venerdì 31 agosto 2012

Cinquanta sbavature di Gigio, la risposta italiana alla trilogia di E.L. James

Cinquanta sbavature di Gigio - Kindle
Mentre a Londra i giornali e le televisioni continuano a chiedersi se il romanzo più venduto nella storia editoriale inglese sia davvero Cinquanta sfumature di grigio, il panorama editoriale italiano registra la pubblicazione, anche in formato cartaceo, di Cinquanta sbavature di Gigio di Rossella Calabrò.

La versione cartacea segue quella digitale, pubblicata già il 3 agosto scorso anche in formato eBook per il Kindle. Il libro è edito dalla Sperling e Kupfer, casa editrice del gruppo Mondadori.

Si tratta chiaramente della parodia del noto e fortunato romanzo inglese che ha scalato le classifiche di vendite in tutto il mondo. Anzi, per utilizzare le parole della presentazione ufficiale, si tratta della "risposta ironica alla piccante trilogia delle 50 sfumature di E.L. James".

L'autrice lo presenta così: "E’ una piccola parodia, una sorta di manualetto di controinformazione erotica (e ironica) che paragona Mr Grey, l’affascinante protagonista della celebre trilogia, al Gigio, lo sbrindellato protagonista della nostra vita di coppia".

Autrice di Cinquanta sbavature di Gigio è, come già detto, Rossella Calabrò: blogger e scrittrice, copywriter e "orgogliosamente matrigna da molti anni", vive e lavora a Milano. Ha già alle spalle diversi romanzi che trattano più o meno dello stesso argomento: Uova di matrigna, Mogliastre, Di matrigna ce n'è una sola, Perché le donne sposano gli opossum?. 


La Calabrò è infatti la fondatrice del Club delle Matrigne italiano, associazione che, sulla scia del Club francese fondato da Marie-Luce Iovane-Chesneau, si occupa di incontri e letture per "tutte le donne che hanno scelto compagni o mariti di seconda mano, con figli avuti da altre. Donne che hanno difficoltà a interpretare il loro ruolo, soprattutto perché il loro ruolo, oggi, non esiste".


Inoltre, cura due interessanti blog, Il blog delle Matrigne e Opossum Sapiens, sul magazine Style.it. Per chi è intenzionato a farsi un'idea del suo ultimo romanzo, sullo store Amazon è possibile scaricare un estratto digitale del libro e leggerne l'incipit gratuitamente e in anteprima.

Personalmente, credo che il libro sia, fin da subito, alquanto banale e ripetitivo; nonché scritto con una certa fretta, dovuta al fatto di voler cavalcare l'onda del successo della trilogia inglese. Cosa che in sé, per carità, non è una cosa negativa: le parodie, quando sono scritte bene, sono sorprendenti ed entusiasmanti. Ma in questo caso sarebbero servite un po' più di maestria e genialità, doti che all'autrice di certo non mancano. Forse la fretta è stata cattiva maestra.

Per saperne di più:

giovedì 30 agosto 2012

Charles Dickens: tutti gli e-book gratuiti per il bicentenario della nascita

David Copperfield di Charles Dickens per Kindle
Il 2012 è un anno importante per la letteratura inglese poiché ricorre il bicentenario della nascita di uno degli autori più famosi: Charles Dickens. Egli nacque infatti il 7 febbraio del 1812 a Portsmouth, sulla costa meridionale del'Inghilterra.

Per festeggiare e ricordare al pubblico le opere e l'eredità culturale di questo importante scrittore, è stato organizzato un grandioso calendario di appuntamenti, denominato Dickens 2012, che si svolgeranno praticamente in tutto il mondo.

Ma l'epicentro delle manifestazioni saranno, come ovvio, Londra e la Gran Bretagna: gli scenari geografici e sociali che fanno da sfondo a quasi tutti i suoi romanzi e racconti. E' difficile separare Dickens dalla dark London dell'epoca vittoriana, la città industriale che seppe descrivere con maestria, mettendone in risalto le condizioni disumane di gran parte della popolazione, nonché lo sfruttamento minorile e l'alto tasso di mortalità infantile.

Oggi è possibile leggere alcune delle opere più importanti di Charles Dickens sul Kindle o sugli altri eReader anche senza spendere alcunché, in quanto, soprattutto per le edizioni in lingua inglese, sono disponibili tantissimi eBook nei formati più diffusi.

Il Circolo Picwick

Tuttavia Charles Dickens fu anche un autore dotato di una grande vena ironica e satirica. Come dimostrato dal suo primo romanzo, attualmente uno dei capolavori della letteratura in lingua inglese: Il circolo Picwick. Il titolo originale è The Posthumous Papers of the Pickwick Club, ma in seguito divenne solo The Pickwick Papers. Attualmente l'eBook in lingua originale è disponibile in versione gratuita per il Kindle sullo store Amazon e in altri formati sul sito del Progetto Gutenberg.

Oliver Twist

Il titolo completo di questo capolavoro dickensiano è Oliver Twist; or, the Parish Boy's Progress. Ma per tutti è solo Oliver Twist, il ragazzino orfano le cui avventure si svolgono per le strade di una Londra lugubre, violenta e per nulla romantica. E' possibile scaricare gratuitamente l'eBook in inglese per Kindle dallo store Amazon, mentre sul Progetto Gutenberg sono disponibili anche altri formati.

La bottega dell'antiquario

Il titolo originale in inglese è bellissimo: The Old Curiosity Shop. Il romanzo racconta delle peregrinazioni della giovane Nelly e di suo nonno attraverso alcune zone di Londra e del sud Inghilterra. E' disponibile in versione eBook per Kindle su Amazon e in altri formati sul sito del Progetto Gutenberg.

Altri eBook gratuiti:

sabato 25 agosto 2012

Notizie da Lilliput 16: La corriera stravagante

Non sono affatto sicura che con gli anni si diventi più cauti o più saggi. Riguardando indietro i principali avvenimenti della mia vita, infatti, mi sorprendono ancora certe trovate prudenti ideate dalla me adolescente di un tempo a fini esclusivamente cautelativi. Trovate che, se dovessi ricorrervi oggi, sarei costretta a annotare su qualche post it da appiccicarmi in fronte, nel futile tentativo di non dimenticarle.

Una di queste, peraltro rivelatasi successivamente superflua, connota uno degli incontri più inaspettati e forse irripetibili accadutimi fino a oggi.

