancio è di 80 dollari.

Kobo Glo - www.kobo.com
Kobo Glo

Il Kobo Glo appartiene agli eReader di ultima generazione perché è un device di lettura dotato di tecnologia ComfortLight, come il Barnes and Noble's Nook SimpleTouch e il Kindle PaperWhite.

L'illuminazione frontale (non è retroilluminato come Tablet, iPad, PC, etc...) a LED permette la lettura anche al buio. Lo schermo Touch Pearl e-ink è da 6'' con una risoluzione altissima (1024 per 768, tra le più alte al momento).

Anche il Kobo Glo, seguendo la filosofia Kobo, ha un design accattivante oltre che funzionale. Per tutti i modelli la parte anteriore è nera ed elegante, mentre quella posteriore è disponibile in quattro colorazioni: nero, grigio, azzurro e rosa/fucsia. Pesa circa 185 grammi e ha una memoria base di 2 GB espandibile con scheda Micro SD. E' dotato di connettività Wi-Fi per scaricare eBook (supporta i formati ePub e PDF) e per condividere le opinioni e le emozioni di lettura.

Kobo Glo - www.kobo.com


Perché con Kobo (e questo è un altro dei capisaldi della sua filosofia) la lettura diventa un'esperienza social, da condividere con la comunità di lettori.

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E' il Kobo Touch il miglior eReader secondo Wired

domenica 16 settembre 2012

Notizie da Lilliput 19: Il filo di Arianna



Abitando a Los Angeles può capitare, presto o tardi, di avvertire la necessità — o semplice curiosità — di risalire la costa fino a raggiungere San Francisco, per i più svariati motivi. Inutile dire che è capitato anche a me, invariabilmente scortata dal Virgilio, raro caso al mondo di guida del tutto incapace di senso dell’orientamento.

Resistere al fascino di suoni e immagini più e più volte sentiti o viste, Carmel, Santa Barbara, Monterey, Salinas, è oggettivamente difficile: ignorate, dunque, quanti vi suggeriscano la via meno lunga (“appena” cinque ore di Interstate5), a vantaggio di quella più tortuosa, ma incommensurabilmente più appagante, in parte ricalcata sull’antico e fascinoso Camino Real di ispanica memoria.

Incrociare la discesa a mare del Sunset Boulevard, superare o essere superati da mandrie di motociclisti quasi più finti dei loro omologhi cinematogafici, sbirciare tra i leoni marini placidamente addormentati lungo le rive del Pacifico o malignare sugli orrori estetici dell’impero immobiliare di Hearst, tuttavia, può celare uno spiacevole risvolto dalle molteplici implicazioni, geografiche in primo luogo quando non addirittura sentimental-esistenziali.

Una simile sciagura porta un nome all’apparenza innocuo, perfino buffo alle orecchie vergini di chi non abbia mai affrontato il tratto di Highway 1 che da Los Angeles si srotola verso nord: Oxnard, anodina città dai confini proteiformi e in continuo movimento, pronti a accogliervi amichevolmente per poi richiudersi d’un colpo alle vostre spalle, inghiottendovi senza pietà.

Diradatesi quelle nebbie che spesso avvolgono gli automobilisti appena sfuggiti al traffico balneare, tanto più poetiche e ipnotiche quanto più fuorvianti in un panorama di sabbia e acqua, perciò, tenetevi saldamente ancorati al vostro Io, perché di qui a poco potreste smarrirlo insieme al ben dell’intelletto o al vostro/a compagno/a, nella peggiore delle ipotesi possibili, infilandovi, e quasi matematicamente perdendovi, nei meandri infernali della località suddetta.

Come uno spettro inquietante, aleggia nelle conversazioni di conducenti terrorizzati, che a lei si riferiscono per mezzo di perifrasi e similitudini quasi temendo il suono stesso del suo nome, contribuendo in tal modo a arricchire una già nutrita mitologia di particolari sempre più oscuri e agghiaccianti.

Andateci in una mattina gialla di sole e verificate di persona: verrete tratti in inganno da un bagliore improvviso, da un canto inaspettato (il clacson di un pick-up, più che una malia di sirene), e subito vi troverete in un altrove di strade lunghe e spoglie, con il vostro autista sull’orlo di un collasso, pronto a scattare e a scaraventarvi giù dall’abitacolo al minimo cenno di insofferenza o dubbio malcelato sulle sue effettive capacità sensoriali.

Nemmeno un Virgilio, allora, vi sarà di conforto alcuno: al contrario, contribuirà a rendere sempre più insopportabile l’atmosfera surriscaldata dal motore sotto sforzo e dalla mancanza di orizzonte, producendosi in imprecazioni, a mezza voce o a voce spiegata, scaraventate con veemenza contro i sedili e i finestrini dell'auto che, chissà per quanto ancora, vi contiene e sopporta.