Di nuovo Jacksonville, di nuovo prima esperienza americana, di nuovo l’amica di allora. La vacanza è ormai agli sgoccioli; il mese si è pressoché concluso, con un imprevisto colpo di scena: la compagnia aerea che dovrebbe riaccompagnarci a Miami (risparmiandoci così un lunghissimo viaggio in corriera), infatti, ha appena perso uno dei suoi velivoli in un raccapricciante incidente, esaurendo d’un colpo le mie sacche di coraggio. Con mossa fulminea ottengo dunque il rimborso del biglietto già acquistato e trascino la mia più che riluttante compagna di ventura in una discesa infernale verso il centro cittadino, triste, afro e fatiscente, alla volta del non luogo americano per eccellenza: il capolinea degli autobus Greyhound.

Continuo a ripetermi e a ripeterle che grande avventura sarà, ritrovarsi tutte sole per un giorno intero lungo le autostrade assolate di fine settembre, punteggiate di palme altissime e nuvole bianche. Non ho ancora visto Accadde una notte, ma nel misto di paure e avventatezza che caratterizza sempre i miei preparativi per una qualsiasi partenza, sento che tutto andrà bene. Meglio, sono costretta a sentirlo, dato che devo farmi perdonare la cancellazione del ben più comodo — e rapido — spostamento aereo.

All’interno del mezzo è tutto esattamente come descritto da decine e centinaia di film e serie TV: sedili foderati di blu, rigidi abbastanza da sorreggerti la schiena, ma non troppo da causare piaghe e bubboni, facce sorridenti o annoiate o scure o sofferenti, eccitazione strisciante e aspettative soffocate, gomme da masticare scoppiettanti ovunque. Non saremo così fortunate da incrociare Joe Buck, probabilmente, ma l’aria porta con sé la dose di elettricità necessaria a spingere verso di noi una coppia di suoi vaghi emulatori.

Al rientro dalla prima sosta in uno dei tanti diner — autentiche oasi-salvezza per migliaia di automobilisti e viaggiatori in genere — infatti, due uomini, benché il più giovane, Steve, non sembri essere molto più adulto di noi, iniziano una conversazione nella quale ci troviamo presto coinvolte, più per educazione che trasporto o curiosità. Perché qualcosa nelle loro risatine e nelle loro mezze frasi non rassicura, al punto da portarmi a mentire e a dissimulare la realtà in un istintivo rigurgito di autoconservazione. È così che, da diciottenne sciolta da legami sentimentali, mi ritrovo felicemente — e da lungo tempo — fidanzata. Come se un malintenzionato possa esimersi dall’assalire una qualsivoglia vittima nel caso questa riveli una relazione stabile nella propria vita…

Eppure, quell’insieme di bugie innocenti (e la consapevolezza che niente di male potrà accaderci fintanto che saremo al riparo nella pancia del grosso automezzo) basta a tranquillizzarmi, permettendomi di non cedere allo sconforto davanti alla caparbietà con cui i nostri interlocutori macinano parole, battute e incomprensibili sottintesi. Però mentirei, se dicessi di non aver provato un certo sollievo nel salutarli, a metà tragitto, salutando così la “grande avventura” fino allora vagheggiata che solo a casa, qualche tempo dopo, avremmo riconosciuto come tale.

Al rientro in Italia, infatti, ormai al riparo dai ghigni di Steve, ma soprattutto da quelli del suo compare, decido di mantenere la parola data al primo dei due, inviandogli una breve lettera nella quale, accanto a informazioni entusiaste sui miei primi giorni all’università, mi rivelo sbadatamente per quello che sono, priva, cioè, di dolce metà.  Con sua grande sorpresa.

Una sorpresa ancora più grande, però, accoglierà la sottoscritta a brevissimo giro di posta, alla vista della sua prima risposta proveniente direttamente da un penitenziario della Pennsylvania: Steve, per sua stessa ammissione, ha voluto annusare un po’ di mondo, saltando sul primo Greyhound, levriero, disponibile — perfetta metafora del suo bisogno di evadere, stavolta in senso letterale, i confini dello stato, violando la propria libertà vigilata — e scorrazzando su e giù per la Florida in cerca di qualche storia con cui distrarsi nei mesi a venire.

Nonostante la sua inusuale condizione, comunque, bastano poche righe a tratteggiare un ragazzo piacevole e sensibile, che non mi dispiace aggiornare di tanto in tanto, e dal quale non mi dispiace essere aggiornata. E che, quando il nostro rapporto si interromperà misteriosamente all’indomani del suo agognato rilascio, risucchiando con sé un vago alone di proibito e incerto, sarà forse utile a indicare come le avventure non ci siano necessariamente precluse a causa di qualche precauzione in più.

E.M.

giovedì 23 agosto 2012

Notizie da Lilliput 15: It's a Wonderful Life

Il Virgilio si è meritato un simile appellativo perché, alla maniera del suo più illustre predecessore, mi mostra non solo luoghi, ma anche persone. 

Il nostro comune aldilà è costellato di presenze oltremodo interessanti, la più interessante delle quali è, a mio modesto avviso, un compagno di ventura di Paolo e Francesca, capace di riscattarsi (sempre che di redenzione e riscatto qui si tratti), e di vivere il tipico sogno americano, capovolgendone totalmente la prospettiva.

P. ha 63 anni, un’ex moglie dalla quale non si è mai separato legalmente e un figlio adolescente avuto da una compagna occasionale conosciuta in tempi bui. Ha inaugurato la propria storia professionale, dopo una brillante parabola universitaria, recitando in alcuni dei musical più celebrati di tutti i tempi: suo un indimenticabile San Pietro in un acclamatissimo allestimento di Jesus Christ Superstar, la cui voce potente ancora fa tremare di piacere e sussurrare di goduria le zitelle in chiesa, le rare volte in cui, per vanità, ricorda di andarci.

All’improvviso, però, nonostante i ripetuti successi a Broadway (o forse proprio a causa di quelli), opta per un diversivo, trasformandosi da attore in produttore di film. Porno. Ottenendo, una volta di più, fama, soldi e successo che, come nelle migliori pagine della commedia umana, si chiazzano di umori scuri, segnando il contrappasso ufficiale nella sua altrimenti “vita meravigliosa”. Da questo momento in poi, infatti, e a dispetto dell’enorme fortuna che accumula giorno per giorno, P. si distacca dalla “retta via”, sconfessandone i valori tradizionalmente fondativi a vantaggio di una ricerca di felicità e affermazione decisamente eterodossa: la parentesi “sesso, droga e rock’n’roll” ha ufficialmente inizio.

Il miscuglio di visioni e aspirazioni lo porta adesso a scivolare disordinatamente tra vari gironi infernali, fino a regalargli un posto d’onore accanto a Paolo e Francesca, appunto. È un periodo di massima confusione, scandito dal lavoro in comunità di recupero (finanziato, sospetto, con i proventi della cinematografia per adulti) e dall’unione con una donna più giovane ma altrettanto dispersa, che gli regalerà una paternità inaspettata.

Questa, però, è una pellicola di eroi americani quasi  alla Frank Capra e gli eroi americani (anche quelli quasi alla Frank Capra), come tutti sappiamo, pretendono il lieto fine, pena l’annullamento del contratto. Ecco dunque che, anche qui, il frugoletto nato al di fuori del sacro vincolo riveste un’importanza fondamentale, restituendo allo sbalordito padre la patente di attore primo e non evanescente caratterista delle proprie vicende.

Non so quanti di voi abbiano visto (e a quanti di questi sia piaciuto), A History of Violence, un film di David Cronenberg datato 2005, che racconta di un personaggio particolare, ancorato testardamente a un’altrettanto particolare concezione del sogno americano. Viggo Mortensen, il protagonista, è un ex sicario alle prese con la quotidianità banale dell’uomo comune, fatta di mogli bionde, figli piccoli e lavori noiosi che, per uno dal passato sconquassato come il suo, si ammanta di sfumature oltremodo accattivanti e necessarie da difendersi a ogni costo.

Ecco, è così che, in fondo, mi piace pensare alla vicenda di P. che, partito addirittura da San Pietro, ha distrutto e rintrecciato mirabilmente la propria parabola esistenziale, attraversando a testa alta territori inospitali fino a ricostruirsi caparbiamente una famiglia, sui generis, dalla quale ripartire e alla quale ritornare.

E.M.

lunedì 20 agosto 2012

Notizie da Lilliput 14: Classico, non classico, classico, non...


Boileau
A lungo ho fantasticato, nonostante frequenti incursioni in altri universi culturali, di uccidere la letteratura di ogni dove a vantaggio esclusivo della sola nordamericana, il cui merito principale era quello di restituirmi visioni e assonanze tipiche di una Sehnsucht rivissuta e (s)corretta. 

Suppongo che buona parte di ciò dipendesse dalla cifra caratteristica delle sue storie, (quasi) immancabilmente racconti di formazione, che fossero al chiuso di ambienti soffocanti o all'aperto di autostrade interminabili, affascinanti e istruttivi per chi, come me, tenda a idolatrare l’eterno fanciullo, a scapito di una sana (?) evoluzione. 

Del resto, l’indipendenza così marcata di molti, forse troppi personaggi rispecchiava in parte la mia, la stessa che, unita a una certa testardaggine e probabilmente a una punta di altezzosità, mi portava a operare delle scelte letterarie piuttosto irrituali, dati i tempi e i luoghi del mio agire. 

Ogni giorno rivelava un pretesto sufficiente alla scoperta di un nuovo, formidabile genio statunitense a scapito di qualche gloria europea, indicandomi la via di tanti autori, emergenti o meno, sconosciuti o meno, che mi precipitavo a leggere, in un faticoso tentativo di costante aggiornamento. 

Che la maggior parte delle mie frequentazioni, poi, non avesse la benché minima idea di chi fossero Ferris o Franzen (o, per lo meno, vivesse più a lungo di me in quell'ignoranza), era un segno tangibile, a mio avviso, della giustezza e della sagacia degli sforzi fino a quel momento compiuti. 

Grazie a quei libri ho percorso gli Stati Uniti a fondo e a lungo, prima ancora d’averci messo realmente piede, annusando cucine sporche o pulite, sbirciando attraverso finestre più o meno signorili, martirizzando granchi giganti o assistendo impotente alla mortificazione di personaggi e ideali. 

Negli anni, fanciullo permettendo, questa posizione radicale si è parzialmente modificata, indicandomi dell’altro ancora. Naturalmente, non vivendosi di solo Midwest o Montagne Rocciose, ho esplorato realtà diverse e tuttavia ugualmente accattivanti e formative, concedendo a altri tempi e altri luoghi di emergere e pavoneggiarsi a ragione come, e forse più, della loro controparte d’oltreoceano. 

A ben vedere, infatti, la riscoperta di letterature differenti è probabilmente uno dei principali meriti degli scrittori contemporanei americani che più da vicino e più a lungo ho seguito. Sono convinta di aver rispolverato con loro una lezione fondamentale, quella del passato: scoprire o riscoprire autori come Dickens (per quanto l’orizzonte culturale non sia poi troppo dissimile), ma insieme a lui tanti altri non anglofoni, da quel momento in poi imprescindibili punti di riferimento delle mie peregrinazioni letterarie, è stato ancora più illuminante che leggerne i diretti discendenti. Che, lo ammetto, sono pian piano diventati voci meno interessanti di quelle dei loro predecessori. 

Ultimamente, perciò, non concedo granché a testi nuovi, delusa dalle tante “scoperte” di personalità forti pubblicizzate da mezzi di comunicazione e case editrici, che di “forte” e di “personale” mi paiono troppo spesso avere poco o niente. Parola dopo parola, libro dopo libro, trovo sempre più convincente l’assunto in base al quale tutto sia già stato detto e solo i modi possano ora fare la differenza. Peccato che questi modi siano appannaggio di una limitatissima (se paragonata all'offerta) cerchia di illuminati, le cui narrazioni sono considerate, a buon titolo, classiche e per ciò stesso eterne. 

Mi piace pensare che questa mia ovvia posizione non sia poi così ovvia: la recente decisione della casa editrice Penguin Books di annoverare Febbre a 90° di Nick Hornby — autore che pure stimo — tra i classici contemporanei ha suscitato, infatti, una viva querelle in Gran Bretagna, contrapponendo chiunque dubitasse della reale tenuta del libro a chiunque, al contrario, la ritenesse cosa certa e intrinseca. Qualcuno (del quale modestamente condivido la prospettiva), infine, si è limitato a indicare nel tempo e nei lettori i soli strumenti validi per la risoluzione di un simile, perdonatemi il gioco di parole, classico rompicapo, alla maniera di Boileau e Perrault che, senza dubbio, si riproporrà ancora e ancora e ancora sempre identico eppure sempre diverso. 

E.M.

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Notizie da Lilliput 13: "Ma l'America è lontana, dall'altra parte della luna"

sex and the city
Non sono mai stata una fan disciplinata di Sex and the City. Eppure, se me ne si chiedesse il motivo, avrei difficoltà a trovare una ragione di senso compiuto. Potrei iniziare col dire come, all'epoca delle prime avventure di Carrie trasmesse in Italia, forse non mi andasse particolarmente a genio l’idea di rapportarmi (perché è così che, in linea generale, funzionano film e serie TV) a quattro donne in carriera ben più navigate di me e alle loro esperienze di vita nella solita Manhattan usurata da troppi set ormai imparati quasi a memoria. 