Prima di recuperare la giusta prospettiva e la strada maestra, girerete intorno allo stesso asse per un tempo all’apparenza infinito, tanto e tanto a lungo da sentirvi svuotati e sfiancati dal movimento stesso. Vi sembrerà quasi d’essere intrappolati all’interno di una dimensione magica dai contorni quanto mai ristretti, che solo un guizzo di immaginazione potrà frantumare, liberandovi. A quel punto, nella stessa, imperscrutabile, maniera, vi ritroverete in vista della U.S. Route 101, in direzione di Santa Barbara, pronti a allentare la tensione con una risata ripensando, con un brivido, al rischio corso avventurandovi nel territorio ignoto di quanti, smarrita la strada, faticano non poco a rientrare in carreggiata. 

E.M.

giovedì 13 settembre 2012

Presentato il nuovo iPhone 5

Il nuovo iPhone 5
Si è svolta mercoledì 12 settembre 2012 a San Francisco la presentazione ufficiale del nuovo iPhone 5 che sarà lanciato a breve anche nel mercato italiano. Una presentazione, alla quale ha partecipato anche Tim Cook, il nuovo Ceo di Apple dopo la scomparsa di Steve Jobs, avvenuta da circa un anno, che ha ribadito la supremazia dell'azienda di Cupertino nel mercato degli smartphone e dei Tablet, confermandosi una delle aziende tecnologiche più amate del pianeta. 

Ma veniamo al nuovo iPhone, il 5 che, rispetto all'iPhone 4 e al 4S, si presenta come più sottile e più leggero, con uno spessore di 7,6 mm e un peso di 112 g. 

Ma diamo uno sguardo ad alcune delle principali caratteristiche tecniche:
- display Retina da 4'' con risoluzione migliorata;
- iSight Camera con lenti zaffiro e sensore da 8 megapixel;
- supporto global per le reti 4G LTE;
- nuovo microchip A6e Lightning;
- connettore a 8 pin;
- nuovo sistema operativo iOs 6 e Siri disponibile anche in lingua italiana;
- addio a Google Maps, con l'introduzione di mappe made in Apple.

Il nuovo iPhone 5 arriverà in Italia il 28 settembre, mentre già dal 21 settembre sarà disponibile, oltre che negli USA, anche in Australia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Hong Kong, e Singapore. Costerà dai 729 euro in su.



Per saperne di più:
Apple - iPhone 5
iPhone 5 - Caratteristiche tecniche

lunedì 10 settembre 2012

Notizie da Lilliput 18: Cromie californiane

(Ri)vedere Chinatown e esplorare Los Angeles.
(Ri)leggere Bay City Blues e passeggiare sul lungomare di Santa Monica.
Per immergersi nell’atmosfera sottile di quest’angolo di California, sembra essere consigliabile munirsi di speciali lasciapassare capaci di disperdere l’eventuale delusione di fronte a strade troppo larghe e (ordinatamente) trafficate o a viali alberati vuoti di macchine e persone. Questo, perlomeno, è ciò che pensavo in volo la mia prima volta verso la costa occidentale degli Stati Uniti, esibendo all’ignaro Virgilio un falsissimo sorriso di circostanza e stramaledicendo la mia incuria nel non stipare la valigia di libri e DVD di salvataggio.

Al contrario, si inizia a tirare un sospiro di sollievo poco dopo aver superato la Loyola Marymount University nelle vicinanze dell’aeroporto dove, tra corsie sconfinate, complessi residenziali da centinaia di migliaia di dollari e qualche locale dai muri scrostati e dal menù tristemente fisso, occhieggiano i palazzi variopinti e mai noiosi di Venice, una delle tre propaggini a mare della metropoli losangelina.

Camminare da queste parti è molto piacevole: shopping e spiaggia a parte, ci si può infilare tra i canali e canaletti del cuore storico della comunità balneare, nelle cui case in legno colorato sbirciare alla ricerca di qualche volto noto (come quello di uno dei creatori di South Park), o di una tregua dalla presenza invasiva dei moscerini, attratti dalle acque scure e dalle luci brillanti delle tante lampade decorative appese un po’ ovunque, quasi a celebrare un Natale perenne.

Facile, penserà qualcuno, cedere al fascino di uno scorcio che ricorda tanto da vicino Venezia, Colmar o Friburgo, equivocando un simile atteggiamento per quello dell’europeo in vacanza che storce il naso di fronte alle scopiazzature a stelle e strisce ma che, al contempo, segretamente gode nell’annotare tutte le citazioni che gli restituiscono la sua irrinunciabile patente di superiorità culturale.