Di regola, infatti, le produzioni televisive o cinematografiche lavorano sul senso di empatia suscitato, volta per volta, nello spettatore che, di conseguenza, è portato a riconoscersi o a riconoscere i propri simili, nei diversi personaggi propostigli. Dunque non è un caso, aggiungo per inciso, che i peggiori detrattori del programma in questione fossero per la maggior parte uomini, incapaci di cogliere il senso dello spettacolo. 

Per me, però, non di questo si trattava: piuttosto di una distanza oggettiva di età e interessi che, per quanto mi sforzassi, non ero davvero in grado di colmare. (Né, in fondo, lo erano le amiche o le ragazze intorno.) Senza nulla togliere alle situazioni e ai dialoghi frizzanti della serie, infatti, era difficile trovare dei punti di contatto, anche blandi, tra quelle e il mio presente di studentessa universitaria a Cagliari, immersa in un contesto completamente altro rispetto a quello, patinato, del piccolo schermo. 

Nonostante tutto, comunque, le quattro protagoniste della serie avevano creato un precedente. Da quel momento in poi, infatti, difficilmente saresti stata capace di guardare un gruppo di trenta-quarantenni senza paragonarle immediatamente a quei rimandi più illustri, chiedendoti, altrettanto istintivamente, chi potesse raccoglierne le rispettive eredità. 

Sarà per questo, allora, che ieri sera, sei stagioni televisive e due lungometraggi più tardi, rivedendo tre delle mie più care amiche, mi sono sorpresa a ascoltarne con particolare attenzione i discorsi, nel tentativo nemmeno troppo celato, a giudicare dalle battute che da un certo punto in poi ci siamo scoccate a vicenda, di individuare, ora che l’età e qualche esperienza in più sarebbero state dalla nostra, eventuali richiami ai modelli di celluloide. 

E invece, ancora una volta, l’America e i suoi ideali si sono dimostrati davvero lontani, “dall'altra parte della luna”: differenze fisiche a parte (nonostante i capelli rossi di una di noi), le parole al nostro tavolo avevano risvolti e urgenze diversi da quelli delle protagoniste del programma. Per un attimo ho pensato, perdonate l’ingenuità, che ci potesse essere un afflato comune, un sostrato universale a cui appigliarsi (ciò che, in fondo, rende una storia una grande narrazione), anche per il semplice fatto d’aver viaggiato e vissuto e esperito a lungo, dalla prima messa in onda di Sex and the City. Inutilmente. 

Verso la fine dei festeggiamenti, la testa alleggerita da una modestissima quantità di alcol (nemmeno in questo, infatti, siamo riuscite a reggere il confronto), una di noi ha interrogato le altre sull’immagine futura che, di noi stesse, ci eravamo costruite da ventenni. Rispondendo con sincerità alla domanda, “non ce l’avevo; non mi sono mai vista, per dire, sposata e/o mamma”, ho colto, forse, l’essenza della mia (e forse nostra), lontananza dalle strade e dai party di Manhattan

Tutto, così, sembrerebbe tornare: priva di proiezione a lunga gittata — era ormai finito, per intenderci, il tempo del “cosa farò da grande” — la questione rimaneva fortemente ancorata all’oggi, impedendomi un coinvolgimento reale con le quattro newyorkesi, troppo distanti dalla me di allora e, senza ombra di dubbio, da quella di adesso.

E.M.

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Notizie da Lilliput 12: Poesia a Baltimora

the forever marriage


Nelle righe a seguire potreste avvertire un certo snobismo culturale: non preoccupatevene troppo; in compenso, però, vi chiedo di non giudicarmi in modo esageratamente severo. 

Guardo sempre con una certa apprensione le copertine dei libri: è che sono piuttosto sensibile alla cura e all'aspetto dei prodotti editoriali, tanto da esprimere giudizi negativi in base al tipo di rilegatura, agli accostamenti cromatici, per non parlare, poi, delle eventuali (e ahinoi frequenti) imprecisioni ortografiche. 

Dal punto di vista estetico le edizioni americane sono, a mio avviso, spesso piuttosto approssimative, paradossalmente molto più accattivanti nelle versioni economiche che non in quelle, costose, “dalla copertina dura”. Il perché rimane un mistero, almeno per la sottoscritta. Che so, magari è cosa nota che i lettori a stelle e strisce, soprattutto ora con l’avvento degli e-book, preferiscano spendere meno e quindi debbano essere invogliati all'acquisto da un involucro piacevole alla vista piuttosto che da un brutto esempio cartonato appesantito, manco a dirlo, da una dubbia scelta grafica. 

So solo che, vedendomi porgere in regalo dal Virgilio un esemplare della prima specie, dalla dubbia veste e dal titolo anche peggiore (The Forever Marriage), ho vacillato, interrogandomi spietatamente sulla sua capacità di discernimento. Lui, infatti, pur conoscendo i miei gusti e la mia diffidenza, cerca pervicacemente di allontanarmene a vantaggio di territori inesplorati sebbene, almeno fino a oggi, affascinanti. 

Quindi, pronunciando parole blande (meglio, neutre), all’indirizzo dell’autrice dell’opera, Ann Bauer, mi sono ripromessa di iniziarne subito la lettura, non fosse altro che per poterla criticare, in un secondo momento, a ragion veduta. 

Invece, lo ammetto, ho dovuto ricredermi subito: a dispetto del Matrimonio eterno immortalato in copertina, la storia, per quanto apparentemente tragica e usurata (la morte del marito della protagonista, l’infedeltà di lei dovuta a profonda insoddisfazione, la successiva diagnosi di tumore al seno solo per citare alcune delle sue linee-guida), rivela fin dalle prime pagine un inaspettato, e perciò ancora più piacevole, risvolto ironico, uno sguardo quasi irriverente, decisamente poco ortodosso, sulla malattia e le difficoltà del con-vivere quotidiano. 

A metà tra una versione scanzonata e leggera di Emma Bovary e di una qualsiasi delle tante eroine di Alice Munro (la cui scoperta devo, per inciso, alla famosa testardaggine del Virgilio), Carmen Garrett, la protagonista del libro, riesce a intrigarti con le proprie vicissitudini ambientate nella Baltimora bene, nonostante (o forse, al contrario, grazie a) un narratore esterno, voce neutrale dell’intera vicenda. 

Il caso ha voluto che, negli stessi giorni in cui mi dedicavo alla lettura del libro (coincidenti, per il Virgilio, col periodo iniziale del suo forzato riposo), abbia proceduto alla visione meticolosa delle prime due stagioni di Breaking Bad, una serie televisiva in cui uno dei protagonisti si scopre improvvisamente malato di cancro. Anche in questo caso, però, complici il tono da commedia nera e le frequenti contrapposizioni parola/immagine, ho goduto di molti momenti piacevoli, certamente impensabili con uno sviluppo e un taglio seri e iperrealistici dell’argomento trattato. 

Un grande pensatore, un tempo, affermò come, dopo Auschwitz, non sarebbe stata più possibile la poesia. Si parva licet, invece, credo (e spero) che esempi come quelli succitati (e tanti altri rimasti al di fuori di queste brevi considerazioni), possano regalarci una prospettiva diversa e, perché no, un momento di svago, intelligente, in più.

E.M.

Per saperne di più:
Ann Bauer | The Forever Marriage web site

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Notizie da Lilliput 11: Per qualche dollaro in più

dollari
Ripensare a New York non restituisce immediatamente immagini di un'economia in crisi, piegata da scandali, bancarotte o bolle esplose — per quanto la vista di Wall Street transennata e parzialmente impacchettata possa esserne eloquente metafora. 

Ma se ciò che le cronache raccontano è vero — e per quanti Rolex abbia incrociato a Manhattan non ho motivo di dubitarne — mi domando se la situazione dei camerieri possa in qualche modo esserne danneggiata. 

Avrete certamente letto, sentito o esperito delle difficili condizioni in cui la categoria versa: salario irrisorio e unica, reale fonte di guadagno le mance (comprese tra il 10 e il 20%), che i clienti di necessità lasciano loro.

Da tempo, dalla mia prima volta negli Stati Uniti appena diciottenne, mi trascino un vago debito morale frammisto a fastidio nei confronti di quella figura professionale, da quando, per l’esattezza, io e l’amica con cui esploravo il centro cittadino di Jacksonville (Florida), con mossa degna delle più classiche teen-ager americane, ci arrischiammo in un café a ordinare due generose coppe di gelato. 

Ricordarlo ora strappa un moto a metà tra il divertito e l’imbarazzato: a parte la discutibile scelta (avremmo dovuto probabilmente optare per un prodotto locale), il sempiterno, benché taciuto, modello che allora ci informava (o de-formava, a seconda dei punti di vista), proveniva direttamente dalle finte villette bene di Beverly Hills 90210

Poco importava all'epoca, quante volte si fosse andati al cinema a rivivere l’impegno politico di Oliver Stone o quanto a lungo si fossero studiati interi passaggi dell’immancabile Arancia meccanica; a conti fatti, si era pur sempre la generazione vittima di Brenda, Kelly e delle loro improbabili avventure. 
Che noi, nel nostro piccolo, cercavamo di emulare, immerse in un'atmosfera da telefilm a stelle e strisce. 

Telefoni pubblici che ti squillavano di fianco all'improvviso, piccoli motel lungo desolate autostrade e, appunto, giovani camerieri furiosi per non aver ricevuto quanto loro dovuto: la mancia. 

In quel café, dunque, nonostante il buon inglese di cui eravamo capaci, non sapemmo decifrare la faccia rossa di collera del dipendente che, a fronte del corretto pagamento del conto, ancora si agitava contro di noi, rigurgitandoci addosso, in mezzo a insulti di varia natura, una piccola, ossessiva parola: tip

Il significato e l’importanza della quale ho avuto modo di scoprire e approfondire solo anni dopo, in occasione del mio terzo viaggio americano, sotto la provvidenziale guida di una coppia di cugini, a Atlantic City

Durante un mini-soggiorno nel tipico “albergo più casinò fronte oceano”, infatti, nelle cui camere avevamo scaricato più biscotti autoctoni (io) e formaggi e liquori sardi (loro) che effetti personali, il giorno della partenza, di ritorno dalla colazione, trovammo il frigorifero — fino a poco prima ricolmo dei prodotti succitati — desolatamente vuoto. 
Pochi attimi di smarrimento e poi la conclusione urlata, liberatoria: “La cameriera!” 

Fu a quel punto, assistendo all'impensabile, che finalmente mi si rivelò la natura intrinseca dell’Americano stritolato nelle convenzioni e della pratica bizzarra della mancia, all'origine, per l’appunto, del mio atteggiamento ambivalente nei confronti di entrambi. 

Recuperato in extremis il mal tolto già finito tra la spazzatura, infatti, l’attempato cugino si sentì in dovere, in quanto cliente agiato dell’albergo — e sotto gli occhi strabuzzati della sottoscritta — di corrispondere comunque all'imperturbabile sfinge, rea di avergli alleggerito i bagagli, una lauta (e, va da sé, incomprensibile) ricompensa. 

È pur vero però che, al momento dell’accaduto, la situazione finanziaria del Paese — per quanto già incrinato nell'autostima dall’attacco dell’11 settembre — era certamente più stabile (perlomeno all'apparenza), di quanto non sia adesso, e quindi chissà se oggi quella dipendente troppo frettolosa potrebbe ancora godere di un simile, ingiustificato, regalo. Fermo restando l’ovvio: una rivoluzione copernicana nel sistema di retribuzione forse, sarebbe la soluzione migliore. Per tutti.

E.M.
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venerdì 10 agosto 2012

Bookeen Cybook, voilà l'e-book reader

Alla scoperta degli e-reader Bookeen Cybook

Bookeen è una delle compagnie più conosciute e apprezzate al mondo per la produzione di eBook reader. Fondata nel 2003 da Laurent Picard e Michaël Dahan, l'azienda francese produce il Cybook, disponibile sul mercato in quattro modelli: Odissey, Opus, Orizon e GEN 3.


cybook odissey

Cybook Odissey

Il Cybook Odissey è dotato di tecnologia e-ink per un'esperienza di lettura ottimale, e di un microprocessore Cortex A8 TI Omap che permette di sfogliare le pagine in maniera veloce e performante. Intuitivo ed ergonomico, il design dell'Odissey permette un utilizzo immediato e semplice, grazie anche allo schermo touch da 6'' davvero funzionale.

Inoltre, offre la possibilità di gestire in maniera personalizzata sia la dimensione dei caratteri tipografici. E' dotato di un open browser che permette l'acquisto di eBook da qualsiasi store on line (Amazon escluso). Al momento dell'acquisto, sono forniti gratuitamente ben 100 libri, in francese e in inglese, in modo da poter cominciare a leggere subito. Al momento dell'acquisto è fornito il solo cavo USB, ma è possibile acquistare numerosi accessori.

Cybook Opus

Il Cybook Opus è un pratico e colorato (8 i colori) eReader con schermo da 5'', progettato per essere trasportato e utilizzato in qualsiasi contesto. Contiene sino a mille libri, ma la memoria può essere estesa inserendo una scheda SD da 8G che lo fa diventare una vera e propria biblioteca itinerante (sino a 9.000 libri!).