Forse è il caso di affrettarsi ora verso le Palisades da cui ammirare l’interminabile litorale di Santa Monica, ex cittadina sonnacchiosa alla Raymond Chandler e adesso vivace centro abitato da circa 90.000 persone tra cui, a intermittenza, ci sono anch’io. Dimenticando le architetture inimitabili di Chicago o gli scorci irripetibili di New York, tanto per citare un paio di esempi, ci si può ritagliare anche qui un quadrato di felicità.

Lungo le strade ordinate e pulite si affacciano costruzioni di stili diversissimi tra loro eppure capaci di armonizzarsi perfettamente gli uni con gli altri, popolate di esseri viventi (a due o quattro zampe) ospitali e amichevoli, costantemente impegnati nello svuotamento metodico delle proprie cantine e/o soffitte.

Girando da queste parti è ormai impossibile ritrovare quei volti scavati nel bianco e nero di tanti personaggi hard-boiled degli anni ’30 e ’40: i detective lacerati e acquattati nell’ombra delle residenze dai muri bianco abbacinante e le dark ladies dalle esistenze misteriose e effimere loro compagne hanno ceduto il posto agli aspiranti cineasti, alle giovani famiglie, ai salutisti dell’ultima ora e, naturalmente, agli immancabili bagnanti in infradito e boxer stazzonati 365 giorni all’anno.

Locali dedicati alla cura del corpo e della mente si affastellano lungo i lati di Main Street e Montana Avenue, alternandosi a caffetterie e ristoranti dai gusti rigorosamente “organic” (una delle tante ossessioni dell’America opulenta e obesa), sconfessando le sensuali volute di fumo e gli antri male illuminati di un classico noir d’annata.

Anche Los Angeles, del resto, a parte il sempiterno Beverly Hills Hotel, ha rinnovato la propria immagine, disperdendo i chiaroscuri cinematografici a vantaggio di colori più solari e chiassosi, lavorando testardamente a un tentativo di amalgamazione tra le sue diverse anime, ancora di là da venire.

A conti fatti, e nonostante l’atteggiamento snobistico dell’appassionata d’arte e di cultura che glorifica l’europeismo smaccato della costa orientale, dunque, mi sono felicemente risolta per una pacifica convivenza col diverso, accantonando il ricorso a passati di carta o celluloide e assaporando invece la novità di una policromia sempre sorprendente e stratificata.

E.M.

domenica 9 settembre 2012

Mondadori e Kobo: pronte a sfidare Amazon in Italia?

inMondadori
L'accordo tra la casa editrice italiana Mondadori e Kobo, azienda canadese che negli ultimi tempi si sta imponendo a livello mondiale nel settore dell'eReading, comincia ad emettere i primi segnali concreti di vita. Per adesso si tratta solo di piccoli passi in avanti verso la nuova sinergia che le vedrà impegnate nel non facile mondo editoriale italiano.

In attesa del lancio ufficiale dell'eReader Kobo Touch in Italia che, come annunciato qualche mese fa, dovrebbe costare solamente 99 euro, il primo passettino verso il futuro è stato il lancio del portale inMondadori in versione beta.

Mondadori promette che quella che sta per arrivare sarà una stagione piena di sorprese. Lo store inMondadori, fanno sapere, a breve sarà pieno di prodotti. In particolare sarà possibile trovare un mondo di eBook.

"Sarà perché sono economici e leggeri da trasportate, sarà perché una volta iniziato a leggere in digitale la mancanza della carta non si sente più, sarà perché avere un eReader sempre appresso è più facile che portare con sé un libro: comunque la si pensi, gli eBook danno grandi soddisfazioni".

Comunque, che le cose si stiano muovendo in casa Mondadori Kobo è cosa certa. Basti pensare che qualche ora prima che Jeff Bezos presentasse la nuova famiglia Kindle, Kobo aveva comunicato il lancio di tre nuovi device, un Tablet, il Kobo Arc, e due eReader, il Kobo Mini e il Kobo Glo.

I tre modelli per il momento non sono disponibili in italia. Ma anche negli altri paesi dove Kobo è presente saranno consegnati e distribuiti a partire dalla fine di ottobre.

Dove potranno essere acquistati gli eBook Reader Kobo? Al momento il Kobo Touch è disponibile in alcuni store dell'elettronica, a un prezzo ben superiore ai 100 euro. Ma già da fine ottobre è possibile che diventi finalmente disponibile nei negozi Mondadori e nello store inMondadori. E' probabile anche che, oltre al Kindle Touch, il pubblico italiano possa fare la conoscenza con il Kobo Mini e il Kobo Glo.

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