L'aspetto allegro e il design meno serioso rispetto ai classici eReader, gli conferiscono un fascino sbarazzino. Inchiostro elettronico per una leggibilità perfetta, cui si aggiunge la libertà di poter personalizzare la lettura, cambiando il font e le dimensioni. Si tratta di un modello no touch. 
Cybook Opus
Cybook Opus - www.bookeen.com 

Cybook Orizon

Il Cybook Orizon è uno dei lettori digitali di nuova generazione, dotato di tecnologia SiPix ePaper e di schermo touch facilmente intuitiva e semplice. Sottile e leggero, grazie alla tecnologia Wi-Fi permette di scaricare gli e-book da numerosi negozi on line di e-book (chiaramente, Amazon escluso). Memoria di 2 Gb per poter conservare da 1.500 a 2.000 libri, con 1 slot per memory card del tipo micro SDHC da 8 Gb, per poter custodire in questo modo circa 8.000 volumi.

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Cybook Gen 3

Si tratta del modello più famoso, sviluppato a partire dal 1998 da Bookeen. Oggi il Cybook Gen3 è ancora uno dei punti di riferimento per il mercato dei lettori di libri digitali con schermo da 6''. Utilizza la tecnologia a schermo E-ink che ottimizza l’esperienza di lettura.

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Che cos'è un eReader?

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Notizie da Lilliput 10: Navigare in solitario

le stampelle di Virgilio
Ora che la parentesi newyorkese volge al termine, credo d’aver finalmente capito la necessità intrinseca dell’ (ex) claudicanza del Virgilio: sospetto d’essermelo accaparrato nella segretissima — e egoistica — speranza di girovagare per New York in solitario.

Uso le parentesi non perché l'operazione chirurgica non sia andata a buon fine, al contrario, ma solo perché ora ciondola, come qualcuno di voi già saprà, su un paio di stampelle con le quali, prima ancora d'averle sperimentate, era sicuro di poter prendere le misure del globo terracqueo. 

Ha dovuto invece rivedere i propri piani: macinare chilometri in quelle condizioni non è impresa di facile riuscita, nemmeno ora che la ripresa fisica è stata, a detta degli specialisti, inverosimilmente rapida.

Nonostante le apparenze siano tutte contro di me, comunque, vi assicuro che abbiamo beneficiato entrambi di questa svolta inaspettata degli eventi: è vero, io mi sono goduta le mie peregrinazioni lunghe e articolate per gli scorci più o meno conosciuti di Manhattan senza dovermi preoccupare del passo da mantenere o delle distanze da percorrere, ma lui, del resto, non ha dovuto più affrontare una turista alle prese con la città per la quarta volta in pochi anni, decisa a ripercorrerne ossessivamente i sentieri già tracciati in precedenza.

Intendiamoci bene: con tre settimane a mia disposizione, ho naturalmente ampliato (e non di poco) il raggio di deambulazione, galoppando per tutta l’area compresa tra l'Upper East Side e Lower Manhattan. Ma dubito mi sarebbe stato possibile fare altrettanto con due stampelle al seguito. Senza contare il notevole risparmio economico-energetico che gli ho graziosamente concesso… 

Domani partirò alla volta dell'Italia soddisfatta, con la certezza d’aver salutato un Virgilio ugualmente soddisfatto il quale, se mai avesse dubitato delle mie preferenze solipsistiche, avrà avuto conferma delle medesime con i tentativi reiterati (vi assicuro, però, assolutamente involontari), di accartocciargli il piede offeso con lo sportello di svariati taxi…



E.M., New York City

Notizie da Lilliput: tutti gli articoli

giovedì 9 agosto 2012

Cinquanta sfumature di grigio è il romanzo più venduto di sempre in Gran Bretagna. Forse...

Da critici e giornalisti è considerato l'ultimo spunkbuster della letteratura in lingua inglese, mentre altri lo hanno definito il miglior mummy-porn del secolo. Ma il pubblico lo adora. 

Campione di vendite un po' in tutto il mondo, Cinquanta sfumature di Grigio (Fifty Shades of Grey in inglese) di E.L. James si è aggiudicato in questi giorni un altro record: si tratta infatti del libro più venduto nella storia dell'editoria britannica. E non stiamo parlando degli ultimi anni, ma di sempre.

Il libro, che fa parte di un'ormai famosa trilogia, presto diventerà film ed è pubblicato dalla casa editrice Arrow/Cornerstone (The Random House Group). Secondo le cifre presentate dal gruppo editoriale, e riportate da The Guardian, il libro della James avrebbe venduto, sino a questa settimana, qualcosa come 5.3 milioni di copie, tra cartaceo ed eBook.

Basti pensare che il romanzo erotico dell'autrice di fiction inglese si trova in cima alla classifica britannica dei bestseller da sedici settimane, seguito dagli altri due volumi della trilogia (da qualche tempo disponibili, almeno in lingua inglese, in un unico volume). Nel complesso la trilogia ha venduto qualcosa come dodici milioni di copie ed è disponibile in decine e decine di lingue in tutto il mondo.

Tuttavia c'è chi mette in dubbio questo primato. Secondo quanto scritto da Simon Rogers sulle colonne di The Guardian, è praticamente impossibile conoscere il numero esatto delle copie vendute di un libro. Così, rifacendosi ai dati rilasciati dalla Nielsen BookScan Uk and Ireland, il giornalista inglese propone un'altra classifica dei libri più venduti nel Regno Unito. E Cinquanta sfumature di grigio non figura al primo posto, ma solo al quinto.

Al primo posto della Top 100 dei libri più venduti di sempre in Gran Bretagna ci sarebbe Il codice Da Vinci di Dan Brown con 5.094.805 copie; mentre al secondo, terzo e quarto posto figurano tre dei romanzi di J.K. Rowling: Harry Potter e i Doni della Morte, Harry Potter e la Pietra Filosofale, Harry Potter e l'Ordine della Fenice. Come già detto, al quinto c'è il romanzo della James.

Gli altri episodi della saga del maghetto inglese si trovano al sesto, settimo, ottavo, decimo e quarantaseiesimo posto. Al nono c'è invece l'altro thriller di Dan Brown, Angeli e demoni. Twilight si trova in undicesima posizione. 

Tra i miei libri preferiti, troviamo: Le ceneri di Angela di Frank McCourt al quarantaduesimo posto; Il signore degli anelli di J.R.R. Tolkien al settantesimo; Brick Lane di Monica Ali all'ottantacinquesimo; About a boy - Un ragazzo di Nick Hornby all'ottantottesimo. 

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Amazon Kindle: in Gran Bretagna la vendita degli ebook supera quella dei libri di carta

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Cinquanta sfumature di Grigio

mercoledì 8 agosto 2012

Notizie da Lilliput 9: Docce e scivoloni culturali

Ogni tanto mi scopro a osservare e ascoltare con meraviglia il Virgilio scivolare comodamente verso logiche nazionalistiche, alle quali è di regola estraneo. 

Uno tenderebbe a pensare all'Americano come al propugnatore indefesso di una serie di valori (tipici della sua nazione) non sempre ben accetti agli occhi altrui. 

Le contraddizioni degli Stati Uniti sono cosa ben nota per le quali non è il caso di spendersi qua e ora, ma che all'interno di una relazione transoceanica si possa discutere animatamente di docce, macchine per il caffè e prese di corrente quali veri e propri simboli di differenze culturali (quasi) incolmabili, mi auguro sembri strano anche a voi. 

Il tutto ha inizio all'incirca due anni fa quando, in cerca dell’adattatore per il cellulare, mi sento rivolgere la seguente domanda: “Non mi starai mica dicendo che anche in Italia avete quelle prese assurde [quelle che ci sono praticamente ovunque tranne che in America? Ebbene sì!], vero?” 

Glisso elegantemente sull'incongruenza di un simile approccio (meglio, mi mordo la lingua per non rispondere che forse, in quanto a stranezze, le loro battono decisamente le nostre, a partire dall'assurdo sistema NTSC), convinta che avrò modo di rifarmi, prima o poi. 

Il secondo round, invece, è di nuovo suo: a Monaco di Baviera, tempo dopo, con espressione ieratica sentenzia che mai, in Europa, gli è capitato di trovare una doccia funzionante a dovere. Al contrario che a casa sua, ovviamente. 

Dovrei probabilmente ricordargli quella dell’appartamento nel quale abbiamo soggiornato a più riprese a Santa Monica che, bizzosa quanto la proprietaria, rigurgita addosso al malcapitato acqua troppo fredda o troppo calda, salvo, peraltro, rifiutarsi del tutto di lavorare. 

Soprassiedo una volta di più, certa di potermi prendere la rivincita in futuro. Il primo giorno di vacanza a New York, però, riporta a galla il tema: il miscelatore della doccia, in base alle indicazioni freddo-caldo, dovrebbe potersi spostare a destra (freddo) e a sinistra (caldo). Ci provo: riesco a ottenere una temperatura tiepidina muovendolo solo verso destra. 

Il giorno dopo, battendo i denti per il gelo piovutomi addosso, mi decido a inghiottire l’orgoglio e a chiedere numi al Virgilio che, divertito, risponde: “Devi spostare tutto il miscelatore verso destra, naturalmente!” 

“Naturalmente”? Ma perché, è naturale passare dal fresco, al freddo, al tiepido e al bollente con un unico giro? 

Mi piacerebbe fosse finita qui, ma purtroppo la storia ha un ulteriore strascico, il cui teatro d’azione è l’albergo nel quale ci troviamo adesso. Diverso bagno, stesso problema. 

A questo punto, la mia guida ride palesemente della mia difficoltà a capire il funzionamento delle docce americane, svelandomi l’arcano di questa: “È semplice: devi tirare in avanti ‘il coso tondo’ [sic], girarlo da destra verso sinistra (di nuovo freddo-caldo) fino al raggiungimento della temperatura ideale e poi sollevare il ‘pirolino’ a seconda che decida per il getto dal basso o dall’alto”. 

Così dicendo mi sorride sornione e stampella lontano, soddisfatto d’aver dimostrato, ancora una volta, la supremazia americana al resto del mondo… 

Mi pare dunque superfluo aggiungere come, entrambi i giorni in cui mi sono cimentata nell'utilizzo della macchinetta per il caffè, sia dovuta ricorrere al pronto intervento dello zio Sam… 

Ed ecco perché, alla luce di tutto ciò, mi chiedo se a livello inconscio questo genere di dinamiche non stia proprio a sottolineare il senso di frustrazione europeo nei confronti del Grande Fratello che tutto sa, o pensa di sapere, e verso cui, pur disprezzandolo, ci sentiamo in varia misura attratti (e derisi). Pensieri, in fondo, che una doccia salutare e una buona tazza di liquido scuro dovrebbero essere in grado di portarsi via…

martedì 7 agosto 2012

Che cos'è un e-reader?


alcuni e-reader: Kobo, Kinlde e Nook

Che cos'è un e-reader? Quali sono le maggiori differenze tra gli e-reader e gli altri device, come l'iPad? Perché per leggere gli e-book è meglio scegliere un lettore digitale? Quale tecnologia utilizza?

Con il termine e-reader o eReader si intende un eBook Reader, ovvero un dispositivo elettronico (device) progettato appositamente per la lettura di libri elettronici o e-book.

Le dimensioni e il peso di questi dispositivi variano a seconda del modello, ma tutti gli eReader sono accomunati dal fatto di essere molto leggeri e sottili. Contengono migliaia di libri elettronici, e possono ospitare anche dizionari interattivi, documenti e file musicali.

E-ink, l'inchiostro elettronico

A differenza dei computer, dei tablet e dell'iPad, l'eReader non è retroilluminato: il suo schermo non emette alcuna luce. Questo permette di non appesantire la vista durante la lettura, esattamente come quando si legge un libro di carta (o forse anche meglio).

L'eReader funziona infatti con una tecnologia chiamata e-ink o ad inchiostro elettronico (carta elettronica o e-paper). Così come per il libro cartaceo, anche per leggere un eBook su un eReader è necessaria una fonte di luce esterna. Ciò significa che l'eReader si legge benissimo alla luce del sole e in luoghi molto illuminati, a differenza di PC, tablet e iPad che hanno schermi LCD.

La maggior parte degli eReader è quindi "in bianco e nero", in quanto la loro funzione primaria, lo ripetiamo, è quella di permettere la lettura di un libro elettronico. Tuttavia esistono anche modelli a colori.

Altre caratteristiche degli e-reader

Per avere un'esperienza di lettura ottimale, gli eReader permettono di ingrandire o ridurre la grandezza dei caratteri e la tonalità di grigio/nero. Poiché hanno uno o più dizionari, gli eReader permettono di poter cercare le parole sconosciute, facilitando in questo modo la lettura di libri in altre lingue.

E' possibile anche sottolineare e scrivere delle note, oppure inserire dei comodi segnalibro come se fossero "orecchiette" sulle pagine elettroniche. Un eReader si scarica molto più lentamente di un computer e di un iPad e, cosa molto importante, non si surriscalda.

Come si scarica un eBook

Tutti i moderni eReader sono dotati di una connessione Wi-Fi che permette di comprare e scaricare gli eBook direttamente dagli store on line. Alcuni modelli hanno anche una connessione 3G che permette il download gratuito in qualsiasi luogo (chiaramente coperto dal segnale). E' possibile anche scaricare l'eBook sul computer e poi caricarlo, tramite cavo e porta USB, sull'eReader.

L'eReader più diffuso


Notizie da Lilliput 8: Ché la diritta via era smarrita

Vi sarà senz'altro capitato di notare l’interminabile scia gialla prodotta dai taxi a New York; sono, al pari della Statua della Libertà o di Central Park, uno dei suoi tratti distintivi. 

Sono più dei gatti di Roma, e sfrecciano scattanti in qualsiasi direzione, spesso infrangendo le più elementari regole del codice stradale, per garantire un servizio efficiente al passeggero. 

Li si trova ovunque, a qualsiasi angolo di strada, sotto qualunque lampione, strizzati tra le stradine lastricate del West Village o comodamente spaparanzati al sole di Union Square

Ciò di cui probabilmente non siete a conoscenza, però, sono i pericoli che corre il malcapitato utente di un simile servizio, pericoli del tutto inimmaginabili dal marciapiede o da chi, vuoi per ristrettezze economiche, vuoi per filosofia di vita, su quel mezzo non è ancora salito, né mai salirà. 

Fino a qualche giorno fa avrei potuto io stessa annoverarmi nella categoria degli scettici, ma col Virgilio semi-impalato alle stampelle, ho presto imparato a apprezzare la praticità di una simile soluzione, pur riconoscendone appieno i molti rischi. 

Perciò, se dopo la visione di Taxi Driver avete tirato un sospiro di sollievo all’idea dell’ovvia finzione cinematografica, ebbene: sappiate che le strade di Manhattan non fanno per voi. 

Probabilmente non incontrerete reduci del Vietnam alla Travis Bickle ancorati al proprio volante, ma tipi ben peggiori che vi faranno presto rimpiangere quel personaggio. 

A mio avviso, infatti, non è meno preoccupante il conducente che, una volta assicuratosi la vostra presenza sulla propria auto, si esibisca in un soliloquio dalle note orientali (che scoprirete solo in un secondo momento essere americano masticato male), girando la testa a destra e a sinistra come davanti a un pubblico cui far seguire l’azione verbale e intervallando sempre più frequentemente il tutto col sollevamento repentino di un indice inquisitorio, la cui figura ricorda pericolosamente quella della canna di una pistola. 

Né, a conti fatti, è esperienza migliore (senz'altro più rilassante, a patto che non si abbia fretta) capitare col neofita appena sbarcato da uno dei tanti voli provenienti dall'India e dunque, per sua stessa ammissione, del tutto ignaro della geografia del luogo. Meno male che dietro di me c’è la guida per eccellenza, il Virgilio (dal bizzarro, ahinoi, senso dell’orientamento), a rassicurare il tenero tassista: con le sue (del Virgilio, cioè) indicazioni, lui (il tassista, cioè) saprà portarci a destinazione. Chissà perché, non sono molto tranquilla… 

Il giovane, commosso, ringrazia. E io non ho cuore di suggerirgli cautela, date le recenti disavventure in metropolitana del suo improbabile condottiero. 

Mentre lascio al guidatore (che si ricorda solo dopo qualche miglio di azionare il tassametro) il compito di memorizzare a voce alta la nostra destinazione, mi distraggo per pochi attimi: nel riprendermi, noto che la nostra direzione è, manco a dirlo, esattamente opposta a quella verso cui dovremmo andare. Perfino la mia guida se ne rende conto… 

Lo faccio gentilmente presente al neofita che però, forse a parziale riscatto dell’intera categoria, si dice certo del fatto proprio, per poi capitolare davanti all'evidenza dei fatti: a quel punto, profondendosi in scuse infinite, accetta umilmente di farsi indicare il cammino, portando gloriosamente a termine la missione in un tripudio di sentiti ringraziamenti e mance insperate…

lunedì 6 agosto 2012

Amazon Kindle: in Gran Bretagna la vendita degli ebook supera quella dei libri di carta

Amazon ha annunciato che in Gran Bretagna il numero di e-book scaricati ha superato quello dei libri cartacei.

In Gran Bretagna la vendita di eBook per Kindle ha superato quella dei libri cartacei. Una rivoluzione che sta scompaginando l'industria editoriale del Regno Unito dove, due anni dopo l'introduzione del Kindle eReader, i clienti di Amazon.uk acquistano un maggior numero di libri in formato elettronico che volumi tradizionali.

Photograph: Sarah Lee for the Guardian
http://www.guardian.co.uk
Secondo quanto riportato dal quotidiano The Guardian, ogni 100 libri cartacei, vengono scaricati 114 eBooks dallo store Amazon.uk. Le cifre riguardano anche edizioni cartacee di libri non disponibili in formato Kindle. Sono esclusi i download di eBook gratuiti.

Tra le chiavi del successo dell'eBook sui libri tradizionali c'è sicuramente l'incredibile accordo firmato a Maggio tra Amazon e Waterstones, una delle maggiori catene inglesi di negozi di libri. Nelle librerie Waterstones è infatti possibile, oltre all'acquisto di libri cartacei, utilizzare la connessione Wi-Fi gratuita per acquistare e scaricare gli eBook per il proprio Kindle

In questo modo, gli acquirenti possono decidere se portarsi via un volume cartaceo oppure la versione più economica e meno ingombrante da custodire nell'immensa biblioteca virtuale offerta da Amazon.

Il portavoce di Amazon non ha tuttavia rilasciato dati ufficiali sulle vendite, ma ha affermato che grazie al Kindle eReader i britannici stanno comprando più libri, quattro volte in più rispetto al passato per la precisione. Una tendenza che può essere considerata un nuovo rinascimento della lettura dopo la crisi degli ultimi anni. 

E' importante sottolineare il fatto che il Kindle ha avuto un ottimo successo di vendite in Gran Bretagna, diventando in poco tempo l'articolo più acquistato nello store.

A portare nuova linfa al mercato editoriale inglese c'è il fatto che l'autrice più letta in tutto il mondo è un'inglese, ovvero E.L. James con la sua trilogia amorosa con innumerevoli sfumature. Tuttavia è bene mettere in evidenza che alcuni dei più clamorosi successi editoriali del 2012 sono Made in Amazon, ovvero si tratta di scrittori che hanno deciso di pubblicare il loro libro direttamente in versione Kindle e venderlo sullo store Amazon. Come, ad esempio, Nick Spalding, Katia Lief e Kerry Wilkinson

Il vicepresidente di Kindle Europe, Jorrit Van der Meulen, ha inoltre dichiarato, sempre a The Guardian, che il successo del Kindle e il sorpasso nelle vendite degli eBook sui libri di carta è stato più veloce e sorprendente nel Regno Unito che negli USA, proprio perché è arrivato a soli due anni dal lancio dell'eReader americano nel mercato britannico, mentre in America il sorpasso si è registrato dopo quattro anni.


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